Vi proponiamo questa prima parte dell’intervista/recensione  a Giulia Bernardi e Roberto Lucchetti autori del libro “E’ tutto un gioco. Il dilemma del prigioniero e altri giochi non cooperativi”. Il libro è disponibile in rete, per esempio, qui e qui

Roberto Lucchetti è professore ordinario del Politecnico di Milano e si occupa di tutto-un-gioco-bernardi-lucchettiottimizzazione e di teoria dei giochi; è attivo anche nel campo della divulgazione scrivendo su libri e riviste e facendo parte del Consiglio Scientifico del Festival della scienza di Genova.  Informazioni sugli altri libri da lui pubblicati (come “Matematica al Bar” e “Di duelli, scacchi e dilemmi”) sono disponibili qui

Giulia Bernardi ha conseguito il dottorato al Politecnico di Milano sul tema della teoria dei giochi non cooperativi ed è attiva nel mondo della divulgazione (collaborando fra le altre cose anche con noi di “Math is in the Air”).

In questa intervista le loro risposte sono indicate dalle iniziali dei rispettivi nomi (G. e R.).

 


 

 

– Come è nata l’idea di scrivere questo libro sulla teoria dei giochi?

G: A me la proposta è arrivata direttamente da Roberto che un giorno mi ha detto:

“mi hanno proposto di scrivere un libro per ragazzi, ti interessa? Inizia a pensarci”.

Ovviamente per me era una bellissima opportunità che non mi sono fatta sfuggire, nonostante nel frattempo dovessi finire il mio dottorato e soprattutto avessi la tesi da scrivere!

– Come è stata l’esperienza di scrittura a 4 mani del testo?

G: Il segreto è stato… rileggere e rileggere! All’inizio ci siamo divisi i capitoli e ognuno si è occupato di una prima stesura di alcuni argomenti, a volte anche senza entrare nei dettagli, ma giusto per definire cosa volevamo che ci fosse. Poi ci siamo scambiati i testi in modo che l’altro potesse rileggere, ampliare, sistemare eccetera, e infine ognuno ha ripreso le sue parti per approvare le modifiche. Quando tutto il libro ha preso forma, abbiamo fatto varie riletture, in momenti diversi, per cercare di rendere tutto il più omogeneo e scorrevole possibile.

– Il vostro libro nella prima parte è pieno di interessanti esempi utilizzati per illustrare i giochi in forma strategica. Alcuni esempi sono veramente della vita di tutti i giorni come il caso della scelta delle vacanze al mare o in montagna e il problema del richiamare un amico al cellulare quando cade la linea. Potreste illustrare ai nostri lettori qualcuno di questi esempi?

G: L’esempio della telefonata con gli amici è uno di quelli che mi ha proposto Rotelefonata-cellulareberto durante uno dei primi corsi per ragazzi delle scuole superiori che abbiamo tenuto insieme e che da quando me l’ha raccontato… ha davvero cambiato il mio modo di affrontare le telefonate!

Immaginate di essere al telefono con un vostro amico e che ad un certo punto cada la linea. Che fare? Per riprendere la conversazione dovreste richiamare, ma se richiamate entrambi troverete la linea occupata! Mentre se entrambi aspettate di essere richiamati… rimarreste ore e ore in attesa. La soluzione migliore è che uno rimanga in attesa e l’altro richiami. 

Ma chi dovrebbe richiamare e chi rimanere in attesa? Per questo dovete accordarvi prima con i vostri amici… Io e Roberto abbiamo deciso che richiama sempre chi aveva chiamato in origine. Tenetelo presente se doveste telefonarci un giorno e dovesse cadere la linea!

– Ad un certo punto nel testo parlate di “eliminazione delle strategie dominate” e della classe di giochi indicata con l’espressione “tragedia dei beni comuni”. Di che cosa si tratta in questo caso?

