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Prof. Mikhail Shifman, fisico teorico. Immagine da https://www.physics.umn.edu/people/shifman.html

Perché abbiamo bisogno della ricerca teorica in fisica? Che cosa significava essere un giovane scienziato nell’Unione Sovietica? E infine, quali caratteristiche deve avere un bravo studente di fisica? Il prof. Mikhail Shifman, medaglia Dirac e membro della National Academy of Sciences, risponde a queste ed altre domande per Math is in the Air. Mikhail (Misha) Shifman, fisico teorico russo basato negli Stati Uniti, è uno dei più importanti studiosi in cromodinamica quantistica e in teoria quantistica dei campi.

MM: Professore, può dirci qualcosa del Suo percorso scientifico, dalla Russia agli Stati Uniti?

MS: La mia carriera scientifica è iniziata negli anni ’70. Ero uno studente della laurea specialistica a Mosca, all’Istituto di Fisica Teorica e Sperimentale (ITEP), dal ’72 al ’76. E’ stato un periodo fortunato per i giovani nella fisica delle alte energie: è stato il tempo di grandi scoperte sperimentali. I teorici erano guidati dalle innovazioni negli esperimenti. Io sono arrivato un po’ tardi: la mia vita sarebbe stata completamente diversa se avessi iniziato un anno prima, poiché sono diventato studente della specialistica nel 1972, al tempo in cui si è provato che il modello di Yang-Mills era rinormalizzabile ed è apparso il modello di Weinberg-Salam. Poco dopo, nella primavera del 1973, è stata scoperta la libertà asintotica della teoria di Yang-Mills. Si è trattato dell’inizio della Cromodinamica Quantistica (QCD), la teoria delle interazioni forti.

ITEP, Institute for Theoretical and Experimental Physics di Mosca. Fotografia da Wikipedia.

Non ho dunque avuto la possibilità di partecipare nel momento iniziale, ma sono entrato nell’argomento molto presto, specialmente dopo la rivoluzione del novembre del 1974, quando sono state scoperte le particelle con quark charm. Ho vissuto attraverso questi anni di generale entusiasmo. E’ stato un periodo davvero entusiasmante. I giovani dovrebbero lavorare su cose nuove! E’ molto più facile costruire una carriera in questo modo. Vi è minore competizione se le scoperte avvengono quasi settimanalmente.

Così, ho partecipato ai primi momenti della QCD. Un altro evento fortunato per me è stata la supersimmetria — la prima seria espansione dello spaziotempo dopo Einstein. E’ stata inventata nel 1971, a Mosca, prima da Golfand e Likhtman e tre anni dopo al CERN da Wess e Zumino.

Non ho dapprima prestato molta attenzione alla supersimmetria. Non vi erano evidenze per un suo supporto empirico. All’inizio degli anni Ottanta, mi sono interessato ad un aspetto completamente diverso della supersimmetria, i fenomeni non perturbativi. Questi fenomeni avvengono durante l’accoppiamento forte (strong coupling). Nel 1982, Zakharov e Arkady Vainshtein mi hanno suggerito di considerare gli effetti di accoppiamento forte nella teoria supersimmetrica di Yang e Mills. Questo mi ha schiuso la via verso una nuova direzione di ricerca che è estensivamente considerata ancora oggi.

A proposito della mia vita personale. A partire dall’inizio degli anni Ottanta, ho ricevuto inviti a dare talks durante conferenze internazionali, sia per dare che rivedere talks o lectures. In fisica teorica, scambi di idee e nuove idee dall’esterno sono molto importanti. Non mi era tuttavia permesso di lasciare l’URSS. Almeno, non fino a quando Gorbachov è salito al potere, il che è accaduto nel 1985. E dopo, con la Perestroika, nel 1989, sono stato invitato per un anno per un incarico di lecturer in Svizzera, all’Università di Berna. Il corso sarebbe dovuto durare due semestri: si trattava dunque di un viaggio di medio termine. Ho tentato di ottenere un permesso dalle autorità, ed è accaduto un miracolo: mi è stato consentito di partire con la mia famiglia. In precedenza sarebbe stato del tutto inconcepibile, ma questa volta, dopo parecchie avventure, ho finalmente avuto il permesso di andare a Berna. Ma senza mia figlia maggiore, che sarebbe dovuta rimanere a Mosca come “ostaggio”. Ho iniziato a tenere delle lectures lì, e dopo, anche nostra figlia maggiore ha avuto il permesso di raggiungerci. Un altro miracolo. Ho visitato i laboratori più importanti di molte università per parlare di fisica con i miei colleghi. Nella primavera del 1990 l’URSS è divenuta instabile, il che mi rendeva nervoso. D’altro canto, ero in qualche modo felice. Il giorno dell’invasione sovietica della Cecoslovacchia nel 1968 ha aperto gli occhi. Ho compreso che l’ideologia del comunismo è disumana.

