Foto0Riceviamo e, molto volentieri, pubblichiamo questo contributo inviatoci da Matteo Calò studente di ingegneria al Politecnico di Torino.  L’articolo, come leggerete, affronterà nel dettaglio il fenomeno del “cuore in un caffè”.  Ringraziamo Matteo per questo contributo.


Capita, talvolta, d’assistere a curiose esibizioni della Natura, alle quali fanno spesso da palcoscenico i più ordinari oggetti di uso quotidiano.
Per quelli di voi che ci fanno caso, anche prendere un caffè al bar può tradursi nell’assistere ad uno spettacolo, dove a danzare sono i raggi di luce di una lampada; e nella tazzina che avete davanti compare la loro elaborata coreografia cuoriforme:


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Indipendentemente dal fascino che simili accordi tra pareidolia e leggi fisiche possano suscitare in questo lettore, ritengo che “matematizzare” fenomeni di questo tipo nulla tolga alla poesia ch’essi generano, ed anzi, conferisca loro valore. In questa breve trattazione cercheremo perciò di dare forma matematica al fenomeno qui in foto.

Si può intuire quale sia stato il motivo della scelta del titolo “IL CUORE IN UN CAFFÈ”: il fenomeno ottico che studieremo nelle prossime pagine è quello che comunemente si osserva sulla superficie di un liquido contenuto in una tazza opaca, le cui pareti non si lasciano attraversare dalla luce e che piuttosto assorbono quest’ultima o la riflettono, come vedremo, sulla superficie della bevanda in modo da comporre una figura che ricorda vagamente il simbolo di un cuore $$\heartsuit$$.

Qui di seguito altre fotografie (al posto del caffè si utilizza qui del latte, perché il contorno della figura nelle fotografie appare più chiaro):


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Voglio riportare anche una nota “storica”: quando ho pensato per la prima volta di analizzare il fenomeno ero convinto che la figura venisse fuori da un gioco di ombre, piuttosto che di luci; ovvero, la parete più vicina alla fonte luminosa “scherma” quest’ultima e i raggi che riescono a terminare sulla superficie del caffè delimitano la figura in questione. Comunque, è bastato fare alcune prove (modificare la posizione della tazza rispetto alla fonte di luce, alzare e abbassare il livello del liquido) per concludere che non fosse questa la ragione; del resto, un gioco di ombre in effetti si crea e può essere osservato contemporaneamente al “cuore”, ed esiste indipententemente da quest’ultimo; ha un confine di forma ellittica, come si può qui osservare:

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Si distinguono chiaramente 3 aree ad illuminazione diversa: la zona A è quella di nostro interesse, illuminata sia dalla luce diretta della lampada che dai raggi riflessi dalla parete di sinistra; la zona B è quella non illuminata dai raggi riflessi; la zona C è quella in ombra a causa della parete destra del contenitore (la luce proviene qui da una fonte posta in alto a destra).

Appurato che la causa generatrice della figura cuore è da ricercarsi nella riflessione dei raggi di luce sulle pareti interne della tazza (un’ulteriore conferma è data dal fatto che, coprendo leggermente la parete riflettente della tazza con del nastro adesivo o con un tessuto scuro, il contorno della figura sulla superficie del liquido si attenua fino a sparire), occorre modellizzare il sistema e stabilire le ipotesi che guideranno la trattazione. Quanto a queste ultime, si procederà:

  1. supponendo che la fonte di luce sia molto lontana (o che comunque le dimensioni della tazza siano trascurabili rispetto alla distanza di questa dalla fonte di luce);
  2. supponendo che i raggi vengano riflessi una sola volta dalle pareti della tazza.

L’ipotesi 1 permette di modellizzare la luce come composta da un fascio di raggi paralleli, almeno in prossimità della nostra tazza; è un’ipotesi ragionevole, viste le dimensioni medie di una sala da pranzo e di una tazzina da caffè.

