Prof. Giovanni Organtini

Pubblichiamo questa intervista a Giovanni Organtini, professore associato di Fisica Sperimentale dell’Università Sapienza di Roma e  autore del libro “Fisica con Arduino”.

L’intervista si incentra proprio su questo testo (disponibile in rete per esempio qui e qui) e, più in generale, su alcune riflessioni sull’uso del laboratorio nella didattica della fisica.


Com’è nata l’idea di scrivere questo libro?

Quando ho iniziato a usare Arduino, per risolvere un problema che avevamo nel nostro esperimento, ho subito capito che poteva essere una risorsa straordinaria per cambiare radicalmente il modo in cui si fa esperienza di laboratorio nelle scuole (e, a dire il vero, anche nelle Università). Così, nella mia veste di referente per il Piano Lauree Scientifiche del Dipartimento di Fisica di Sapienza, nel quale sono previste azioni per la formazione insegnanti, ho avviato, a partire dal 2016, un’attività loro destinata affinché imparassero a usarlo proprio a questo scopo. 

Finora ci sono state quattro edizioni della “Scuola di Fisica con Arduino e Smartphone”, cui hanno partecipato quasi 80 insegnanti e aspiranti tali. L’idea è che, attraverso la realizzazione di questi esperimenti, gli studenti imparino meglio la fisica e, al contempo, acquisiscano le competenze necessarie per far funzionare la scheda, che sono molto più generali e faranno parte delle conoscenze dei ragazzi, una volta che si saranno diplomati, aumentando le loro possibilità di crescita professionale.

Nel corso dell’ultima edizione, un rappresentante della casa editrice Zanichelli, che era venuto a conoscenza dell’attività, ha chiesto di poter assistere e ne è rimasto così colpito da chiedermi di scrivere il libro. D’altra parte, era da tempo che i partecipanti chiedevano una forma di supporto per le loro lezioni e così ho accettato.

Per chi è pensato il testo?

Il testo è pensato per gli studenti delle scuole superiori. Vi sono descritti, infatti, esperimenti di fisica, fatti con Arduino e materiale facilmente reperibile, su argomenti tipici dei corsi di questo tipo, presenti nelle indicazioni nazionali per i licei. 

Abbiamo pensato che si potesse adottare il libro nel triennio. I primi esperimenti, che riguardano la meccanica e la termodinamica, argomenti tipici del terzo anno di liceo, sono descritti con un certo dettaglio e introducono progressivamente alla programmazione di Arduino. Prima s’impara a fare le misure più semplici, poi, man mano, si forniscono informazioni sempre più approfondite e gli esperimenti si fanno più interessanti. In pratica il linguaggio s’impara parallelamente alla fisica. Gli esperimenti per gli anni successivi, invece, sono descritti solo in linea di principio, assumendo che il lettore abbia ormai imparato la tecnica.

In questo modo il libro è snello, ma durevole. E poi si lascia un po’ del lavoro alla creatività e alla progettualità dei lettori. Lo stile poco formale del testo si presta bene anche per essere letto dai semplici curiosi: persone che hanno già concluso il loro percorso scolastico, ma vogliono imparare a usare questo strumento in modo stimolante e originale.

Nell’introduzione al libro si parla  di “ecosistema  Arduino”. Può spiegare ai lettori che non dovessero conoscerlo in che cosa consiste?

Nelle scienze naturali, un ecosistema è l’ambiente in cui nascono e si sviluppano le specie viventi. Nella tecnologia è l’ambiente nel quale nascono e si sviluppano le invenzioni. Se l’ambiente è favorevole, gli individui che lo popolano crescono in modo prosperoso.

Arduino, di per sé, non è una tecnologia così innovativa e dirompente. Tutti gli elementi esistevano da tempo. L’idea geniale è stata quella di mettere insieme tutto e poi consentire agli utenti di accedere al codice sorgente del software e ai progetti dell’hardware, in tutti i loro dettagli. Questo ha favorito il diffondersi della piattaforma e ampliato enormemente la platea degli sviluppatori, facendo rapidamente diventare Arduino lo standard “de facto”. Un po’ come è successo a suo tempo per Linux. L’ecosistema dunque è tutto ciò che ruota attorno alla scheda: il software, gli accessori e i loro produttori, ma sopra tutto gli utenti e le piattaforme attraverso le quali si scambiano le informazioni.

