Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo questo primo di tre contributi  contributi esterni di Giordano Colò.

Giordano, laureato in matematica, nella vita si occupa  di Machine Learning e AI in ambito cybersecurity per una grande banca.


Ogni corda è un colore differente, una voce differente.”

Andrés Segovia

arpa

Una concezione riduttiva e diffusa della Matematica la dipinge come linguaggio delle scienze e della Fisica in particolare.

E’ necessario però mostrare l’altro aspetto della disciplina, quello che ogni matematico reputa fondamentale: al di là della sua natura di “mezzo” attraverso cui rivelare la realtà fisica, la Matematica è una realtà vera e propria.

Perché questa premessa?

Quello che sto per raccontare è un orizzonte che si schiude solo a chi possiede lenti bifocali che considerino sia l’uno che l’altro aspetto della materia. Guardarlo senza avere ben chiara questa premessa comporterebbe il rischio di perdere le sfumature più vive.

Vecchie teorie e nuove prospettive

Veniamo al dunque.

Parleremo della geometria come chiave di comprensione dell’universo e, tenendo presente l’altra visione offerta dalle nostre lenti, di come le strutture trattate a questo fine abbiano avuto sviluppi e una realtà propria al di fuori della teoria per cui sono nate.

Ma partiamo con ordine dalla motivazione fisica.

Per spiegare le leggi che governano il mondo naturale abbiamo due teorie fondamentali: la relatività generale di Einstein, che funziona a grandi scale, e la meccanica quantistica per le scale più piccole. Sperimentalmente i dati di queste teorie danno risultati estremamente precisi.

L’unico problema che si pone è che queste teorie sono incompatibili tra loro.

La prima obiezione: se una funziona in un caso e l’altra nei restanti, perché preoccuparsi?

Perché l’universo ci ha posto dinanzi a oggetti che sono casi a metà strada tra l’una e l’altra scala di riferimento: nel centro di un buco nero, ad esempio, una massa grande è concentrata in dimensioni minuscole.

Con oggetti di questo tipo, piccolissimi ma pesantissimi, secondo l’approssimativa introduzione che ho fatto sulle due teorie, dovremmo usarle entrambe.

Qui sorge il problema. Insieme le due teorie non vanno d’accordo come dovrebbero.

Dovremmo immaginare quindi un universo che funzioni diversamente a diverse scale?

E’ qui che interviene la teoria delle superstringhe (conosciuta come teoria delle stringhe). Einstein spese parte della sua vita a cercare una teoria unificata senza riuscirci, anzi isolandosi dal filone della meccanica quantistica che allora era il campo di studi predominante (con la sua tipica ironia, scrisse che si sentiva “un vecchio solitario conosciuto ora solo per la sua avversione alle calze”, in realtà era come al solito in anticipo sui tempi).

La teoria delle stringhe cerca di dare una risposta al suo sforzo e ci mostra non solo che meccanica quantistica e relatività generale possono convivere, ma anche che una ha bisogno dell’altra.

Il prezzo da pagare, o, meglio, la bellezza intrinseca della teoria, è un nuovo cambiamento di prospettiva sui nostri concetti di spazio e tempo.

Viaggio nelle dimensioni

Partiamo per un viaggio nella materia.

Ora sto scrivendo sul mio foglio di carta e voglio indagarne la composizione ultima.

Usiamo la prima lente d’ingrandimento per vedere gli atomi. Ingrandiamo di più e arriviamo ai quark e agli elettroni (protoni e neutroni sono formati da quark), poi ancora ai muoni, ai mesoni ecc. Continuando ad ingrandire con dettagli superiori alle nostre capacità tecniche attuali, vedremmo che le particelle non sono puntiformi, ma consistono di laccetti, e cioè spazi ad una dimensione simili a circonferenze, chiamati stringhe.

Rimpiazzando la natura puntiforme della particella con quella di stringa riusciamo a risolvere il conflitto tra la meccanica quantistica e la relatività. Come vedremo, questo non è l’unico motivo per cui la teoria è diventata famosa.

A seconda dei modi di vibrazione, le stringhe generano diverse manifestazioni della materia.

L’universo funziona come un’arpa, la frequenza di vibrazione delle sue corde dà vita alle particelle, la cui massa e carica dipendono dalle oscillazioni della stringa. Lo stesso discorso vale per le forze.

La teoria è ancora in fieri mentre ne discutiamo a causa della sua originalità e della matematica sofisticata che ne è alla base.

Un aspetto necessario è che la teoria delle stringhe prevede, per i modi di vibrazione di cui abbiamo parlato, non solo l’esistenza delle 4 dimensioni a cui siamo abituati ma di altre 6 dimensioni (nella versione più popolare).

Traducendolo in linguaggio matematico, lo spazio N in cui si muovono le stringhe contiene dimensioni nascoste.