G: L’eliminazione delle strategie dominate è uno dei principi su cui si basa l’ipotesi di razionalità dei giocatori: se ho a disposizione una “mossa” che, qualsiasi siano le scelte del mio avversario, mi fa guadagnare sempre di meno di un’altra mossa, allora non sceglierò mai la prima opzione perché appunto “dominata” dalla seconda. Questo principio è ereditato dalla teoria delle decisioni classica, con un solo giocatore: preferisco le decisioni che mi fanno guadagnare di più, in qualsiasi contesto, rispetto a quelle che mi fanno perdere (o che mi piacciono di meno).

I giochi all’interno della categoria “tragedia dei beni comuni” servono a mostrare come questo principio di razionalità individuale possa poi danneggiare non solo il benessere collettivo, ma anche quello del singolo. Situazioni descritte da giochi di questo tipo sono, ad esempio, quando le persone hanno a disposizione un’unica risorsa (come un campo da pascolo, un lago da cui pescare, una fonte di energia) da condividere, ma ogni giocatore agisce da solo cercando di migliorare il più possibile il suo guadagno. Questo può portare ad un guadagno maggiore nell’immediato ma ad una perdita sulla lunga durata o comunque a non sfruttare appieno le potenzialità della risorsa a disposizione.

– Che cosa sono le “strategie miste” e perché è utile introdurle?

G: Questa è addirittura una delle idee matematiche preferite di Roberto! ( vedi  questo articolo  ) 

R: Ci sono giochi, come ad esempio il tris, in cui giocatori razionali si comportano sempre nello stesso modo (cioè adottano sempre la stessa strategia), facendo sì che l’esito del gioco sia sempre lo stesso. E’ evidente che questo non è vero in altri giochi: pensiamo al classico sasso carta forbici, in cui è intuitivamente evidente che se un giocatore gioca sempre la stessa cosa, va a finire che gli altri se ne accorgono e lo battono. La domanda allora è: questi giochi vanno giocati senza nessuno schema comune, completamente a caso? Per esempio, potrei decidere di giocare lanciando una moneta, e se viene testa gioco sasso, se viene croce gioco forbici (carta non lo gioco, non mi piace). Ebbene, è facile intuire che non sto facendo una cosa intelligente: un avversario che capisce quel che faccio giocherà sempre sasso, e in un arco di tante partite ne vincerà parecchie. La domanda allora diventa: posso scegliere le probabilità con cui giocare sasso, carta e forbici in maniera che il mio avversario, anche sapendo che metodo uso, non ne possa trarre vantaggio? La risposta è sì, e non vale solo per questo gioco, ma per ogni gioco finito: esiste sempre un modo ottimale per assegnare probabilità alle varie mosse. E l’enunciato di uno dei teoremi più eleganti che abbia mai letto. Giocare una strategia mista significa esattamente assegnare queste probabilità. 

 – Molto interessante è la classe dei giochi chiamata “Hotelling games” che descrivono venditori in concorrenza fra loro. L’esempio da voi scelto è quello relativo alla migliore posizione di due negozi di gelati su una spiaggia. Il risultato migliore è per alcuni aspetti contro intuitivo. Ci potete spiegare perché?

R: L’unica decisione razionale per i gelatai è di piazzarsi esattamente nella stessa posizione gelato al mareal centro della spiaggia. In qualunque altra posizione proponessimo loro di mettersi, uno dei due non accetterebbe e si sposterebbe. Questo invece non accade se entrambi si collocano al centro. Questo più che contro intuitivo è molto frustrante per i bagnanti, per i quali la soluzione più gradita sarebbe che uno si ponesse a un quarto della spiaggia, l’altro a tre quarti: in questo caso i più sfortunati, al massimo, devono percorrere un quarto di spiaggia.

– Nel vostro interessante libro un intero capitolo dedicato ad analizzare l’equilibrio di Nash. Nel testo spiegate in modo davvero molto chiaro l’idea sviluppata da questo grande matematico. Pur non potendo essere esaustivi, potreste provare a dare una idea di quest’intuizione di Nash? 