L’Unione Sovietica è collassata in un anno o due. Tutti gli ostacoli sono stati eliminati. Nella primavera del 1990 mia figlia maggiore, che studiava in una università vicino Mosca, ha ottenuto un visto di uscita per raggiungerci, ed esattamente in quel momento, ho ottenuto una lettera che non mi aspettavo.

Larry McLerran, che è un teorico al confine tra fisica nucleare e fisica delle alte energie, mi ha mandato una lettera informandomi che il suo istituto di recente apertura alla University of Minnesota aveva alcuni posti liberi per professori senior, e mi ha invitato a venire. Sono stato invitato a visitare il Minnesota. Siamo andati lì, tutta la mia famiglia. Ho ricevuto offerte anche da un paio di altri posti, ma abbiamo deciso di accettare l’offerta di McLerran poiché vi erano alcune persone nel suo istituto che conoscevo molto bene dalla Russia. Inoltre Minneapolis è una bella città, con molti eventi culturali. E non eravamo tanto spaventati dal freddo, che ci ricordava gli inverni a Mosca com’erano trent’anni prima.

Ci siamo trasferiti fra l’agosto e il settembre del 1990, e cioè ventinove anni fa! Ci siamo stabiliti lì e non ho mai avuto rimpianti. E’ un buon posto. Vi ho fatto molta buona fisica, e i miei figli sono cresciuti qui. Penso che il nostro istituto sia molto bello.

In Russia, il nostro gruppo all’ITEP era uno degli migliori nell’URSS — è stata la mia salvezza dalle follie del mondo esterno attorno a me. L’ITEP era molto isolato. Le riviste arrivavano con molto ritardo. Era difficile riportare i risultati ottenuti. Ma era quello che avevamo lì, il cosiddetto socialismo sviluppato. L’isolamento mi dava molto fastidio. Questa è una delle ragioni per le quali ho deciso di non tornare a Mosca, o almeno non immediatamente. Ho ricevuto un paio di offerte dalla Germania e dalla Francia, ma ho comunque deciso di accettare l’offerta dal Minnesota. Amo l’Europa, è la mia cultura, ma negli Stati Uniti è più facile iniziare una nuova vita da zero.

Fine Theoretical Physics Institute della University of Minnesota a Minneapolis, negli Stati Uniti. Immagine da http://www.ftpi.umn.edu/

MM: Durante la Sua carriera, Lei ha ricevuto molti premi, inclusa la medaglia Dirac. Quale premio Lei considera come il più importante, e quale Le è più caro?

MS: Nel 1999 ho ottenuto il mio primo riconoscimento, ed è stato davvero incoraggiante! E dopo, numerosi altri premi. In particolare, il Premio Lilienfeld nel 2006 significava due cose, poiché è assegnato per i traguardi in fisica teorica e per l’abilità di spiegarli al pubblico. Comunicare con il pubblico è il mio hobby.

Ho scritto un libro sulla storia della meccanica quantistica negli anni Trenta e Quaranta — i più grandi traguardi, che sono stati raggiunti a dispetto del mondo folle in cui i fisici vivevano in Europa e nell’URSS a quel tempo. Il lavoro ha richiesto molti fine settimana. Vi ho lavorato esclusivamente per soddisfazione personale.

La meccanica quantistica, la teoria quantistica dei campi, e la fisica nucleare sono le mie preferite dai giorni della scuola nell’Unione Sovietica. Ho studiato le lezioni di Landau, utilizzando il suo famoso corso di fisica teorica in otto volumi.

