Pubblichiamo il primo di una serie di interventi dedicati ad analizzare il contributo di  figure significative nel campo della didattica della matematica. Pensiamo che quanto realizzato da queste persone non solo sia ancora valido e attuale ma spesso non sia sufficientemente noto e non si  apprezzi il loro contributo innovativo.

L’autore è  Domingo Paola  insegnante di matematica al Liceo G. Bruno di Albenga (SV) e vincitore del Premio De Finetti 2015.


Contributi di Bruno de Finetti all’insegnamento-apprendimento della matematica

de_finetti_bressanoneBruno de Finetti con i suoi allievi in un convegno a Bressanone (immagine riprodotta dal sito http://www.brunodefinetti.it e pubblicata su autorizzazione di Fulvia de Finetti)

Mezzo secolo fa…

Sono trascorsi esattamente cinquant’anni dalla pubblicazione sul Periodico di Matematiche dell’articolo di Bruno de Finetti “Le proposte per la matematica nei nuovi licei: informazioni, commenti critici, suggerimenti” (de Finetti, 1967a).

Bruno de Finetti si riferiva alle proposte di Frascati, a quella riforma mai realizzata, ma che contribuì in modo notevole al dibattito sul ruolo e sulla funzione della scuola, in particolare della matematica e di quale matematica, nella formazione degli studenti.

Mi sembra un’ottima occasione per ricordare alcuni contributi, ancora fortemente attuali, che de Finetti ha offerto alle problematiche dell’insegnamento-apprendimento della matematica.

Ritengo doveroso premettere che il mio intervento non vuole né può avere la pretesa della sistematicità o del rigore storico e filologico: mi propongo solo di prendere in considerazione alcuni contributi di de Finetti al dibattito sull’insegnamento-apprendimento della matematica, sviluppatosi in un contesto certamente diverso da quello attuale, e di ricontestualizzarli nel dibattito odierno, perché ritengo che le sue riflessioni possano ancora essere molto utili agli insegnanti.

Per chi volesse approfondire l’importante ruolo svolto da de Finetti nella cultura, nella società e in particolare nel dibattito sulla didattica della matematica in Italia suggerisco di leggere un articolo di Fulvia de Finetti, figlia di Bruno (de Finetti, 2010), e tre articoli di Mario Barra, docente di Didattica della Matematica e di Fondamenti del Calcolo delle probabilità presso il Dipartimento di Matematica Guido Castelnuovo di Roma e allievo di de Finetti (Barra, 2006; 2007; 2015).

Naturalmente il discorso e l’azione di de Finetti, come già accennato, si svolgono in un contesto sociale, normativo e di prassi che non può essere identificato con quello odierno. Per esempio la battaglia che ingaggiò contro la prova scritta di matematica proposta nei licei scientifici non avrebbe alcun senso se portata avanti con gli stessi argomenti. Era il 1965 e da anni le prove di maturità consistevano nella proposta di un problema geometrico che conduceva in genere alla discussione con il metodo di Tartinville, proposto quasi sempre agli studenti e da essi applicato in modo del tutto meccanico e inconsapevole (de Finetti, 2010, p.15). In un articolo ironico e tagliente (de Finetti, 1965) scriveva:

la prova scritta di matematica per il Liceo scientifico costituisce un caso a sé sotto due punti di vista: primo, perché si tratta di un esempio insuperabilmente patologico di aberrazione intesa a favorire l’incretinimento sistematico e totale dei giovani; secondo, perché non c’è nessuna difficoltà a modificarlo eliminandone gli inconvenienti e le loro deleterie ripercussioni su tutto il corso degli studi. Da tempo immemorabile (almeno da decenni) avviene precisamente che questa famigerata prova scritta ripeta con qualche variante sempre lo stesso problema stereotipato (equazione di 2° grado, o «trinomia», con un parametro: da ciò il termine di «trinomite» per indicare l’eccessiva insistenza solo su questo particolare argomento): problema che ha soprattutto la disgrazia di poter essere ridotto a uno schema macchinale, formale, pedestre, che va sotto il nome di un certo Tartinville”.

