Ecco la seconda parte dell’intervista a Marco Li Calzi professore di  “Metodi matematica_incertezza_licalzimatematici per l’analisi economica” dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Nella precedente prima parte, il docente  ha risposto alle nostre domande sul suo libro La matematica dell’incertezza (disponibile on line per esempio qui qui).

In questa seconda parte, invece, risponderà alle nostre domande su tematiche come la teoria delle decisioni, la finanza e i “quants”,   la divulgazione, il mondo dell’università e della scuola.

 Clicca qui per leggere la prima parte dell’intervista.


 

Parte 2: Riflessioni su finanza, università e scuola

– Lei di formazione è un “economista” laureato alla Bocconi. Come nasce la passione per la matematica e la divulgazione della stessa?decision_sciences

Ho una laurea in Economia Politica conseguita a Milano e un dottorato in Decision Sciences conseguito a Stanford. La passione per la matematica covava sotto le ceneri ma, al momento di scegliere quale corso di laurea frequentare, prevalse il dubbio che i miei studi al liceo classico non fossero sufficienti. Per mia fortuna, il corso di Economia Politica combinava elementi da più discipline facendomi scoprire che la matematica era meno ostica di quanto mi avessero fatto pensare e, soprattutto, che dal punto di vista intellettuale il suo rigore mi dava molto più soddisfazione degli studi economici.

– In quanto docente universitario lei ha avuto modo di tenere corsi di teoria dei giochi e teoria delle decisioni. In base alla sua esperienza quanto di questo bagaglio rimane in un laureato in economia o disciplina affine che diventa poi imprenditore?

La teoria delle decisioni insegna come ridurre il numero di opzioni da valutare, scartando tutte quelle che sono inferiori. È lo stesso lavoro che fa il Gran Ciambellano quando annuncia alla giovane principessa che alla sua porta ci sono tre pretendenti: il primo è molto ricco, il secondo è molto bello e il terzo è molto intelligente. Tocca alla principessa decidere chi vuole, ma il Gran Ciambellano ha già mandato a casa gli altri 997 pretendenti che erano meno belli, meno ricchi e meno intelligenti di quelli rimasti. La teoria dei giochi ha un obiettivo simile, ma tiene conto delle maggiori complessità causate dalla presenza di più decisori, che interagiscono mentre ciascuno cerca di perseguire i propri obiettivi. Per un esempio, pensate al Palio di Siena e provate a immaginare fantini e contrade che stringono alleanze e coltivano rivalità. Spero che questo modo di ragionare sia un patrimonio utile a tutti.

– Come si sta modificando, secondo lei, il ruolo e la visione della matematica nel mondo della finanza?

Temo di avere un’opinione peculiare in proposito. C’è una grave confusione fra la manipolazione dei numeri e la matematica. Fino agli inizi degli anni ’80 la matematica è stata usata in finanza per costruire modelli il cui scopo principale era di aiutare a sbirciare una realtà troppo complessa per essere facilmente compresa. Chi costruiva i modelli era ben consapevole dei loro limiti, necessari per lavorare con rappresentazioni semplificate. I modelli erano usati come laboratori “in vitro” per imparare a ragionare.

Quando sono arrivati i computer, invece, sono esplosi gli algoritmi di trading o le tecnicheblack-monday di hedging. L’attenzione si è spostato sulla potenza e sulla velocità dei calcoli, a scapito del loro significato. Un certo numero di questi algoritmi erano basati su un uso sofisticato della matematica, affidata ai cosiddetti “quants” (spesso laureati in fisica e non in matematica), venerati come druidi perché erano gli unici che ritenevano di sapere che cosa fosse più conveniente fare. Attenzione alle parole che ho scelto: nella lingua italiana, “uso sofisticato” non indica le applicazioni avanzate ma quelle avariate. A un certo punto, alcuni “quants” hanno cominciato a scambiare gli algoritmi per la realtà, fino a quando la realtà si è ripresa d’imperio il suo ruolo di arbitro. C’è stato il Black Monday del 19 ottobre 1987, il collasso del fondo di hedging Long-Term Capital Management nel 1998 (nonostante la presenza di due premi Nobel fra i partners), il fallimento della Barings Bank nel 1995 per le operazioni speculative di un singolo trader (Nick Leeson), fino alla crisi finanziaria esplosa nel 2007.

