C’era una volta in America… e in Sicilia. La storia a stelle e strisce si interseca a più riprese con quella della Trinacria, e spesso queste intersezioni non nulle passano per i bit dei computer, anche dei primi computer, sconosciuti ai più.

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Bandiera americana. Immagine tratta da https://cultura.biografieonline.it/bandiera-americana-storia/

Questa intervista tratta un tema un po’ insolito per “Math is in the Air”: racconta una pagina di storia delle scienze computazionali. Lo sviluppo dell’informatica, infatti, non è soltanto parte integrante della ricerca matematica, ma fornisce uno strumento di calcolo ormai indispensabile a tanti ricercatori nel campo della matematica applicata, della fisica e dell’ingegneria.

Baldassare Antonini è un architetto e un inventore, pioniere nel mondo dei computer, soprannominato “Benny” dagli Americani che approdarono sulle coste siciliane nel settembre 1943, poco prima della sua nascita. Originario della valle del Belìce, l’architetto Antonini è stato uno dei protagonisti della ricostruzione post terremoto, anche grazie ai primissimi calcoli antisismici.

Personalità altamente poliedrica, al suo attivo ha vari brevetti, ma anche, fra le altre cose, anche dei lavori di narrativa, fra cui un romanzo sulle “vite parallele” di due siciliani fuori dalla norma e dalla legge: Salvatore Giuliano e Antonio Catinella detto “Sataliviti”.

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L’architetto Benny Antonini

M.M. Potresti raccontare ai nostri lettori del tuo incontro con Steve Jobs nella Silicon Valley?

B.A. Precisiamo che il mio incontro non si è svolto nella Silicon Valley, bensì è avvenuto in occasione della Convention di Dallas, sul mercato elettronico Downtown di Dallas.

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Downtown di Dallas. Immagine tratta da Wikipedia.

Come titolare della Compitant, ovvero Computers Italiani Antonini, all’ingresso della manifestazione mi era stato dato un Badge che mi identificava come un visitatore speciale, un addetto ai lavori.

Per questo motivo ero stato preso in considerazione dall’“inavvicinabile Steve”.

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Steve Jobs. Fotografia tratta da Wikipedia.

Avevamo avuto un’interessante conversazione che, essendosi prolungata fino alla chiusura della giornata espositiva, era stata di comune accordo prolungata per una cena di lavoro.

Mi presentai puntuale al ristorante prescelto e parlammo di una serie di cose interessanti, sempre nel campo della nascente attività del micro computer e micro computing.

Steve Jobs mi fornì anche una chicca riguardante la sorprendente fortuna di Bill Gates che, da anonimo titolare della semisconosciuta Microsoft, si era trovato con una enorme commessa dalla IBM.

Mi spiegò che il sistema operativo migliore sul mercato era quello della Digital Research a cui inizialmente si era rivolta IBM per inserirlo nel proprio PC (il primo con questo nome).

Quando la centralinista della stessa D.G. ricevette la prima chiamata da IBM, pensò che si trattasse di una burla, e gridò, chiudendo il telefono: “Ragazzi, smettetela di fare scherzi!”

Alla seconda chiamata, fatta direttamente da un dirigente IBM, la stessa perspicace fanciulla rispose con parolacce.

A quel punto IBM decise che avrebbe adottato qualsiasi sistema operativo, ma non Digital Research.

E da lì nacque tutta la fortuna di Bill Gates, anche se il suo sistema operativo continua a essere… molto criticato!

La conversazione andava avanti, piacevolissima. Ma, al momento di pagare, ecco che Steve, estratto il portafogli, mi annunciò che aveva dimenticato la carta di credito.

E fu così che pagai io la memorabile cena a Steve Jobs.

M.M. Dai floppy disk grandi alla trasmissione di dati via internet, sei stato testimone dell’evoluzione del computer. Potresti raccontarci questo percorso?
Dall’architettura all’informatica, qual è il tuo percorso di studio e ricerca?

B.A. Dai floppy ad Internet. Quanta acqua sotto i ponti…
In principio non c’erano i floppy (solo da 8”), ma i nastri di un comune registratore.

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Uno dei primi floppy disk, prodotto dalla Compitant. La moneta da 10 centesimi dà l’idea delle dimensioni del dischetto.

Infatti per caricare il sistema operativo standard, ovvero il BASIC, si doveva attendere circa 8 – 10 minuti.

Poi compariva il famoso asterisco: “*” e questo significava che si poteva cominciare a programmare.

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Una breve codice in Applesoft BASIC. Immagine tratta da Wikipedia

Immaginate un qualsiasi errore, anche banale… Si doveva ricominciare daccapo!

E questo era niente se si possedeva un computer col sistema operativo già inserito in EPROM.
I dolori erano quando si doveva caricare il bootstrap per il sistema operativo. Si doveva utilizzare il codice ottale per l’inserimento a Byte!

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I misteriosi elementi di “Matrix” sono ispirati a cifre arabe e a caratteri giapponesi, e il colore verde su sfondo nero riecheggia l’ambiente di programmazione in BASIC.

Poi nacquero i microcomputer “da tavolo”, apparecchi da collegare al televisore e con una risoluzione orrendamente bassa. Fatta eccezione per altri che disponevano di un monitor a fosfori bianchi o verdi.

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Uno dei primi computer da tavolo. Immagine tratta da Wikipedia

In quel tempo vennero fuori i Floppy disk da 5”, più piccoli e adattabili a lettori   di circa 20-25 centimetri per 15, contro 45-60 cm per 25 dei lettori da 8”.

Ulteriore evoluzione: i floppy divennero a doppia densità e poi doppia faccia doppia densità.