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I fisici Eugenia (Genia) Kannegiser e Rudolf Peierls. Foto da https://www.atomicheritage.org/profile/eugenia-peierls

Ho recentemente pubblicato un libro basato sulle lettere fra Sir Rudolf Peierls and sua moglie  Genia Kannegiser, ebrea russa.

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La loro vita è stata piena di avventure e disavventure, d’amore e di fisica. Questo libro è anche basato su documenti d’archivio, memorie di amici e parenti, e conversazioni con le loro figlie. Genia Kannegiser proveniva da una grande famiglia degli Mandelshtam che è adesso quasi scomparsa. Ha dato alla Russia Osip Mandelshtam, probabilmente il più grande poeta del Ventesimo secolo. E’ morto in un Gulag.

Dopo il Lilienfeld Prize ho ricevuto, come premio, la cattedra Blaise Pascal del CNRS in Francia. Un anno trascorso lì è stato proprio un bel periodo. Ero circondato da brave persone.

E, infine, nel 2016 è arrivato il premio Dirac…

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Medaglia Dirac dell’ICTP (International Centre for Theoretical Physics) di Trieste. Da sinistra: A. Vainshtein, M. Shifman, and N. Seiberg. Foto da http://www.ftpi.umn.edu/news/

MM: Medaglia Dirac: può descriverci, in poche parole, la ricerca che ha condotto a questo premio prestigioso?

MS: Ho ricevuto la medaglia Dirac nel 2016. E’ stata particolarmente importante per me per due ragioni. Primo, è attribuita per significative scoperte nella fisica teorica. Secondo, mi sono ritrovato in buona compagnia: Witten, Zeldovich, Polyakov, Zumino, Gross, Green, Schwarz, Wilczek, Parisi — tutti miei amici e persone che ammiro.

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Arkady Vainshtein. Foto da https://www.physics.umn.edu/people/vainshte.html

Ho ricevuto la medaglia Dirac con Nathan Seiberg and Arkady Vainshtein. Arkady è mio collaboratore dal 1973-74, abbiamo scritto moltissimi articoli insieme. Si è infatti trattato di un mio maestro non ufficiale. Fondamentalmente, la maggior parte di quello che ho imparato, l’ho imparato da lui quand’ero studente a Mosca. E’ recentemente andato in pensione, ma siamo ancora in contatto.

Nathan Sieberg è un giovane fisico teorico israeliano, che ha si trova da molti anni a Princeton. Svolgeva un notevole lavoro riguardante argomenti che si sovrapponevano con la nostra ricerca precedente, come accoppiamento forte e supersimmetria. Insieme a Witten ha portato immensamente avanti la ricerca in quest’area. Si tratta di un campo ancora oggi molto vivo e fiorente. Nathan è un fisico teorico eccezionale. Non l’avevo mai incontrato personalmente prima del mio arrivo negli Stati Uniti. A Mosca ero solito leggere quasi tutti i gli articoli di cui era autore già al loro arrivo. Anche gli articoli di Witten. Mi hanno molto ispirato.

Nathan Seiberg. Foto da Wikipedia

MM: Siamo oggi abituati alle email e a veloci comunicazioni via internet. Com’era fare ricerca e comunicare negli anni Settanta nell’Unione Sovietica?

MS: Dunque, una volta ogni tanto, qualcuno dall’Occidente veniva al nostro istituto. Mi ricordo che   James Bjorken era solito venire abbastanza spesso, così come Marshall Baker. Queste visite in una piccola misura interrompevano il nostro isolamento. Qualche volta le persone partecipavano ad alcune conferenze a Mosca e altrove nell’URSS. Ma erano occasioni rare. Inoltre, per poter partecipare ad una di queste conferenze, si necessitava di un permesso speciale. Mi ricordo che mi era stato negato questo permesso per Neutrino-75.

Noi potevamo scrivere lettere. Lettere indirizzate fuori dall’URSS richiedevano un altro permesso speciale. Qualche volta era necessario attendere settimane o mesi prima che la lettera indirizzata ad un indirizzo occidentale arrivasse. Potevamo inviare i nostri articoli a riviste europee. E indovina un po’… erano ancora necessari un certo numero di permessi. Nell’Unione Sovietica era difficile comunicare con i colleghi occidentali. La dottrina ufficiale era che tutti erano nemici per default.