Da tempo la trinomite non ammorba più la prassi didattica, ma, come spesso accade, altri virus, altrettanto resistenti, sembrano averlo rimpiazzato; è per questo che è importante ricontestualizzare le idee di de Finetti: possono ancora fornire occasione di seria riflessione e supporto per gli insegnanti nelle scelte didattiche (Paola, 2015) ed è quello che mi propongo di mostrare grazie alla lettura di passi di alcuni suoi articoli, in particolare dell’articolo già citato del 1967 (de Finetti, 1967a).

de-finetti-insegnamento-matematicaArticolo di Bruno de Finetti pubblicato su un quotidiano  (immagine riprodotta dal sito http://www.brunodefinetti.it e pubblicata su autorizzazione di Fulvia de Finetti)

Matematica per tutti e di tutti

In (de Finetti, 1967a), riferendosi alle proposte avanzate per la matematica nei nuovi licei, scrive:

Prevalse la tendenza […] nell’interesse della cultura nel suo insieme […] a preoccuparsi che essa [la matematica] divenisse patrimonio intellettuale apprezzato e fecondo per tutti, specialmente per coloro che non avrebbero proseguito lo studio della matematica all’università. […] Il programma poteva e doveva essere unico come elencazione di argomenti: tutti dovrebbero, sugli argomenti di tale programma comune minimo, sapere di che si tratta con comprensione sufficientemente chiara. La differenziazione potrà riguardare il modo, più o meno tecnico e dettagliato di studiare i medesimi argomenti”.

Emerge da queste parole una visione della matematica come disciplina di forte unità culturale, che deve contribuire a formare quel bagaglio di conoscenze comuni a ogni cittadino italiano: si può derogare sulle competenze tecniche, non su certe conoscenze essenziali. A mio avviso è una posizione che ancora oggi dovrebbe costituire un punto di riferimento per gli insegnanti e che caratterizza le attuali indicazioni curricolari. Purtroppo non sembra aver molto seguito nell’attuale prassi didattica, almeno se si prendono in considerazione i libri di testo di matematica più adottati che propongono batterie di esercizi quasi imbarazzanti per numerosità e ripetitività, che non si impegnano in trattazioni che indichino in modo chiaro le priorità fra i vari argomenti proposti, che non si assumono la responsabilità di tagliare alcuni argomenti cari alla tradizione, ma poco significativi per la preparazione matematica di uno studente.

A questo proposito il seguente passo (de Finetti, 1967a) è illuminante:

Il fatto di non poter dire, nel programma, ciò che non si deve assolutamente fare, ha messo spesso nell’imbarazzo e consigliato addirittura di mutilare certe dizioni per timore di interpretazioni estensive di qualche zelante scriteriato. Ad es. si è abolita ogni menzione alle equazioni di grado superiore al secondo per il timore che qualcuno si dilungasse su equazioni biquadratiche e simili, e si sono soppresse le parole massimi e minimi per timore analogo di imperversare di esercizi”.

Oggi, cinquant’anni dopo, la situazione non sembra essere migliorata in modo significativo e pervasivo rispetto a quella che de Finetti denunciava: in particolare le equazioni biquadratiche, insieme ad altre curiose tradizioni, come per esempio le tecniche di razionalizzazione dei denominatori con espressioni radicali, ancora riempiono pagine e pagine di alcuni manuali e sottraggono diverso tempo a molti studenti che potrebbero impegnarlo meglio.

In sintesi, la posizione di de Finetti è che possa davvero concretizzarsi un insegnamento della matematica per tutti e che quindi questa disciplina possa essere di tutti se si ha il coraggio di privilegiare la semantica rispetto alla sintassi, l’apprendimento di concetti rispetto all’addestramento su tecniche fini a loro stesse, di evitare di riprendere dall’inizio ogni argomento introdotto nei precedenti cicli scolastici (come esempio de Finetti cita le coordinate cartesiane) e, infine, privilegiando l’insegnamento per problemi e le applicazioni della matematica alle altre scienze.

L’insegnamento per problemi e l’atteggiamento critico e consapevole

Nel libro “Il saper vedere in matematica” (de Finetti, 1967b; 2015) scriveva:saper-vedere-in-matematica-de-finetti

La matematica richiede anzitutto immaginazione e interesse per vedere direttamente i problemi, e allora è istruttiva e anche divertente. Perché i giovani se ne persuadano, e conservino anche da grandi il vantaggio di sapersi regolare in ogni circostanza afferrando gli aspetti matematici e logici dei problemi che dovranno affrontare nella vita, basta che si abituino a riflettere, a rendersi conto del senso e del valore e dell’utilità di ciò che fanno. La matematica sembra e diventa arida e odiosa soltanto se, lasciando in ombra gli scopi cui risponde, si riduce a passiva accettazione di nozioni, metodi, formalismi. Giova soprattutto imparare a riflettere su esempi svariati ed a modificarli o costruirsene di nuovi, e riuscire così sempre meglio a capire e scoprire ciò che occorre saper vedere per dominare un problema”.

