Eccoci giunti alla terza ed ultima puntata dedicata al RADAR. Per chi si fosse perso i precedenti post, questi sono i links: prima parte e seconda parte.

Terminiamo la nostra trattazione descrivendo i target (così come sono visti dal radar, cioè sotto forma di Radar Cross Section) e introducendo alcune applicazioni del radar.

Anche stavolta per aiutare a mantenere il filo del discorso inserisco l’indice degli argomenti che tratterò in quest’ultima parte:

Indice

La Radar Cross Section (R.C.S.)

Nella puntata precedente abbiamo visto che la potenza ri-irradiata dal target che intercetta un’onda radar con densità di potenza Sg risulta essere:

PirrTARGET = Sg σ
 

dove la Radar Cross Section σ rappresenta la superficie equivalente del target dal punto di vista elettromagnetico.

La R.C.S. dipende da numerosi fattori, tra cui:

  • Superficie assoluta del target (un DC-9 ha sicuramente una R.C.S. maggiore di un aeromodello in scala)
  • Materiale e forma del target
  • Direzione dell’onda incidente rispetto alla geometria del target
  • Frequenza utilizzata dal radar

Alla R.C.S. sono direttamente associati due concetti (che sono poi due semplici conseguenze della sua definizione di superficie equivalente del target):

  • L’invisibilità ai radar
  • La radar signature

L’invisibilità rispetto al radar

Dall’equazione radar vista nella seconda parte, il dimensionamento di un radar è funzione della potenza in trasmissione, del minimo segnale rilevabile e ovviamente della superficie equivalente del target che fa da riflettore al radar: la R.C.S., indicata con σ(λ).
Questo determina conseguentemente una superficie minima rilevabile σMIN. Infatti, se un target ha una R.C.S. eccessivamente “piccola” (o, comunque, una σ molto minore di quella attesa per il tipico bersaglio di quel radar, diciamo σ << σTYP), tale target non può essere più distinto dal rumore di fondo. E di conseguenza diviene invisibile al radar.

Un esempio piuttosto noto di invisibilità ai radar è quello dei velivoli stealth militari, in cui la R.C.S. del velivolo è molto inferiore a quella di un analogo aereo “visibile”; per cui nella pratica l’eco prodotto è indistinguibile dal rumore in cui il ricevitore radar è immerso.
Questo risultato viene raggiunto mediante l’utilizzo di materiali dielettrici assorbenti (che dissipano l’onda in calore anziché rifletterla), forme tozze e triangolari (che riflettono le onde in una direzione diversa rispetto alla sorgente) e persino mediante manovre controllate, per evitare discontinuità rilevabili sull’eco. A questo proposito c’è da dire che per la loro forma poco o per nulla aerodinamica questi velivoli risultano praticamente impossibili da pilotare senza l’ausilio dei computers.

Pur non essendo facilissimo trovare documentazioni affidabili sui velivoli stealth, spesso i valori della R.C.S. sono disponibili al pubblico, anche solo per motivi commerciali eB-2_Spirit_original promozionali. Apprendiamo ad esempio che il Bombardiere Stealth per antonomasia, il B-2 Spirit (il cui costruttore ha inaspettatamente un sito web tutt’altro che nascosto, con foto e specifiche) ha una R.C.S. di 0.1 m2. Per confronto, quella di un aereo di linea DC-9 è dell’ordine dei 20 m2 e quella di un’automobile è dell’ordine dei 100 m2. In pratica, un bombardiere grande quanto la metà di un campo da calcio ha la superficie equivalente radar di un… grosso tablet!
(Nota, qualcuno potrebbe meravigliarsi che un aereo che trasporta 150 passeggeri abbia una RCS inferiore ad un’auto 5 posti. Il motivo è che un automobile è un blocco di acciaio rettangolare, che riflette in modo pressoché ottimale l’onda incidente del radar. Un normale aereo di linea, per motivi aerodinamici, utilizza materiali più “ricercati” e ha forme arrotondate, che hanno come conseguenza una minore intensità del segnale riflesso verso la direzione utile del radar).

Per concludere questo discorso, può essere interessante osservare che, in ambito militare, per ogni tecnologia usata da un avversario esiste sempre il suo opposto: se i velivoli adottano la tecnologia stealth come contromisura ai radar, i radar a loro volta possono utilizzare una contro-contromisura per cercare di rilevare i velivoli nascosti.
Alcune di queste tecniche, tra l’altro, sono le stesse che si utilizzano per rilevare segnali deboli emessi da target molto piccoli (σ < σMIN) o molto lontani (R > RMAX). Pensiamo ad esempio alle problematiche di ricerca/soccorso di una piccola imbarcazione alla deriva in condizioni di bassa visibilità.