Ho scritto un breve articolo su questo. Dall’articolo puoi comprendere le condizioni di isolamento e come siamo sopravvissuti.

MM: L’isolamento non era però sempre qualcosa di negativo. In contrapposizione al “publish or perish”, il prof. Shifman scrive:

“Adesso vorrei menzionare un aspetto ulteriore che mi preoccupa oggi, una grande pressione esistente nelle nostre comunità, per restare nel ‘mainstream’ [corrente principale, flusso], per lavorare soltanto lungo direzioni alla moda e su problemi ai quali, al momento, si lavora in decine di altri laboratori. Questa pressione è particolarmente dannosa per i giovani che hanno poche alternative. Ovviamente, una certa quantità di coesione è necessaria, ma la scala del fenomeno di cui siamo testimoni adesso è malsana, oltre ogni dubbio. L’isolamento del gruppo teorico dell’ITEP aveva un effetto positivo. Tutti, inclusi i membri più giovani, potevano permettersi di lavorare su problemi non appartenenti alla moda del giorno, senza pubblicare una sola riga per un anno o due. D’altronde, a chi importava che cosa noi stessimo facendo lì? Era ok”.

Sulle ammissioni all’ITEP, il professore prosegue: “ITEP era più di un istituto. Si trattava del nostro rifugio dove la follia della realtà circostante era, se non eliminata, ridotta ad un livello sopportabile. Fare fisica era qualcosa che dava un significato alle nostre vite, rendendole interessanti e persino felici”. Le ammissioni erano difficili, e “persino studenti brillanti, i quali erano troppo orientati verso la matematica, come Vadim Knizhnik, ebbero difficoltà nel superare questi esami”.

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Vadim Knizhnik, immagine da http://ru.paperblog.com/vadim-knizhnik-432212/, blog in russo del prof. Shifman.

Vadim Knizhnik ha vissuto soltanto venticinque anni, ma il suo contributo alla fisica matematica è stato rilevante; include sviluppi nella teoria delle stringhe e nella geometria algebrica, come descritto concisamente nel necrologio pubblicato dal Circolo Matematico di Palermo.

Scrive il professore Shifman: “Avevamo una meravigliosa sensazione di stabilità nella nostra piccola fratellanza. Una sensazione molto rara nei laboratori occidentali dove un vortice di postdocs, visitatori, [studiosi in] anni sabbatici andavano e venivano, vi erano molti nuovi volti, e molte persone delle quali non ti importava molto. [All’ITEP] Le regole di sopravvivenza erano molto severe. Prima di tutto, i seminari — adesso noti nel mondo con i famosi seminari in stile russo. Il primo obiettivo dello speaker era quello di spiegare al pubblico i suoi risultati, non soltanto di pubblicizzarli. E se i risultati erano non banali, o punti oscuri o discutibili emergevano nel corso del seminario, le due ore standard non erano sufficienti per concludere. Il seminario poteva dunque proseguire per tre o persino quattro ore, fino a quando non fosse tutto chiaro o [si arrivasse] al completo esaurimento, qualunque cosa fosse venuta prima”.

“I report scientifici dei pochi scelti per viaggiare all’estero per una conferenza o soltanto per collaborare per un po’ con fisici occidentali erano un indiscutibile elemento della routine dei seminari. Partecipare ad una conferenza per A o B non era affatto considerato un fatto personale di A o B. Piuttosto, si credeva che questi pochi fortunati fossero i nostri ambasciatori, e dovevano rappresentare l’intero gruppo. In termini pratici, questo significava che, una volta che andavi ad una conferenza, ti poteva venir richiesto di presentare importanti risultati degli altri membri del gruppo. Dovevi inoltre seguire  quante più presentazioni fosse fisicamente possibile, incluse quelle non esattamente appartenenti al tuo campo, prendere appunti dettagliati e, dopo essere ritornato, fornire una relazione esaustiva di tutti i nuovi sviluppi discussi, tutte le domande interessanti sollevate, dicerie, eccetera. I ‘rumors’ scientifici, così come tutte le impressioni non scientifiche, erano una sorta di dessert esotico, generalmente servito dopo le nove. Mi ricordo che, dopo la sua visita in Olanda, Simonov disse di essere rimasto molto sorpreso nel vedere per la strada molte persone sorridenti. Disse che non riusciva a comprendere come mai apparissero così rilassate. E aggiunse che ne aveva finalmente compreso il perché: <<…perché non erano preoccupati di costruire il comunismo…>>. Questa osservazione divenne quasi immediatamente nota al “Grande Fratello” che ovviamente ci osservava ogni sera, come al solito, e costò a Simonov alcuni anni di un’improvvisa “inspiegabile allergia” a qualsiasi esposizione all’Occidente”.