In (de Finetti, 1967a) sempre in merito all’importanza di una didattica per problemi scriveva:

[…] non molti problemi pressoché uguali per imparare a forza di abbruttimento a risolverne altri pressoché uguali senza sforzo né merito, ma pochi atti ad illuminare e orientare sul modo di far tentativi in casi diversi. Ed anzi, prima e più ancora che a risolvere i problemi (nel senso di problemi già tradotti in formule), occorre insegnare ad impostare nel miglior modo i problemi, traducendo in formule ciò che si sa e ciò che si vuole ottenere.”

A me sembra di poter scorgere, nelle parole di de Finetti relativamente ai problemi, un vero e proprio programma di azione ancora attualissimo per migliorare efficienza ed efficacia dell’insegnamento-apprendimento della matematica. In particolare mi sembra che quelle parole indichino chiaramente ruolo e funzione della scuola (e dell’insegnamento della matematica) oggi, che dovrebbero consistere innanzitutto:

  1. nel favorire lo sviluppo del pensiero critico e l’acquisizione sempre maggiore di consapevolezza per le strategie scelte per risolvere un problema da parte degli studenti;

  2. nel proporre attività che consentano agli studenti di costruirsi significati ricchi e adeguati per gli oggetti di studio, cercando un equilibrio tra aspetti sintattici e semantici oggi inesistente, in quanto nella prassi didattica si dà un eccessivo spazio alla sintassi a scapito della semantica;

  3. nell’evitare l’addestramento, se imposto e fine a se stesso, perché rischia di essere di ostacolo al conseguimento della consapevolezza e all’esercizio del pensiero critico.

Un altro passo che conferma quanta importanza de Finetti desse a un insegnamento che favorisca riflessione e consapevolezza è in (de Finetti, 1967b; 2015):

[…] basta che [gli studenti] si abituino a riflettere, a rendersi conto del senso e del valore e dell’utilità di ciò che fanno. […] Risolvere un problema è sempre di per sé uno sforzo istruttivo: ogni successo rende più facili ulteriori successi. Ma il vantaggio è molto più grande se ci si sofferma a riflettere, su ogni problema che ci si presenta, non soltanto quanto occorre per risolverlo ma poi ancora per far tesoro di tutte le osservazioni che siamo capaci di trarre sviscerandolo”.

Come scrivo in (Paola, 2015):

de Finetti ricorda che è necessario domandarsi e domandare agli studenti vari “perché”? Per esempio: perché vale la soluzione trovata? Che cosa succederebbe se cambiassero certi dati e perché? Perché ho incontrato certe difficoltà e perché alcune le ho superate e altre no? L’invito a riflettere è assolutamente attuale: persistono ancora molte pratiche didattiche, testimoniate dalle caratteristiche che, più o meno esplicitamente gli insegnanti richiedono ai libri di testo, che suggeriscono che la trinomite si manifesti ancora, sotto altre forme, ma con gli stessi esiziali effetti di un tempo: la mancanza di riflessione, di consapevolezza, di attenzione alla costruzione dei significati, di esercizio del pensiero critico.”

de Finetti e la valutazione in matematica

In (de Finetti, 1967a) si trovano anche alcune interessanti considerazioni sull’azione talvolta perversa della valutazione che a me sembrano di grande attualità:

Tra le cose che fanno perdere tempo, a scapito dello svolgimento del programma con le cose che dovrebbero essere istruttive per la vita, c’è notoriamente il gonfiamento di metodi e accorgimenti per svolgere il tema d’esame quando esso verta prevedibilmente su un dato tipo stereotipato di questioni […]. Una prova articolata su numerose domande permette evidentemente un giudizio più valido, più globale, meno aleatorio. Il massimo dell’aleatorietà si raggiunge con il tipo di temi in auge, dove un dubbio sull’interpretazione dell’enunciato iniziale mette allo stesso livello lo studente più preparato e il meno preparato […]. Un perfezionamento, nel senso di dare un valore oggettivo al punteggio della prova scritta, consisterebbe nell’adottare il metodo delle risposte fisse (dei Questionari o Quiz). In Italia siamo lungi dall’essere maturi per l’adozione di tali sistemi, ma sarebbe bene che si cominciasse a studiare l’argomento e fare seriamente degli esperimenti. È vero che spesso le questioni poste in tal modo sono insulse e le risposte prefabbricate ancor più, ma vi sono anche esempi buoni e ottimi e, curandosi con attenzione l’adattamento ad esigenze desiderate per il nostro paese, si potrebbe certo fare anche meglio”.

