Pubblichiamo la seconda parte del contributo esterno su “Matematica e rischio di credito” inviatoci da Giovanni Conti, ingegnere elettronico che si occupa di software per le segnalazioni di vigilanza. La prima parte la trovate qui.


Fin qui (vedi prima parte) abbiamo descritto le perdite attese e la loro gestione. Parlando un po’ più tecnicamente le perdite attese vengono inserite nel conto “profitti e perdite” ossia nel conto economico del bilancio e, di fatto, sono assimilati a costi della produzione.salvadanaio

Completamente diverso e più complesso il discorso delle perdite inattese, che non possono essere considerate come “costi della produzione”: infatti , come si è accennato sopra, le perdite inattese sono quelle perdite che si manifestano a seguito di eventi eccezionali, con bassa probabilità.

Nella similitudine del fruttivendolo potremmo pensare ad un grave evento atmosferico in grado di distruggere il raccolto: è evidente che il prezzo di ciascuna mela superstite non può incorporare anche i costi dovuti alla perdita del raccolto per un’ alluvione.

Tuttavia il fruttivendolo dovrà dotarsi di strumenti diversi per permettere alla propria azienda di far fronte anche a questi eventi.  Sebbene possa apparire poco realistico applicato al fruttivendolo (e anche un po’ ingiusto nei suoi confronti probabilmente), possiamo pensare che il fruttivendolo debba poter intervenire con il proprio patrimonio personale per far fronte ad eventi simili: deve cioè aver accantonato un patrimonio personale in grado di far fronte anche ad eventi catastrofici.

Le  banche, quindi, se fanno fronte alle perdite attese a livello di conto economico, dovranno far fronte alle perdite inattese con opportune dotazioni di  capitale.

Ragioniamo ora nuovamente con un portafoglio in cui tutte le posizioni abbiano stessa PD e stessa LGD: si è visto che , per la legge dei grandi numeri, valgono sostanzialmente considerazioni analoghe a quelle che si fanno con il lancio di una monetina.  La probabilità che si abbia testa è del 50\% e ora è vero che si possono fare 10 lanci col risultato di avere sempre “testa”, ma con 100000 lanci è verosimile che il numero di “teste” si attesti attorno alle 50000 con scostamenti minimi.
Allora, come si è visto sopra le perdite che effettivamente ci si aspetta in un portafoglio di N posizioni con stessa PD e stessa LGD e stessa EAD sono pari a N * PD * EAD *LGD = perdite del portafoglio effettivamente misurate ex post con scostamenti minimi.
Ora per valutare le perdite inattese dobbiamo ricorrere ad un modello più ricco che , tuttavia , si basa su concetti non troppo distanti da quelli relativi al lancio della monetina ed alla legge dei grandi numeri: il modello è noto in letteratura come “modello di Vasicek”.
Consideriamo, quindi, un portafoglio di n posizioni, un orizzonte temporale assegnato (ad es. un anno) e definiamo le seguenti grandezze :

  • $$ L_n$$ = perdita totale registrata dal portafoglio nell’ orizzonte temporale considerato
  •  $$ EAD_i =EAD$$ della posizione i-esima
  • $$U_i$$ è un indicatore “booleano” che vale 1 se la posizione i-esima è entrata in default nell’ orizzonte temporale considerato, 0 altrimenti
  • $$LGD_i$$ = tasso di perdita effettivo della posizione i-esima in caso di default
  • X = valore assunto da una variabile macroeconomica (una qualsiasi grandezza che descriva un andamento generale del sistema economico, indipendente, quindi dalle caratteristiche della controparte i )

si ha, ovviamente:

$$L_n= \sum_{i=1}^nU_i LGD_i EAD_i$$ (1)

Supponiamo anche che la dinamica che porta una controparte al default sia sostanzialmente la stessa per tutte le controparti : si suppone che una controparte entri in default quando i suoi attivi scendono al di sotto di una certa soglia: al di sotto di tale soglia si suppone che le attività della controparte non siano più in grado di far fronte alle sue passività: di qui il default.
Indicando l’ attivo di una certa controparte i come $$A_i$$ , esso è una variabile aleatoria, non conoscibile, cioè, a priori.