Tra le tecniche più utilizzate possiamo citare quelle del processamento digitale del segnale (D.S.P.), dell’integrazione nel tempo degli echi ricevuti e dell’analisi di fase.

L’idea di fondo è che un rumore (che è come appare al ricevitore un “eco” radar nel caso in cui Pr < PrMIN), se è genuino, è per sua natura evanescente ed incorrelato nel tempo. Viceversa, se si tratta del segnale molto debole di un target dovrebbe evidenziare alcune caratteristiche non-casuali che possono agevolarne l’identificazione. Nel caso più semplice si può integrare nel tempo la risposta ottenuta su una specifica porzione di spazio, ipoteticamente priva di target: l’integrale mediato nel tempo del rumore dovrebbe permetterci di calcolare l’offset in ricezione (“baseline in assenza di target”); se in un dato momento successivo variasse l’offset, anche debolmente, questa anomalia potrebbe essere ricondotta ad un possibile target (in generale, l’integrazione nel tempo del segnale ricevuto riduce i disturbi aleatori ed aumenta la sensitività di qualsiasi ricevitore).

L’utilizzo dei D.S.P. permette inoltre analisi molto più accurate che in passato: analisi in frequenza, per la ricerca di “righe spettrali” dove magari la poca energia del target sia tutta concentrata e soprattutto analisi attiva, inviando specifici segnali radar (ad esempio modulati in fase e/o frequenza e fase). Generalmente, l’analisi della risposta in fase di un eco modulato ne permette una migliore ricezione quando è immerso in un rumore paragonabile per intensità.
L’analisi della risposta di un target all’onda radar incidente ci porta al secondo concetto, di grande utilità pratica, associato alla cross-section: la radar signature.

La radar signature

Abbiamo visto che la R.C.S. σ(λ) è definita come la “superficie elettromagnetica equivalente” di un dato target alla frequenza operativa del radar.
Semplicemente, un’area.
Appare chiaro quanto sia limitativo schematizzare un target con un singolo numero, specie se il target è complesso e/o di grandi dimensioni. Quello che accade è che la Radar Cross Section σ(λ) cambia (anche significativamente) al cambiare dell’angolo di incidenza dell’onda radar — convenzionalmente quindi si esprime con σ(λ) il valore medio della superficie equivalente elettromagnetica σ(λ,θ) integrato su tutta la sua superficie o il valore massimo maxθ(σ(λ,θ)) pesato con qualche coefficiente. Avendo indicato con θ l’angolo di incidenza dell’onda radar rispetto ad un riferimento sul target, e variabile nel range -180°, +180°.

In condizioni operative tipiche, il radar ed il target sono in movimento relativo (pensiamo al caso di un aereo in volo e di un radar a terra che effettua una scansione di tutto il cielo). Tale movimento relativo determina che il target sia irradiato nelle varie scansioni con angoli incidenti differenti. Questo determina a tutti gli effetti la rilevazione da parte del radar della cross-section del target σ(λ,θ) su un certo range Θ dell’angolo θ: il punto (angolo) di vista.
Definiamo radar signature l’intensità dell’onda riflessa dal target ottenuta al variare dell’angolo di incidenza θ.
Combinando i risultati di differenti scansioni e differenti angoli di vista tra il radar ed il target in movimento si riesce ad ottenere una signature del target abbastanza accurata.
La signature può fornire informazioni utili sul tipo di target ma soprattutto, con una certa approssimazione, ne permette l’identificazione.

Come esempio, nella figura seguente è rappresentata la signature di un Cessna 150, il più diffuso aereo da turismo mai prodotto.


radar_chap3_pic1

Tipologie di radar ed applicazioni

Finora ci siamo limitati a descrivere i radar impulsati: come abbiamo visto, in questa tipologia di radar viene emesso un segnale di grande potenza ad intervalli periodici TR attendendo l’eventuale eco entro il periodo e calcolando il range tramite la semplice relazione tempo-distanza. Questa architettura determina una maggiore complessità realizzativa (e maggiori costi). Il vantaggio è però di tipo prestazionale: è possibile rilevare bersagli (fermi o in movimento) anche a grande distanza dal radar o comunque in condizioni critiche (scarso SNR, σTARGET ≈ 0). Questi radar, utilizzati con continuita’ dagli anni ’30 per il controllo del traffico aereo (ATC) ed evitare le collisioni navali sono stati ribattezzati “radiolocation radars”.