Nel prosieguo N deve essere considerato uno spazio a 10 dimensioni, di cui 4 sono le usuali introdotte con la relatività (tre spaziali più il tempo), mentre le altre 6 sono spazi chiamati varietà di CalabiYau di dimensione 6 (sotto indicati con la lettera M). Approfondirò cosa si intende per varietà e per spazio di CalabiYau tra poco.

$$N\approx R^4\times M$$

Per adesso perdonatemi l’introduzione di 6 dimensioni in più nel vostro spazio, anche se muovendo la mano per scorrere l’articolo le state attraversando senza accorgervene.

Siamo arrivati dunque al punto che volevo mostrarvi dopo un’introduzione di cui perdonerete la lunghezza.

Introduciamo la simmetria speculare.

Come la relatività, anche la Teoria delle stringhe ha forti nessi con la geometria.

Una delle conclusioni più sorprendenti a cui si giunge è che, se nella geometria “ordinaria” una circonferenza di raggio R e una di raggio 1/R sono diverse, nella teoria delle stringhe accade che esse possono essere fisicamente indistinguibili. Il passo successivo di ogni buon matematico è generalizzare e chiedersi se non sia vero che spazi di forma differente in generale siano indistinguibili per la teoria.

Questo fenomeno avviene ovviamente nelle 6 dimensioni introdotte prima.

A questo punto potete obiettare giustamente che ancora non ho spiegato con chiarezza cosa sia uno spazio di Calabi-Yau e che quindi queste 6 dimensioni non siano ancora messe a fuoco.

Rimedio subito.


Calabi-Yau

Arriviamo ai luoghi in cui passeggeremo nel viaggio di scoperta della simmetria speculare. Visto che le dimensioni in cui muoverci sono 6, avremo bisogno di buone cartine e di buon senso dell’orientamento.

Prima di descriverli, vi mostrerò una foto. Notate che il problema che abbiamo nel visualizzare lo spazio è avere 6 dimensioni in un foglio che ne contempla 2 ma a questo siamo abituati: quando disegniamo o facciamo una foto rinunciamo sempre a qualche dimensione (Picasso e Braque avrebbero protestato su questa affermazione; gli chiedo scusa in anticipo!).

Ecco qui uno spazio di Calabi-Yau:

img_teoria_stringhe

Al di là di quello che vedete, questi spazi risulteranno molto gradevoli quando avremo i mezzi giusti per conoscerli.

Poco sopra li ho introdotti con il nome di varietà. Per spiegarla con poche parole e a grandi linee, una varietà è uno spazio localmente simile allo spazio euclideo che ben conosciamo.

Più su ho parlato di cartine per orientarci. Ecco, se localmente sono simili allo spazio euclideo, su questi spazi possiamo avere le stesse cartine che usiamo per viaggiare sulla Terra, anch’essa solo localmente simile ad un piano. L’esempio della Terra mostra che globalmente in genere questi spazi non si comportano così bene: considerate la curvatura della sfera terrestre, molto diversa dal piano bidimensionale su cui la rappresentiamo.

Lasciamo però le sottigliezze relative al problema per un altro articolo. Per ora basta aver fatto chiarezza sul concetto di varietà.

Il nome Calabi-Yau invece fa riferimento ai due matematici che scoprirono queste strutture.

Calabi concepì l’idea: parto da uno spazio con una distribuzione di materia. Ora, supponiamo che questa quantità sia zero, cioè lo spazio non abbia materia. La domanda di Calabi è: può esserci gravità anche se lo spazio è vuoto?

Vorrei far presente a tal proposito che Calabi pose la domanda per uno spazio a qualsiasi dimensione, questo a testimonianza di come la questione non fosse fisica e fosse relativa a realtà matematiche. Infatti Calabi disse che l’idea “non aveva niente a che fare con la fisica. Si trattava rigorosamente di geometria”.

Calabi non fece esattamente la domanda come presentata sopra, ma per approfondire la questione ci sarebbe bisogno di scrivere pagine e pagine su strutture differenziali complesse. Ai nostri scopi basterà questa versione estremamente semplificata.

Yau rispose affermativamente alla domanda. Esistono varietà del tipo richiesto da Calabi (chiamate Ricci-piatte). Per dare risposta a questa domanda, che implicava il concetto di gravità, bisognava considerare l’equazione di Einstein.

In questa equazione si uguaglia il flusso della densità di materia e momento in un punto a una parte della curvatura totale del nostro spazio (quello che viene chiamato tensore di Ricci).

Vista la domanda di Calabi, bastava che questa “parte di curvatura totale” fosse uguale a zero.

Ecco, il bastava non era poi così semplice! La parte di curvatura totale da uguagliare a zero è un sistema di dieci equazioni differenziali alle derivate parziali non lineari.