Processi di Wiener ed equazioni differenziali stocastiche

Il processo che descrive l’ evoluzione di $$A_i$$ è rappresentabile mediante un’equazione differenziale stocastica cioè da un’ equazione differenziale deterministica che contiene un termine di “disturbo” imprevedibile (su questo  blog è trattato anche qui).
Vale la pena fare qui un breve excursus volto a caratterizzare gradualmente il modello di evoluzione degli attivi: le equazioni differenziali rappresentano un modello per la descrizione matematica di un gran numero di fenomeni: ad esempio, nel mondo fisico – nell’elettrodinamica classica – le equazioni di Maxwell sono in grado di descrivere in modo perfettamente deterministico e senza errori un modello della realtà, una volta fissate le condizioni al contorno: l’ unica fonte di approssimazione è rappresentata dalla distanza che ci può essere tra un modello ideale e la realtà effettiva.
Nei fenomeni economico-finanziari in cui l’alea gioca un ruolo determinante, un fenomeno è descrivibile solo in parte da un modello deterministico.

monetineUn’attività A, misurata in euro, dollari, o in qualsiasi valuta, al tempo t ha una valore $$A(t)$$: se conosciamo il suo valore $$A(0)$$ , il tasso di interesse r , il criterio di capitalizzazione, le leggi basilari della finanza ci consentono di determinare $$A(t)$$ in funzione di tali grandezze.
Per la precisione si ha , ovviamente, $$dA = A(t)rdt$$ da cui $$\frac{dA}{dt} = A(t)r$$ che è forse la più semplice equazione differenziale immaginabile e che ha per soluzione $$A(t) = A(0) e^ {rt}$$.
Si tratta di un mondo ideale, in cui un investimento cresce esponenzialmente nel tempo in regime di capitalizzazione continua.
Più realisticamente dovremmo esprimere la variazione di A , dA, come

$$ dA = A(t)rdt + dZ $$

Il termine dZ è un termine di disturbo elementare manifestatosi nell’intervallo $$dt$$, che andremo via via a caratterizzare meglio: intanto si tratta di una variabile aleatoria.

E’ anche intuibile che sia proporzionale all’attività stessa A: infatti l’ incertezza su un asset di 10000 euro sarà ragionevolmente più elevata di un’ incertezza su un asset di 10 euro; la precedente può , quindi riscriversi, con riferimento agli attivi dell’i-esimo prenditore, come:

$$dA_i = A_i(t)r_idt +A_i(t) dY_i$$

in cui il disturbo dY è, ora, indipendente dall’asset A.

Ora, nel nostro modello, che stiamo via via caratterizzando, se ci troviamo all’istante $$t_0$$, il valore futuro aleatorio di A, $$A(t_1)$$ , è una variabile aleatoria dipendente soltanto da $$A(t_0)$$ al momento corrente $$t_0$$ e non dalla storia precedente: si dice, in questi casi, che il processo A(t) è markoviano.
Di conseguenza, gli incrementi $$\Delta A$$ della variabile A sono indipendenti tra di loro e lo stesso vale per le variabili Y che sono all’origine dell’aleatorietà di A.

Questo ci porta ad un’ulteriore importante caratterizzazione del disturbo aleatorio Y: considerando un intervallo di tempo finito $$\Delta t$$, il disturbo $$\Delta Y$$ può essere considerato come la somma di variazioni elementari indipendenti tra loro e, quindi, la varianza di $$\Delta Y$$ è la somma di varianze elementari.

In altri termini, fissata l’ unità di tempo come $$\delta t$$, sia il corrispondente disturbo $$\Delta Y(\delta t)$$: tale disturbo abbia varianza $$\sigma ^2$$. La varianza del disturbo su tutto l’ intervallo $$\Delta T$$ sarà, per l’indipendenza delle singole variazioni elementari $$\Delta Y(\delta t)$$, la somma delle varianze di queste ultime, vale a dire $$ \sigma ^2 \Delta t$$ : la corrispondente deviazione standard sarà $$\sigma \sqrt {\Delta t}$$ (abbiamo fatto l’ ipotesi ulteriore che i disturbi elementari abbiano la stessa distribuzione di probabilità).

Questo ci porta ad ipotizzare una relazione tra dY e dt nella forma

$$dY=X\sigma\sqrt{dt}$$

in cui X è una variabile aleatoria gaussiana normale

La nostra equazione differenziale stocastica diviene, quindi:

$$dA_i = A_i(t)r_idt +A_i(t) \sigma_i X_i \sqrt {dt}$$

o, ancora

$$dA_i=A_i(t)r_idt +A_i(t) \sigma_i dW_i$$

in cui $$dW_i = X_i \sqrt {dt}$$

Il termine $$dW_i$$ con le caratteristiche illustrate sopra prende il nome di “processo di Wiener” .