Per molte applicazioni questa complessità non è necessaria. Un qualsiasi sistema trasmittente per telecomunicazioni è naturalmente in grado di emettere un’onda continua ad una frequenza prefissata e con una potenza ragionevole: sfruttando l’effetto Doppler, un target in movimento ad una certa velocità ri-irradia verso l’antenna ricevente un segnale che risulta spostato in frequenza di una quantità proporzionale alla sua velocità, secondo la relazione:

 $$\Delta f = f_{RADAR} \frac{2 \Delta v}{c}$$

dove il fattore 2 al numeratore tiene conto che l’eco riflesso ha viaggiato per il doppio dello spazio tra target e ricevitore, avendo infatti già percorso all’interno dello stesso intervallo anche la prima tratta, tra trasmettitore e target. Ne consegue che la velocità effettiva del target è la metà di quella misurata tramite lo spostamento di frequenza.

I radar di questo tipo, detti ad onda continua (CWR, Continuous-waveform radars) sono di facile realizzazione e molto economici. Funzionano generalmente a bassa potenza e non sono in grado di misurare la distanza del target (non possedendo nessun riferimento temporale), unicamente la sua velocità istantanea. Possono comunque essere modificati per misurare anche il range (distanza dal radar) attraverso un segnale modulato in frequenza o fase secondo la relazione fRADAR = fPERIODIC(t) dove fPERIODIC è una semplice funzione del tempo di periodo TR (una rampa, ad esempio).

In questo caso, il ritardo (“offset”) di frequenza o fase rispetto al riferimento sul trasmettitore determina la distanza del target, e il suo spostamento di frequenza ne determina la velocità.

Di seguito una rapida carrellata dei sensori radar che facilmente possiamo incontrare:

  • Controllo del traffico aereo e della navigazione marittima (radiolocation radar con larghe antenne, tipicamente rotanti a qualche Hz, ad elevata potenza)
  • Radar meteorologico, generalmente chiuso in una sorta di enorme “pallone”Radome2 sferico di plexiglass bianco (radome) per essere protetto dalle precipatazioni (e non sollevare le preoccupazioni di chi lo vede, che lo scambierebbe per qualche armamento segreto stile Sir Watson-Watt). Si vede frequentemente a qualche Km dagli aeroporti o vicino alle autostrade. Utilizza un’antenna molto grande e potenze impulsate notevoli. In compenso funziona per pochi secondi e ha periodi di inattività lunghi ore.
  • Controllo della velocità dei veicoli (usati dalle forze dell’ordine o nei pannelli-dissuasori che mostrano la velocità istantanea). Funziona a corto range, genalmente utilizzando un Doppler-LIDAR (questo permette all’operatore di puntare lo strumento esattamente sul veicolo che vuole).
    Il LIDAR (LIght RADAR permette infatti una elevata precisione in azimut ed utilizza come sorgente un fascio laser molto stretto. La precisione di puntamento (a 100 metri è dell’ordine del cm) è inimmaginabile con le convenzionali sorgenti di microonde.
  • Smart-Cities: i radar montati su semafori o agli incroci di maggiore traffico permettono l’alternanza tra rosso e verde solo quando sono effettivamente presenti veicoli o pedoni sulle vie laterali.
  • Poiché l’acqua salata è un ottimo conduttore, l’attenuazione delle onde elettromagnetiche nel mare è elevatissima. Sin dai tempi della prima guerra mondiale e’ stato quindi sviluppato il SONAR che rileva il range degli eventuali target in acqua utilizzando impulsi sonori anziche’ onde E.M.
    Oggi i SONAR ultrasonici sono anche utilizzati come economici sensori di distanza in aria, per permettere ai robot di evitare gli ostacoli o montati sui paraurti delle auto come ausilio al parcheggio.
  • Radar-altimetro (LRRA): un apparato tanto semplice quanto geniale, installato sugli aerei e puntato verso il terreno. Con un unico strumento si misura con precisione la velocità verticale e la distanza relativa dal terreno sottostante. Raggiunge accuratezze in range dell’ordine dei 10 cm e permette decolli e atterraggi totalmente automatici.
    L’equivalente marittimo del Radar-altimetro è l’ecoscandaglio SONAR, il cui display è visibile sulla plancia di praticamente qualsiasi imbarcazione.