L’ipotesi 2, forse un po’ meno ragionevole all’apparenza (ne verrà comunque discussa la validità alla fine della trattazione), permette di ridurre il numero di casi da studiare separatamente per arrivare alle formule esplicite della superficie in questione.

Entrambe le semplificazioni possono comunque, volendo, essere evitate; il metodo che propongo di seguito è applicabile anche nel caso in cui le due ipotesi siano false, e si invita il lettore a sviluppare tale caso più generale sulla falsa riga di quella che sarà la strategia adottata in questa trattazione (si tratta dunque di semplici semplificazioni a scopo di alleggerire la mole di calcoli senza, come vedremo, interferire in maniera graficamente significativa sul risultato).

Nella prima parte della trattazione che segue verrà sviluppata una strategia per esplicitare le equazioni parametriche dell’area illuminata sulla superficie del liquido; nella seconda parte verrà discussa l’equazione del bordo di quest’ultima; nella parte finale verranno riassunti e discussi i risultati importanti e le ipotesi esposte in questa premessa.

Si noti che la trattazione ha un filo logico piuttosto semplice: consiste nella naturale impostazione di un problema di natura ottica, la cui comprensione presuppone le sole conoscenze del liceo; tuttavia, mi auguro che il lettore possa trovare piacevole seguire nella trattazione e trovi interessanti gli approcci tentati davanti a “ostacoli” come saranno  (o, perlomeno, sono stati per me),  per esempio, l’identificazione di quali fattori influenzano il dominio entro cui varieranno i parametri che definiscono la superficie e la ricerca dell’equazione del bordo di questa.

PARTE PRIMA: LA SUPERFICIE

Il fenomeno ottico in studio può essere osservato in tazze di diversa dimensione e forma, sebbene la figura possa apparire più o meno distorta in funzione della forma delle pareti interne della tazza. Per questa trattazione scegliamo una tazza di forma cilindrica, come quella in foto ad inizio trattazione: 

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ma si può procedere seguendo la medesima strategia anche per tazze di forme diverse, come quelle tronco-coniche o semisferiche.

Scegliamo dunque un sistema di riferimento cartesiano e modellizziamo la nostra tazza come un cilindro di raggio 1 ed asse coincidente con l’asse z, che si estende per le $$z \in [0,H],$$ con $$H\in \mathbb{R^+}$$. In questo sistema, la tazzina è stata posizionata in modo da avere la superficie del liquido ad altezza $$z=0$$ (dunque la superficie su cui verrà disegnata la nostra figura giace sul piano OXY); in effetti, l’eventuale estensione della tazza inferiore a $$z=0$$ non contribuisce al fenomeno ottico in studio, dal momento che non espone superfici riflettenti, essendo le pareti della tazza sotto la superficie completamente sommerse dal liquido (H rappresenta dunque la differenza di altezza tra la superficie del liquido e il piano passante per i punti più in alto della tazza). Quanto ai raggi di luce, in accordo all’ipotesi fatta questi devono provenire da una fonte lontana e giungere paralleli in prossimità della tazza. Il problema è per il momento a simmetria cilindrica, dunque ogni direzione è equivalente; scegliamo di far provenire i raggi di luce da una fonte di luce virtualmente posta con il centro in un punto F lontano dall’origine, con $$x_F=0, y_F>0, z_F>0$$; i raggi dunque sono modellizzati da rette parallele al piano OYZ (i punti su ciascuna retta mantengono dunque coordinata x costante), formanti con il piano OXY angoli costanti. Il versore direttore di ciascun raggio è dunque nella forma $$V=0\cdot u_x – 1\cdot u_y – m\cdot u_z$$ (dove $$u_x, u_y, u_z$$ sono i versori fondamentali associati agli assi del sistema di riferimento scelto) o come scriveremo più sinteticamente: $$V=(0,-1,-m)$$, dove il coefficiente m è un numero reale positivo indice dell’inclinazione dei raggi rispetto al piano OXY. Scelto V in questa forma, detto $$\alpha$$ l’angolo acuto formato dai raggi di luce con il piano OXY, segue immediatamente che $$\tan(\alpha)=m$$.