L’ equazione sopra è integrabile facendo uso del lemma di Ito , su cui non ci soffermiamo; la soluzione è

$$A_i(T)=A(0) e ^{ r_iT -\frac {1}{2} \sigma_i ^2 T + \sigma_i \sqrt {T} X_i }$$

 Di conseguenza, il punto in cui si concentra l’aleatorietà dei processi $$A_i(T)$$ è costituito dalle variabili $$X_i$$: abbiamo detto che sono gaussiane normali: per caratterizzare compiutamente il nostro portafoglio aggiungiamo che  hanno, a due a due, la stessa correlazione e sono, di conseguenza, esprimibili quantitativamente con la seguente espressione:

$$X_i = \alpha K + \beta e_i$$ (2)

in cui K è una variabile aleatoria che rappresenta una grandezza macroeconomica ed $$e_i$$ una grandezza aleatoria che dipenda unicamente dalla controparte i (fattore “idiosincratico”); le varie $$e_i$$ siano indipendenti tra di loro.
Si ipotizza, quindi, riepilogando, che gli “attivi”, cioè, in altri termini, la ricchezza patrimoniale, il “valore economico” di una determinata controparte “i” siano aleatori, e che la loro aleatorietà sia riconducibile all’imprevedibilità del contesto economico generale (K)– che impatta su tutte le controparti- e ad un’ imprevedibilità intrinseca della singola controparte( $$e_i$$).
Assumiamo nuovamente che K ed $$e_i$$ siano gaussiane con media nulla e varianza unitaria ( “normali”) e che siano indipendenti tra loro: necessariamente deve essere allora $$\alpha^2 + \beta^2=1$$ e la (2) diviene

$$X_i = \alpha K + \sqrt{1 – \alpha^2} e_i$$ (3)

La (3)  costituisce il modello che fornisce una descrizione quantitativa della dinamica che porta al default in cui ipotizziamo che $$\alpha$$ sia nota a priori.
Si è detto che la controparte i è al default se $$X_i$$ scende al di sotto di una non meglio precisata “soglia di sicurezza” $$S_i$$ : la quantità $$PD_i$$ è nota e possiamo scriverla come

$$PD_i=prob(X_i<S_i)$$

dalle proprietà delle funzioni cumulative di probabilità risulta

$$PD_i = N(S_i)$$

in cui N() è la funzione cumulativa di probabilità di una gaussiana a media nulla e varianza unitaria ; quindi, esiste un’ ovvia relazione tra la soglia e la probabilità di default dato il modello utilizzato:

$$S_i = N^{-1}(PD_i)$$

Nella (3) fissiamo ora un valore ben definito di K: si ha default , fissato K, cioè fissato un ben definito scenario macroeconomico, se $$(X_i<S_i)$$
cioè se $$\alpha K + \sqrt{1 – \alpha^2} e_i < N^{-1}(PD_i) $$
ossia se

$$e_i < \frac{N^{-1}(PD_i) – \alpha K}{\sqrt{1 – \alpha^2}}$$ (5)

la probabilità che si manifesti la (5) è la probabilità di default della controparte i condizionata dallo scenario economico fissato K, in simboli : $$PD_i$$ | K.

Riprendiamo ora la formula (1):

$$L_n= \sum_{i=1}^n U_i LGD_i EAD_i$$

La grandezza $$U_i$$ è ora esplicitabile in funzione del modello sottostante:

$$U_i= \begin{cases} 1 & se \mbox{ }e_i<\frac{N^{-1}(PD_i) – \alpha K}{\sqrt{1 – \alpha^2} } \\ 0 & altrimenti \\ \end{cases}$$ (6);

notiamo che, avendo assunto$$LGD_i$$ ed $$E_i$$ note a priori nella (1) e avendo fissato K, la stima delle perdite totali del portafoglio è riconducibile ad un esercizio noto nella statistica elementare come Bernouilli trials, ossia, sostanzialmente al lancio della monetina.

Infatti, se si assume, come abbiamo fatto noi, noto e fisso a priori il fattore macroeconomico K , questo non influisce più nella dinamica del default, e la perdita dipende soltanto dal fattore idiosincratico $$e_i$$ che funge da i-esima “monetina”: se dopo il “lancio” risulta minore della quantità soglia $$\frac{N^{-1}(PD_i) – \alpha K}{\sqrt{1 – \alpha^2} }$$ (in cui $$PD_i$$ ,$$\alpha$$, $$K$$ sono tutte quantità note e fisse per ipotesi), il che equivale a dire che $$U_i=1$$ per la (6), si ha default per la i-esima posizione altrimenti no.
Notiamo anche che se K decresce aumenta la quantità soglia sopra rappresentata e quindi aumenta la probabilità che $$e_i$$ si trovi sotto la soglia e quindi la i-esima controparte si trovi in default.
Ma allora riprendiamo nuovamente la (1): per la (6)  la possiamo riscrivere come

$$L_n=\sum_{i=1}^n U_i(e_i,K) LGD_i EAD_i$$ (1bis)

in cui si è esplicitata la dipendenza di $$U_i$$ da $$K$$ e da $$e_i$$ espressa dalla (6).

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