Un altro settore, sempre afferente ai “trasporti”, in cui i radar sono decisivi e lo saranno sempre più è quello dei veicoli a guida automatica (“auto senza conducente”), per ora ancora in stato embrionale. Occorre infatti ricordare che in questo tipo di veicoli tutte le decisioni vengono prese analizzando le risposte dei numerosi sensori montati all’esterno. Sebbene una fotocamera a colori fornisca, intuitivamente, tutte le informazioni che servono alla guida, questa si rivela generalmente insufficiente: infatti il processing in tempo reale è estremamente delicato e complesso (pensiamo ad un’auto fuori controllo che arriva velocissima di lato, o ad uno scooter che fa lo “slalom” tra diverse corsie). E altrettanto lo è evitare i falsi allarmi; per ingannare una telecamera può bastare il sole, il nostro riflesso su una vetrina o persino il cartello pubblicitario dell’ultimo modello della Volkswagen.

Al contrario, un sensore radar richiede una capacità di processamento enormemente inferiore: la risposta di un radar ad elevazione fissa ed apertura azimutale di 2° dopo una rotazione completa è un vettore di 180 coppie di numeri: range e cross-section. Non solo, rispetto al lidar e al sonar (utilizzati largamente da qualsiasi veicolo driverless per evitare le collisioni) il radar può persino analizzare la signature di un ostacolo, distinguendo ad esempio un’utilitaria da una bicicletta (quest’ultima, essendo il veicolo più lento circolante richiede misure di attenzione molto superiori rispetto ad un’altra auto).
A questo scopo sono da anni disponibili in commercio dei radar che rilevano le biciclette.

Le applicazioni del radar nel settore “trasporti / veicoli” sono le più disparate. L’autore segue da anni il campionato di MotoGP; durante le prove di Indy 2015 è stato spiegato ad un esterrefatto giornalista come viene calcolata sulla Ducati-Pramac l’inclinazione laterale della moto (piega) rispetto alla pista. Non con un inclinometro (che misurebbe l’inclinazione della pista) bensì con una coppia di lidar-altimetri puntati verso il terreno, montati ai lati destro e sinistro della ruota posteriore: il risultato è che con un semplice calcolo di trigonometria si può trasformare la distanza nell’angolo di piega della moto, indipendentemente dall’inclinazione dell’asfalto.

Per concludere questa serie di articoli, vorrei parlare di due tipologie di radar largamente diffuse ma forse conosciute da una minoranza di persone: il radar meteorologico e il radar per telerilevamento.
Sorprendentemente non differiscono di molto da tutti i radar visti finora, e rispettano pienamente l’equazione radar.

Il radar meteorologico

Il radar meteorologico (WSR, Wheather Surveillance Radar) è alla base delle moderne previsione del tempo.

In questo tipo di radar, i target interessati sono le precipitazioni, ovvero le goccioline di acqua o ghiaccio. Come i fisici sanno bene, ad una lunghezza dell’onda radar incidente di una decina di cm, circa 6-10 volte maggiore del diametro delle particelle da rilevare, diventa predominante l’effetto dello scattering di Rayleigh (Lord Rayleigh per primo studiò il fenomeno nel 1871). Come risultato, parte dell’energia incidente viene riflessa dalle particelle verso la direzione della sorgente (back-scattering) e conseguentemente misurata dal radar WSR.

Come abbiamo visto descrivendo l’equazione radar, la potenza al ricevitore risulta direttamente proporzionale (con dei fattori che dipendono solo da parametri costruttivi) alla potenza in trasmissione e alla cross-section del target, ed inversamente proporzionale alla sua distanza dal target.

Calcolando quindi il rapporto tra la potenza al ricevitore e quella originale al trasmettitore si ottiene:

$$\frac{P_r}{P_t}= \frac{\sigma_{PARTICLE}}{R^4}$$

e normalizzando tale rapporto rispetto alla distanza R4, si ottiene la riflettività Z che è in pratica la cross-section del target :

Z ∝ σPARTICLE
 

Per particelle e lunghezze d’onda per cui vale lo scattering di Rayleigh, la cross-section della particella dipende solo dal suo diametro (oltre che dalla lunghezza d’onda e dal tipo di perturbazione: acqua, ghiaccio, eccetera). Poiché la cross-section di una particella aumenta non-linearmente al crescere del suo diametro, generalmente la riflettività è espressa su scala logaritmica (1 dbZ = 10⋅log Z) ed è rappresentata su una mappa in falsi colori: da 75 dbZ, grandine massiccia, colore viola fino a 5 dbZ, pioggia sottile, colore celeste.