MM: Qual è la nazionalità dei fisici con cui Lei collabora?

MS: Il mio primo articolo è stato pubblicato nel 1972, vale a dire, 47 anni fa! Alcuni anni fa ho contato ben 64 diversi collaboratori da ogni parte del mondo. Questo numero è in crescita. Mi è sempre piaciuto lavorare insieme ad altri, non solo dopo essermi trasferito negli Stati Uniti, ma anche nell’Unione Sovietica. Dal 1990, da quando sono negli USA, ho collaborato con americani, francesi, italiani, svizzeri, tedeschi, russi, inglesi, israeliani… dovunque le persone si occupassero di fisica teorica.

MM: Perché abbiamo bisogno di ricerca astratta in fisica teorica nel mondo di oggi?

MS: Vi sono molte motivazioni. La tecnologia viene dopo la teoria. Negli ultimi trent’anni, abbiamo avuto Internet, Google, social networks, smartphones, Whatsapp, GPS e molte altre cose che hanno cambiato il mondo, hanno reso tutti migliori. E non soltanto in Europa e Nord America: in India, Africa, Sudamerica — dovunque — le persone utilizzano i computer e imparano molto, parlano con i loro amici e parenti a migliaia di chilometri di distanza, comprano libri e vestiti e così via. E tutto questo è una conseguenza della scoperta dei transistors nel 1947 da parte di Bardeen, Brattain e Shockley, settant’anni fa. La ricerca di base è un investimento nel futuro. E’ un investimento costoso, ma senza di esso, il futuro dei nostri figli e nipoti non sarà migliore. Particolarmente costosa è la ricerca nella fisica delle alte energie. Mi affretto ad aggiungere che il World Wide Web, un sottoprodotto della ricerca al CERN, ha ripagato dieci o forse cento volte. Un altro esempio è l’MRI [risonanza magnetica]. Nessuna clinica moderna può funzionare senza di essa. Molti anni fa la risonanza magnetica negli atomi era una parte della ricerca di base. Nella storia dell’umanità le persone hanno sempre fatto cose che difficilmente apparivano di utilità pratica per la società. Considera Galileo: chi poteva pensare che gli esperimenti a Pisa avessero gettato le basi per ogni singola macchina oggi in funzione? Al suo tempo, il gettare le palle dalla torre di Pisa da parte di Galileo era davvero incomprensibile. Egli ha però aperto per noi la strada della fisica; tutto è basato su questo.

La fisica teorica e la fisica sperimentale sono cresciute oggi come in un grande albero. Tutto quello che fanno i fisici necessita di soldi, di risorse. Vi sono ovviamente delle limitazioni poiché la società non è infinitamente ricca, e dopo tutto è la società nel complesso che paga per la ricerca di base. Dunque è necessario stabilire delle priorità. Alcuni progetti possono richiedere cinque anni, altri dieci, altri ancora venti. I finanziamenti provengono dai fondi pubblici. Perciò, il pubblico ha voce in capitolo. Le persone acculturate possono avere conoscenze nel settore; la loro opinione è rilevante ed importante.