– Venendo ora ad argomento più vicino alla realtà del nostro blog, cosa pensa della divulgazione scientifica nell’attuale panorama editoriale italiano?

Siamo in un momento felice. Ci sono molti autori in lingua italiana e si traduce molto. Ogni tanto arriva persino un best-seller! L’unica punta di rammarico, per quanto mi riguarda, è che alcuni ottimi libri non sono ristampati e occorre andare a recuperarli, un po’ impolveriti, nelle biblioteche. La matematica sente l’età molto meno di altre discipline: ci sono testi, anche divulgativi, che meriterebbero di festeggiare i loro 100 anni in libreria.

– In base alla sua esperienza di docente universitario, come viene insegnata nella scuola superiore la matematica?

Forse ho qualcosa in comune con Sheldon Cooper (“The Big Bang Theory”) ma, se prendosheldon_question questa domanda alla lettera, non ho i dati per rispondere a questa domanda. L’esperienza nelle aule universitarie può aiutare a giudicare i risultati ma non le tecniche di insegnamento della scuola superiore. In generale, i risultati non sono incoraggianti ma è anche vero che la ricerca italiana in matematica resta un’eccellenza mondiale. Forse la spiegazione sta nella natura spesso individuale della ricerca matematica (a differenza di quella sperimentale che modernamente richiede grandi team e costosi macchinari). I ricercatori italiani di matematica sanno “arrangiarsi” molto bene. E sanno farlo anche quei docenti di scuole superiori con i quali vengo in contatto a seguito di inviti o altre iniziative pro bono, alle quali cerco di non sottrarmi. Ma ricordatevi della favola della principessa: ci sono anche docenti che non partecipano alle iniziative …

– C’è una parte della matematica che dovrebbe avere più spazio secondo lei negli attuali corsi di studi della scuola secondaria?

Sarebbe facile dire che cosa manca, ma preferirei parlare di quale matematica dovrebbe avere meno spazio. Ci sono docenti straordinari che sanno comunicare che cosa sia la matematica. L’etimologia del nome si riferisce alle “cose che si apprendono con la mente”, da immaginare in contrapposizione a quelle che si possono afferrare con le mani e toccare. Gli esercizi ripetitivi o le formule da memorizzare, invece, non sono molto utili per insegnare come si può ap-prendere con la mente, anche se possono diventare un comodo rifugio per un docente demotivato o, peggio, non all’altezza. Penso che gli attuali programmi scolastici sottovalutino le potenzialità della matematica discreta (incluso il calcolo combinatorio) per restituire un’immagine della matematica meno subordinata alle applicazioni scientifiche.

– Quali indicazioni/suggerimenti si sente di dare agli studenti di scuola superiore che seguono realtà come il nostro blog e che stanno pensando di iscriversi a una facoltà scientifica?

Se siete così fortunati da avere una vocazione, seguite il vostro cammino senza farvi distogliere dal timore di non essere all’altezza. Ovunque deciderete di andare, troverete sempre qualcuno migliore di voi e molti peggiori di voi. Confrontatevi con i migliori, perché vi saranno da stimolo e perché vi aiuteranno a restare umili verso gli altri. Ma forse questo consiglio dovrebbe valere per qualsiasi giovane che si avvicina agli studi universitari.

– C’è una formula che vi piacerebbe condividere con i nostri lettori poiché la ritenete particolarmente importante (a livello scientifico o per la sua storia personale)? 

Nel libro cito un verso di Montale “Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,” ma mi piacerebbe cogliere l’occasione per segnalare una tecnica di ragionamento molto potente che è stata riscoperta in più ambiti. È nota come programmazione dinamica nella teoria delle decisioni e come induzione a ritroso nella teoria dei giochi. Corrisponde alla formalizzazione di un principio di buon senso che per gli anglo-sassoni è “guarda prima di saltare” mentre per noi italiani suona più prosaicamente come “pensa prima di agire”.

– C’è un argomento che le piacerebbe che fosse trattato nel nostro blog? E in caso si offrirebbe di aiutarci a trattarlo?

Questa non è una domanda, ma una proposta. Parliamone, e alla prossima! (su questo blog?)

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