Riassumendo, il radar meteorologico misura il range e la riflettività del segnale ricevuto e da queste è in grado di stimare distanza e tipologia delle precipitazioni

Per chi fosse interessato ai radar utilizzati sui sistemi WSR, si tratta di radar impulsati con potenza massima di trasmissione molto elevata, dell’ordine di almeno 500 kW (poiché il backscattering delle particelle dà luogo a potenze ricevute comunque molto basse).
Altri parametri utili: guadagno dell’antenna in trasmissione: 45 dB, apertura del fascio: circa 1°, frequenza di trasmissione: 2.8 GHz (λ ∼ 10 cm), dinamica del ricevitore: 95 dB, frequenza di rotazione dell’antenna: 1/12 Hz (30°/s), PRF: 400 Hz (a cui come abbiamo visto corrisponde un range di 375 Km). Generalmente vengono fatte almeno 5 scansioni ad elevazioni differenti (es. 0.5°, 1.5°, 2.5°, 3.5°, 4.5°).

Il rapporto tra la PRF (400 impulsi/s) e la velocità di rotazione dell’antenna (30°/s) determina il numero di impulsi che arrivano sul target e che vengono mediati dal ricevitore per diminuire il rumore: NPULSES = 13. In questi radar in cui il SNR è così scarso la velocità di rotazione può essere ridotta anche di 10 volte in modo da aumentare la sensibilità (NPULSES = 130). Questo, tenendo conto delle 5 scansioni effettuate ad elevazioni differenti, porta a 10 minuti il periodo complessivo di scansione.

Esattamente come i radar altimetri anche i radar meteorologici vengono spesso montati a bordo degli aerei: permettono al pilota di valutare in modo tempestivo eventuali perturbazioni lungo la rotta.

Per concludere, generalmente nei radar meteorologici si fa uso del Doppler, permettendo di stimare con una sola misura la posizione del fronte perturbativo (range/azimut) e la sua velocità di spostamento.
Ulteriori dettagli sui WSR possono essere trovati su questa dispensa.

Una mappa dell’Italia centro-settentrionale ottenuta dal radar meteorologico è rappresentata nelle seguente figura.

radar_chap3_pic2

Il radar per telerilevamento

radar_chap3_pic3

Nei radar per il telerilevamento della superficie terrestre il target è, ovviamente, il terreno sottostante.
Questi sensori sono normalmente montati a bordo di satelliti o, in ambito militare, anche di aerei o droni.

Grazie alle immagini della Terra disponibili gratuitamente su Google Maps, anche i meno esperti hanno potuto apprezzare l’utilità del telerilevamento con sensori ottici (cosiddetti, passivi): fotocamere, radiometri, termocamere.
In realtà il telerilevamento tramite radar (cioè con un sensore attivo) offre numerosi vantaggi:

  • Funziona anche di notte
  • A specifiche frequenze le microonde penetrano le nuvole, permettendo l’acquisizione anche in condizioni atmosferiche avverse (predominanti in certe stagioni o latitudini)
  • Misurando il backscatter permette di valutare il tipo di vegetazione, le biomasse e la presenza di acqua sulla superficie.
    Non stupisce che la ricerca di acqua su Marte sia svolta facendo orbitare attorno al pianeta lo strumento SHARAD, un radar impulsato da 10 W.
  • Permette di dare informazioni sulla composizione della superficie e anche subito al di sotto: dalle chiazze di olio lasciate in mare aperto da una petroliera allo spessore dei ghiacci polari.
  • Esistono strumenti specializzati per impieghi molto particolari: dai radar altimetri (per misurare l’altezza di ogni punto della superficie) allo scatterometro che misurando nelle diverse direzioni il backscatter delle onde sugli oceani determina velocità e direzione dei venti.