Come si può notare de Finetti non si tira indietro di fronte ai problemi della valutazione, ma suggerisce di evitare di correre il rischio che un’eccessiva attenzione al successo scolastico faccia perdere di vista il successo formativo. Quando studenti e insegnanti sono troppo attenti alla prestazione e, in particolare, al voto si generano distorsioni che sono esiziali per il successo formativo: se l’obiettivo di uno studente è ottenere la sufficienza, allora metterà in campo ogni metodo volto a ottenere un buon voto nelle sue prestazioni, inclusi quelli di simulare conoscenza e comprensione, di non presentarsi quando non si sente preparato, di copiare da compagni più preparati … Tutto ciò, ovviamente, va a scapito dell’apprendimento, della costruzione di significati, del successo formativo di cui quello scolastico dovrebbe essere una semplice conseguenza.

Seguiamo allora i suggerimenti di de Finetti ed evitiamo, in quanto insegnanti che teniamo a farci carico del successo formativo dei nostri studenti, di dare peso eccessivo al voto; evitiamo le medie aritmetiche che, tra l’altro, hanno ben poco senso dal punto di vista misuratorio, dato che, in generale, la scala delle valutazioni non è a intervalli (né il voto, sempre in generale, è una variabile quantitativa). Cerchiamo di aiutare studenti e genitori a comprendere che la valutazione di uno studente è tanto più ricca e significativa quanto più è soggettiva (ma, ovviamente, non arbitraria) e che, se si desiderano ogni tanto valutazioni più oggettive, anche per confrontarsi con altre realtà, allora è bene affidarsi alle prove standardizzate che da una decina d’anni vengono proposte nel nostro paese grazie all’azione dell’INVALSI, naturalmente tenendo ben presente le informazioni che quelle prove possono dare, ma anche quelle che non possono dare.

Per concludere

Spero di essere riuscito a dare un’idea di quanto gli scritti e le idee di de Finetti possano ancora contribuire al dibattito sull’insegnamento-apprendimento della matematica, di quanto siano attuali certi suoi suggerimenti e certe sue invettive. E proprio con una di queste vorrei concludere, perché riguarda uno dei peggiori errori che ancora sembra aleggiare su certe pratiche didattiche: abituare a imparare e credere senza capire.

Posso credere una cosa senza capirla: è tutta questione di addestramento! Questa frase [] mi torna sempre in mente, come una sensazione paurosa di sconforto, perché mi sembra esprima integralmente la fondamentale e chissà quanto eliminabile stortura che sta effettivamente, anche se non dichiaratamente, alla base di tutta l’imperversante concezione della didattica tradizionale: abituare a imparare e credere senza capire.

(de Finetti, 1972, p.32)

Bibliografia

Barra, M. (2006). Bruno de Finetti, una matematico geniale al servizio della società (parte prima). Induzioni, 33, 2, p. 9-20.

Barra, M. (2007). Bruno de Finetti, una matematico geniale al servizio della società (parte seconda). Induzioni, 34, 1, p. 9-24.

Barra, M. (2015). Bruno de Finetti: tappe di una vita al servizio della Ricerca, della Scuola e della Società. in Anichini, Giacardi, Luciano (a cura di) La Matematica nella società e nella cultura , ISSN 1972-7356, Serie I,vol. VIII n. 3, dicembre 2015 Bologna. p.15-42.

de Finetti, B. (1965). Come liberare l’Italia dal morbo della trinomite. Periodico di Matematiche, 43, n. 4 (1965), p.325-329 (scaricabile dalla pagina web http://www.brunodefinetti.it/Opere/Trinomite%20da%20MACERATA.pdf).

de Finetti, B. (1967a). Le proposte per la matematica nei nuovi licei: informazioni, commenti critici, suggerimenti. Periodico di Matematiche, 45, n.2, p. 75-153 (scaricabile dalla pagina web http://www.brunodefinetti.it/opere.htm , voce n. 262).

de Finetti, B. (1967 b; 2015). Il saper vedere in matematica, Torino, Loescher. Ripubblicato in Anichini, Giacardi, Luciano (a cura di). (2015). La Matematica nella società e nella cultura , ISSN 1972-7356, Serie I,vol. VIII n. 3, dicembre 2015 Bologna. p. 299-408.

de Finetti, B. (1972). [Pezzullo a commento di “Posso credere una cosa senza capirla; è tutta questione di addestramento!”], Periodico di Matematiche, (V) 49, nn. 1-2, 32 (pezzullo tratto da de Finetti, 1965, La matematica e il profano, Scuola e città, n.9-10, 566-573).

de Finetti, F. (2010). L’insegnamento della Matematica secondo de Finetti. Periodico di Matematiche, v. 2, n.3, p. 11-17.

Paola, D. (2015). Bruno de Finetti e la didattica delle scienze matematiche in Anichini, Giacardi, Luciano (a cura di) La Matematica nella società e nella cultura , ISSN 1972-7356, Serie I,vol. VIII n. 3, dicembre 2015 Bologna. p. 239-250.

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