Perché Calabi sollevò la questione? L’idea fondamentale alla base è il concetto di uniformità. Trovare strutture del tipo richiesto implicava che, anche con una conoscenza parziale dello spazio, avrei potuto trarre conclusioni sulla sua totalità.

Yau provò che l’equazione di Calabi ha infinite soluzioni e che le soluzioni di questa equazione (caso speciale dell’equazione di Einstein) sono spazi.

Pur essendo una scoperta matematica, diede un impulso decisivo alla fisica.

La teoria delle stringhe aveva bisogno di dieci dimensioni per preservare la simmetria.

Perché?

Ogni teoria che si candida ad essere una teoria unificata deve prevedere una simmetria, principalmente per la coerenza con la meccanica quantistica, che deve esserne un ingrediente fondamentale.

Per produrre ciò che vediamo nel nostro Universo, le stringhe hanno bisogno di dieci dimensioni anche per un fenomeno chiamato “cancellazione delle anomalie”.

Lo spazio a 6 dimensioni da aggiungere alle 4 conosciute è uno spazio nascosto, che non vediamo perché è compattificato.

Alla base di quanto detto finora ci sono concetti di analisi geometrica molto sofisticati che hanno preso parte alla congettura di Calabi e allo stesso tempo ne hanno complicato la soluzione.

img_teoria_stringhe2

Il nostro spazio e le dimensioni nascoste

Simmetria speculare

Dopo aver descritto i nostri spazi, possiamo parlare di ciò di cui mi occupo: la simmetria speculare e la sua formulazione matematica.

Riepilogando: stiamo camminando e attraversando le nostre 4 dimensioni ma siamo ormai esperti esploratori delle 6 nascoste (su cui ormai non ci perdiamo più, avendo le equazioni per misurarle e per conoscerne la forma).

10 dimensioni sono necessarie affinché le stringhe vibrino e generino ciò che vediamo nell’Universo. Un aspetto di cui non ho ancora parlato è che gli spazi di Calabi-Yau, come intricate ciambelle, possono avere dei buchi. Questi buchi sono decisivi perché determinano i modi di vibrazione della stringa. Pensiamoci: i buchi in 6 dimensioni possono essere difficili da immaginare (si pensi a un buco tridimensionale o 5-dimensionale in uno spazio del genere). Fortunatamente la matematica offre strumenti che ci permettono di contarli e di conoscerli precisamente.

Il modo di vibrazione delle stringhe però non dipende dalla dimensione dei buchi ma dal suo numero totale. Quindi una varietà con un buco monodimensionale e una con uno tridimensionale avranno sì forma diversa, ma daranno luogo a universi fisici con lo stesso numero di famiglie di particelle. Restringiamo la condizione: voglio che tutte le proprietà fisiche dei due universi di forma diversa coincidano.

Come risultato ho due spazi con proprietà geometriche differenti ma che danno origine allo stesso Universo se usati per compattificare le dimensioni extra della teoria delle stringhe.

La simmetria speculare può così spiegare la fisica delle stringhe e allo stesso tempo la matematica degli spazi di Calabi-Yau.

I matematici hanno caratterizzato questi spazi senza sapere delle applicazioni fisiche future, i fisici hanno scoperto che alcuni di questi sono strettamente interconnessi.

Capirete che tutto ciò è uno strumento di indagine in più: se sto calcolando proprietà in uno spazio dove i calcoli diventano impossibili, posso saltare nello spazio speculare e diminuire la complessità dei calcoli.

È come dover contare delle palline da golf ammassate in un silos gigante e improvvisamente sapere che quel silos viene riempito con 10000 scatole di palline. Basterà contare quante palline può contenere una singola scatola. In questo modo contarle in uno spazio una ad una diventa molto più difficile che contarle in un altro spazio come quello rappresentato dalla scatola.

Ora il problema matematico è: come spiegare formalmente questa simmetria speculare e i suoi fondamenti geometrici?

Sono stati fatti molti passi avanti in risposta a questa domanda da quando è stata posta.

C’è un passo in più da fare (ed è quello che ho approfondito più a lungo): se ho una varietà di Calabi-Yau come posso costruirne un’altra che sia ad essa speculare nel modo in cui prevede la teoria delle stringhe?

Questa sfida è stata raccolta da Strominger, Yau e Zaslow con una congettura conosciuta come congettura SYZ, ma per ora meglio fermarsi qui.

Abbiamo camminato e ci siamo persi in dimensioni nascoste, cercando nella matematica gli strumenti necessari per orientarci; abbiamo dato uno sguardo a un’idea di modellazione dell’universo ma, cosa più importante, abbiamo potuto fare esperienza di come le realtà matematiche costituiscano non solo delle strade verso luoghi a cui vogliamo giungere, ma anche e soprattutto delle vette da cui osservarli nella loro interezza.

CC BY-NC-SA 4.0
This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 4.0 International License.