Sembrava quasi una favola. Alcuni raggiungevano una capacità di  oltre 256 KB! Sì, avete capito bene: quasi 300 KB. E con quelli è stata fatta la storia delle applicazioni su vasta scala.

E fu proprio su quella scia che si inserì IBM. Vide lì il futuro dell’informatica per applicazioni  minori o minime, ma con una grande fetta di mercato da conquistare.

La memoria centrale partiva da 16 KB per arrivare, nei modelli più potenziati, a 64KB!
Una vera delizia.

E con quelle macchine noi del settore abbiamo sviluppato programmi complessi come calcoli di strutture, calcoli di impianti tecnici, computi metrici per le costruzioni.

Infine passammo alla rappresentazione grafica, facendo eseguire esecutivi delle strutture in cemento armato con lo schema delle armature, utilizzando una sequenza di trattini e punti. Le stampanti di allora erano a matrice di punti, con matrici da 7 o 9 punti.

(Con queste ultime potevano essere rappresentati i caratteri minuscoli che andavano sotto il rigo!)

E questo è stato anche il mio percorso di lavoro: utilizzare il computer di allora che lavorava solamente col BASIC per la realizzazione di lavori professionali impensabili prima di allora.

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Terremoto nella Valle del Belice, in Sicilia. Immagine da: https://www.grandangoloagrigento.it/focus/valle-del-belice-51-anni-fa-il-tremendo-terremoto-nessun-passo-avanti-nella-ricostruzione

 M.M. Come si svolgevano i calcoli antisismici?

B.A. In principio si usò la semplice esecuzione dei calcoli delle strutture seguendo i metodi iterativi (Metodo del Cross o del Kyoshi Muto), poi comparve l’uso del calcolo matriciale utilizzando algoritmi già sviluppati da altri programmatori per gli usi più disparati.

Ma la parte più complessa era sempre la grafica. E quella veniva risolta con degli specifici escamotages che richiedevano uno studio ed una inventiva tutta particolare.

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Il logo della Compitant, Computers Italiani Antonini.

M.M. Cos’è la Compitant?

B.A. La Compitant, ovvero Computers Italiani Antonini, era una ditta singola che volli creare per la costruzione e la commercializzazione di computer in Campobello.

Ritiravo direttamente dagli Stati Uniti schede elettroniche e materiale primario che integravo con componenti facilmente reperibili sul mercato italiano, riuscendo in questo modo a realizzare dei computer che, per quell’epoca (parliamo del 1981, 1982, ma anche anni precedenti) rappresentavano veramente una innovazione.

Poi il mercato internazionale della componentistica specifica (per intenderci memorie RAM e  microprocessori) entrò in crisi per l’espansione eccessivamente rapida del mercato, e i produttori (vedi ad esempio Texas Instruments, INTEL, AMD MOTOROLA ed altri) non furono più in grado di soddisfare le richieste.

Noi costruttori fummo costretti a fare delle ordinazioni di massa già programmate.

Forte di un portafoglio di ordini dall’Italia e dall’Estero, mi presentai al Banco di Sicilia per chiedere un finanziamento per fare il grande salto.

Nessuno ci crederebbe: non solo non mi fu data alcuna apertura di credito, ma mi fu imposto il rientro di quanto mi era stato anticipato, perché (sic) il Banco di Sicilia “non poteva finanziare salti nel buio”.

E da lì la Compitant dovette chiudere i battenti.

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Torri eoliche. Immagine tratta da Wikipedia. In alcune nazioni le torri eoliche sono dipinte a colori, allo scopo di risultare più visibili per gli uccelli e dunque meno pericolose.

M.M. Come è venuta l’idea delle torri eoliche in Sicilia?

B.A. Le torri eoliche in Sicilia furono un’idea di alcuni costruttori inglesi di un ottimo modello di turbine eoliche. Cominciammo, dopo mille difficoltà burocratiche, urbanistiche e perfino di calcolo delle strutture, col costruire una prima torre eolica e turbina nelle campagna di Petrosino, a poca distanza da Marsala. A questa sarebbero dovute seguire altre gemelle. Purtroppo entrò come presidente dell’ENEL un tale Chicco Testa, un giovanotto arroccato nelle sue chiuse convinzioni sull’ambientalismo.

Disattendendo le leggi che imponevano all’ENEL l’acquisto calmierato dell’energia elettrica prodotta dalle torri eoliche, causò di colpo uno stop a quell’attività.

Per amore di cronaca, va detto che la stessa riprese in larga scala dopo la liberalizzazione del mercato.

M.M. Quali sono i tuoi brevetti più recenti?

B.A. I miei brevetti più recenti riguardano il campo energetico, fra cui il brevetto già concesso dal Ministero riguardante un pannello per la produzione dell’acqua da aria atmosferica.

Un altro brevetto utilizza l’aspirazione dell’aria al posto dell’insufflazione della stessa con relativo riscaldamento per gli asciugamani elettrici.

Ma non posso parlare ovviamente degli altri progetti che sono in via di brevettazione.

M.M. Che consiglio daresti a studiosi e inventori in erba?

B.A. Osservate. Esaminate attentamente il mondo attorno a voi senza dare mai per scontato quanto vedete, ma cercate di pensare: “Io cosa farei al posto dei costruttori convenzionali?”, “Come vedo la soluzione più semplice?”.

Ricordate che niente è ovvio o immutabile. Una cosa che nasce per andare su strada può andare per mare? Può andare per aria? Come posso migliorare il mondo che è attorno a me?

Questo è il Mantra che ognuno deve sempre considerare.

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