G: L’idea di equilibrio di Nash è l’idea principale attorno a cui si è sviluppata la teoria dei

John Nash - Premio Nobel per l'economia nel 1994

John Nash

giochi non cooperativa. L’intuizione di Nash è stata quella di andare a cercare le situazioni del gioco in cui i giocatori non hanno un incentivo a modificare la propria strategia, immaginando che gli avversari mantengano la loro scelta. Ad esempio se io decido di richiamare il mio amico dopo che la linea è stata interrotta durante la nostra telefonata e immagino che lui aspetti che io lo richiami… allora ci troviamo in un equilibrio di Nash! A me non conviene non richiamare, sapendo che lui è in attesa che io richiami e a lui non conviene richiamare, perché sapendo che io sto per chiamare troverebbe la linea occupata.

– Un’altra curiosità è la definizione di “politopo convesso”? Cos’è e dove lo si incontra nella teoria dei giochi?

R: Un politopo convesso è, geometricamente, il risultato di un certo numero di diseguaglianze lineari. Un particolare tipo di disuguaglianze, che sono semplici da trattare, la cui struttura si può descrivere elegantemente, e che sono anche trattabili al computer. Nel senso che non è troppo lungo e costoso risolvere sistemi lineari di diseguaglianze con milioni di disequazioni e milioni di incognite. Se si esce dal lineare, tutto questo non è più vero. Nel piano, un sistema di disequazioni lineari può, per esempio, dare luogo a un poligono convesso (non necessariamente regolare)

– Una tipologia importante di giochi da voi affrontati sono i “giochi finiti a informazione perfetta”. Che cosa sono e quali giochi comuni rientrano in questa classe?

G: Gli scacchi, il tris, la dama, l’hex… I giochi finiti a informazione perfetta sono quei scacchigiochi, o quelle situazioni di interazione, in cui i giocatori hanno un numeri finito di mosse a disposizione (quindi giochi che possono durare tanto ma…non in eterno) e per cui i giocatori sono a conoscenza delle mosse a disposizione dell’avversario e vedono anche quali mosse vengono fatte durante il gioco.

Partendo proprio dall’analisi di giochi di questo tipo si è sviluppata quella che oggi chiamiamo “teoria dei giochi”. Immagino che tutti sappiate giocare a tris senza perdere mai, questo perché con un po’ di pratica è molto facile capire quali siano tutti i possibili esiti del gioco e prevedere le mosse dell’avversario per assicurarsi sempre il pareggio.

Questo, in teoria, vale per tutti i giochi a informazione perfetta che almeno dal punto di vista teorico potremmo risolvere scoprendo, se esiste, la strategia vincente per uno dei due giocatori o quella che gli permette di assicurarsi almeno il pareggio. Nella pratica però diventa molto difficile analizzare giochi più complicati del tris e quindi… continuiamo ad organizzare tornei di scacchi e sfidare i nostri amici a dama senza sapere chi sarà il vincitore.

Nell’ultimo capitolo, quasi una sorta di appendice, parlate della vita di alcuni dei protagonisti della teoria dei giochi. In particolare trattate Von Neumann, Nash, Zermelo e Aumann. Vi chiediamo di parlarci degli ultimi due perché forse meno noti. Qual è il contributo fondamentale di Zermelo alla teoria dei giochi che voi stessi scrivete essere poco noto agli stessi matematici?

R: Citiamo Zermelo perché un suo lavoro sugli scacchi, pubblicato nel 1913, viene talvolta considerato come il primo lavoro che comincia lo studio matematico sistematico di un gioco. Però Zermelo è noto ai matematici per ben altro: è lui che si è occupato di provare a fondare su basi assiomatiche la teoria degli insiemi

– Qual è, invece, l’apporto di Aumann?Aumann-teoria-giochi

R: Aumann ha dato un sacco di contributi alla teoria dei giochi, tanto da vincere un premio Nobel per l’economia nel 2005. Per citare due dei suoi contributi più interessanti, direi l’idea di equilibrio correlato nella teoria non cooperativa, e l’idea di valore per giochi cooperativi con un continuo di agenti. 

– Il libro, quasi in conclusione, riporta proprio con una bella citazione di quest’ultimo scienziato.  Condividete la definizione finale di “magnifico arazzo” come Aumann definisce la vita?

R: Io penso che la vita sia qualcosa di complicato, a volte molto doloroso, finora però per me è stata anche molto molto interessante: sono ancora pieno di curiosità….

 

 

 

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