In questo sistema di riferimento l’equazione del cilindro è $$x^2+y^2=1$$, con $$z\in [0,H]$$; i raggi possono essere parametrizzati come l’insieme di tutte le rette dello spazio di vettore direttore V=(0,-1,-m); un modo per esplicitarle è considerarle come l’applicazione di un multiplo di V ai punti appartenenti al piano $$y=2$$, dal momento che tutti i raggi devono necessariamente attraversare tale piano (anche qualora la fonte di luce avesse centro tra y=1 e y=2, i loro prolungamenti oltre la fonte di luce intersecherebbero tale piano).

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Nelle viste 1 e 2 qui sopra sono stati evidenziati alcuni tra gli infiniti raggi di luce (in colore rosso) che attraversano il piano $$y=2$$ (in colore arcobaleno) e si avvicinano alla tazza (in colore violetto); si noti che alcuni raggi non intersecano affatto la tazza, altri la intersecano sulla parete y>0, altri sulla parete y<0 venendo riflessi all’interno; questi ultimi sono quelli che creano la zona particolarmente luminosa sulla superficie del liquido.

Detto $$A=(p,2,q)$$ un generico punto sul piano $$y=2$$, i raggi sono dunque dati da rette nella forma $$r: A+t\cdot V = x\cdot u_x + y\cdot u_y + z\cdot u_z $$, ovvero:

formula1_caff


L’idea è di far “rimbalzare” il generico raggio r sulla parete interna della tazza. Espongo qui il filo logico della dimostrazione che verrà presentata:

  1. intersecheremo la generica retta r con il cilindro e troveremo il punto B in cui il raggio viene riflesso dalla parete della tazza;
  2. fatto questo, costruiremo la nuova retta $$s: B+V_f\cdot \omega$$ che mostra le direzione guadagnata dal raggio di luce DOPO la prima rifrazione sulla superficie interna (con $$V_f$$ si indica dunque il nuovo vettore direttore);
  3. infine, intersecando s con il piano $$z=0$$ espliciteremo il generico punto C (funzione dei parametri p e q associati al punto A da cui siamo partiti) appartenente alla superficie incognita descritta da tutti i raggi riflessi sulla superficie del liquido.

(nel caso del cilindro, in realtà, sono sufficienti considerazioni geometriche elementari per determinare i punti di riflessione; quella che sviluppiamo qui è però una strategia applicabile in generale per tazze e raggi qualsiasi).

Abbiamo già la retta r; dal momento che i raggi provengono dal semispazio $$y>0$$, il generico punto B di contatto tra il raggio e la tazza si troverà sulla parte di cilindro nel semispazio $$y\le0$$ (la parte di tazza che coincide dunque con la sua parete interna esposta alla luce). Per questo, intersecando la retta r con il cilindro sceglieremo come B il punto soluzione avente $$y$$ negativa:

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La seconda equazione ha soluzioni $$t_1=2-\sqrt{1-p^2}$$ e $$t_2=2t\sqrt{1-p^2}$$. Per $$t=t_1$$ e $$t=t_2$$ la $$y$$ del punto B sulla retta assume, rispettivamente, i valori:

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Il valore di t che garantisce un punto B con $$y$$ negativa è dunque $$t_2$$. Sostituendo nella retta, troviamo che le coordinate del punto B sono:

mat_caf1

Si noti che questo porta ad una prima limitazione sul dominio di variazione del parametro p, che compare nell’argomento di una radice quadrata: $$p\in [-1,1]$$. In effetti, se il raggio parallelo a $$OYZ$$ partisse da un punto con ascissa maggiore di 1 o minore di -1 non intersecherebbe il cilindro.

Occorre adesso determinare la retta $$s: B+V_f\cdot\omega$$. Conosciamo il punto B, ma dobbiamo ancora determinare il vettore direttore $$V_f$$ che stabilisce la direzione del raggio di luce dopo la riflessione….


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