Uno dei difetti maggiori è dato dalla scarsa risoluzione angolare dovuta all’altezza di volo, che in particolare affliggeva i primi rudimentali sistemi di telerilevamento attivo da aereo (es. SLAR, 1950), con risultati catastrofici quando tale dispositivo veniva montato a bordo di satellite. Il secondo difetto è dato dalla maggiore energia richiesta dai sensori attivi rispetto ai semplici sensori passivi, richiedendo dei pannelli solari di massima efficienza.

(Nel 1965, in assenza di pannelli solari, i russi avevano dotato il loro segretissimo satellite RORSAT di una centrale nucleare tascabile per ottenere l’energia necessaria a tracciare con il radar una mappa globale delle navi da guerra americane).

La risoluzione angolare ottenibile da un radar (cioè la capacità di distinguere due target molto vicini) a parità di lunghezza d’onda è direttamente proporzionale alla larghezza dell’antenna utilizzata ed inversamente proporzionale alla distanza dal target (altezza di volo o orbita). Questo è in contrasto con il limite pratico sulle dimensioni delle antenne montabili a bordo di satelliti o velivoli.
Una soluzione molto efficace a questo problema (ed usata nella totalità o quasi dei casi in cui sia applicabile) è data dalla sintesi d’antenna, ottenendo una tipologia di radar detta SAR, Synthetic Aperture Radar.

Questa tecnica si può applicare in tutti i casi in cui il radar abbia un moto costante rispetto al target: all’interno di un periodo, lo stesso impulso viene emesso più volte dall’antenna, che nel frattempo si è spostata rispetto al target, applicando ogni volta un’opportuna correzione di fase. Il fascio complessivo ottenuto da questi impulsi sincronizzati equivale a quello di un unico impulso prodotto da un’antenna di dimensioni molto maggiori.

Analogamente, in ricezione, gli impulsi ricevuti dall’antenna in movimento vengono acquisiti in momenti diversi, sincronizzati tra loro in fase e processati digitalmente. Ottenendo la stessa accuratezza che si avrebbe con un’antenna ricevente di dimensioni assai maggiori.

Un apparato SAR con un antenna di 2-5 metri riesce ad ottenere una risoluzione a terra inferiore ai 10 m, e persino inferiore ad un metro se montato a bordo di aereo. Inoltre questa tecnica permette di ottenere risoluzioni accettabili anche utilizzando antenne molto piccole (es., sui droni).

Come semplice esempio descriviamo il radar utilizzato sulla costellazione di satelliti canadesi per telerilevamento RADARSAT: Modalità: SAR, frequenza: 5.4 GHz (banda C), potenza di picco Pt: 1.5 kW, PRF: 2 KHz (configurabile), dimensione dell’antenna: 10 m2. Orbita: altitudine: 600 Km, periodo: 96 minuti. Risoluzione angolare: 5 m.

Per chi volesse approfondire…

Un sito Internet molto curato, da cui io stesso ho preso diverse definizioni è Radar Basics. Il sito è disponibile anche offline come una serie di dispense PDF scaricabili.

Per chi non si accontenta del web e cerca un buon libro di teoria, consiglio sicuramente Introduction to Radar Systems di Merrill Skolnik, su cui in cinquant’anni si sono formate intere generazioni di ottimi radaristi (e anche quelli scadenti come me). Il libro è disponibile anche in edizione internazionale, cioè con rilegatura meno curata ma di costo sui 20 Euro.
La primissima edizione, essendo scaduto il copyright, è disponile in versione elettronica gratuita su archive.org. Suggerisco agli interessati di leggere i primi capitoli.

Conclusioni

E così siamo giunti alla fine di questa serie di tre articoli. Mi auguro di non avervi annoiato eccessivamente…

Come autocritica, pur avendo affrontato diversi argomenti non ho nemmeno scalfito la teoria necessaria ad un corso minimale di radar, non avendo descritto né il ricevitore con filtro adattato né le tecniche per massimizzare il SNR degli echi. Ma questo avrebbe eccessivamente allungato la seconda parte (quella matematica), credo scoraggiando la maggior parte dei lettori o almeno i non-ingegneri.

La mia intenzione era invece quella di incuriosire sulla tematica il maggior numero possibile di persone, che magari finora aveva sempre pensato che l’autovelox tra le mani dei vigili urbani e l’altimetro che ha misurato i crateri lunari non fossero nemmeno lontanamente imparentati …

Spero di esserci riuscito, o almeno ci ho provato.

Ah, se poi riuscite a costruire con le LEGO un aereo stealth funzionante mandatemi le foto !

CC BY-NC-SA 4.0
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