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Alcune persone saranno sempre contro progetti scientifici costosi come gli acceleratori: questo è il caso di Sabine Hossenfelder, nota fisico e scrittrice, interessata ai fondamenti della fisica. E’ autrice di un recente libro intitolato Lost in Math: How Beauty Leads Physics Astray. Lei è una fervente oppositrici di futuri acceleratori. Capisco le sue motivazioni. Fino ad un certo punto sono d’accordo con le idee espresse in questo libro. Ma sono in disaccordo con le sue conclusioni. Se fermi lo sviluppo di una certa area, le persone che vi lavorano andranno altrove. La cultura scientifica e tecnologica risiede nelle persone. E’ come la fiaccola olimpica, trasmessa di mano in mano. In Germania, Hitler ha costretto un centinaio o due fra i migliori scienziati a lasciare il Paese. Non troppi, vero? Ma erano i migliori. Adesso, settant’anni dopo, la ricerca in Germania è lontana dal dominio globale — il livello che aveva negli anni Dieci e negli anni Trenta. Perché? La catena è stata spezzata. La generazione che avrebbe dovuto sostituire Born ed Einstein non era lì. Una generazione mancante è abbastanza per perdere tutto quello che è stato accumulato in precedenza. La Germania investe adesso molto denaro nella scienza, ma mi azzarderò a dire che non raggiungerà mai lo status che aveva prima di Hitler. Se iniziamo a costruire acceleratori in dieci o quindici anni a partire da adesso (quando si spera che le persone decidano di rinnovare gli esperimenti in fisica delle alte energie) non vi sarà nessuno che possa farlo o insegnare ai giovani. Nessuno, che possa trasmettere la fiaccola olimpica agli studenti. Se una generazione è distrutta, è veramente difficile ripristinare questa connessione.

Perciò, a differenza di Sabine, credo che abbiamo almeno bisogno di qualche progetto in fisica delle alte energie per mantenere viva la cultura scientifica.

MM: E’ davvero affascinante: la scienza risiede nelle persone, e, in particolare, in professori e studenti. Questo mi ricorda la creazione artistica e le scuole artistiche, dove la trasmissione di conoscenza da maestro ad allievo è cruciale.

Può dirci qualcosa della Sua relazione con il mondo delle arti, e, in particolare, con la musica e le arti visive?

MS: Sono un grande fan della pittura! Ho chiare opinioni riguardanti quello che mi piace o che non mi piace. Cerco di sostenere giovani artisti russi acquistando i loro dipinti. Generalmente hanno prezzi accessibili. Ho una piccola galleria a casa, forse una decina di dipinti o giù di lì. Per quanto riguarda la musica, è un problema — non ho un buon orecchio. I miei nipoti hanno l’orecchio assoluto, e suonano il pianoforte (tre di essi) e il violino (uno di essi). Forse hanno ereditato il talento musicale da mia moglie, che canta molto bene.

MM: Quali caratteristiche dovrebbe avere un bravo studente di fisica?

MS: Un bravo studente deve essere molto curioso. Deve inoltre fare alcuni compromessi nella sua vita, sacrificare qualcosa: la fisica richiede molto sforzo e tempo, tantissimi viaggi, pochi amici… Anche l’etica del lavoro è molto importante. Ogni problema, quando inizi a lavorarvi, sembra molto difficile. E’ importante essere in grado di superare le esitazioni iniziali. Un bravo studente deve leggere molto, frequentare corsi di buoni docenti, parlare con i suoi pari, ed esaminare attentamente nuovi libri e articoli. E’ molto utile trovare un gruppo di pensatori a te vicino. Se sei solo, è estremamente difficile, se non impossibile, essere un bravo studente. La scienza è così vasta adesso, e ci si può facilmente perdere.

Non apprendi solo dai libri, ma anche dalle persone: hai bisogno di altre persone attorno a te con le quali discutere dei progetti. Avere attorno a te soltanto cinque o sei persone interessate ad un argomento è una benedizione. Vi è un interessante articolo sulla questione, scritto da un Premio Nobel per la Fisica, Gerard ’t Hooft.

MM: Grazie Professore!

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Il prof. Shifman ed io dopo la discussione della mia tesi di dottorato tra musica e matematica, alla University of Minnesota, School of Music.

Traduzione di M. Mannone. Testo originale:
http://www.mathisintheair.com/eng/2019/05/12/why-physics-matters-an-interview-with-mikhail-shifman

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