Del resto, abbiamo visto cosa può fare un ecosistema aperto proprio in questi mesi, in cui le case farmaceutiche e gli istituti di ricerca, invece di ostacolarsi a vicenda, hanno collaborato scambiandosi informazioni per giungere alla scoperta di più vaccini anti-COVID in tempi che poco tempo fa sarebbero stati impensabili.

Per la scuola, gli ecosistemi aperti sono fondamentali perché favoriscono il diffondersi della conoscenza. Avere accesso al codice o ai progetti di qualcosa che funziona permette di imparare come e perché funzionano. Di fatto ci si copia l’uno con l’altro, ma a fin di bene, con l’obiettivo di imparare e condividere quanto si è imparato con altri.

In particolare lei evidenzia che l’uso di Arduino permette, come lei scrive,  di “acquisire competenze trasversali”. In che modo?

Il libro è, di fatto, un manuale di laboratorio di fisica. Ma facendo esperimenti di fisica s’impara a usare Arduino, i cui principi di funzionamento sono alla base delle moderne tecniche di automazione industriale. S’impara a programmare e le competenze nel coding, nel nostro tempo, sono importantissime. L’elettronica che è necessario imparare è davvero ridotta al minimo: quasi a zero. Ma il suo utilizzo invoglia a saperne di più.

Poi c’è tutto quello che ha a che fare con l’ecosistema: se vogliamo contribuire allo sviluppo dobbiamo pubblicare i nostri lavori e così s’impara a scrivere (in italiano e in inglese), a illustrare i progetti, a comunicare in maniera efficace. Anche cercare informazioni sulla rete è una competenza importante da acquisire, e negli ecosistemi aperti è di capitale importanza.

Il libro è suddiviso in cinque capitoli che affrontano diversi argomenti di fisica. Può indicarci come è impostato ogni capitolo?

Il primo capitolo illustra come eseguire la misura più semplice possibile attraverso un sensore analogico. Nel farlo spiega le basi fondamentali del funzionamento di Arduino, ma discute anche i metodi che si utilizzano, in generale, per interpretare correttamente i risultati di una misura.

Il secondo introduce l’uso dei pin digitali per mezzo dello studio del moto lungo un piano inclinato e all’uso delle basette per i collegamenti. Approfittiamo dell’occasione per introdurre ulteriori elementi della programmazione di Arduino, spesso trascurati nei tutorial che si trovano in rete.

Esempio d’esperimento proposto nel testo “Fisica con Arduino” (immagine tratta da account Twitter di G. Organtini)

Il terzo capitolo spiega l’utilizzo delle strutture di selezione nel codice per mezzo dello studio delle forze elastiche e del moto di un pendolo. L’analisi delle misure, poi, comincia a farsi più complessa e lo studente comincia a rendersi conto delle differenze che ci sono tra un modello e la realtà, pur nella consapevolezza che di tutti gli aspetti problematici rispetto a un modello semplificato si può opportunamente tenere conto con considerazioni tutto sommato semplici.

Nel quarto capitolo cominciamo a studiare l’uso dei protocolli di comunicazione digitale, applicati a misure sulla fisica dei gas e di calorimetria. S’impara così a usare una resistenza, i LED, i servomotori e le schede SD.

L’ultimo capitolo è dedicato all’illustrazione di alcuni semplici, ma efficaci, esperimenti per lo studio delle onde e dell’elettromagnetismo. Ormai lo studente ha imparato tutto ciò che serve per usare efficacemente Arduino, quindi questo capitolo è interamente dedicato alla progettazione degli esperimenti.

Ritiene che questo libro possa essere utilizzato anche da persone (quindi non solo insegnanti) che non hanno una particolare formazione su alcuni argomenti (per esempio il coding o alcuni aspetti dell’elettronica di base)?

È stato scritto proprio con questo obiettivo. Così come nei tradizionali manuali di programmazione c’è il programma “Hello, world!”, la cui analisi permette di introdurre le basi del linguaggio, nel mio libro c’è un semplicissimo programma per acquisire i dati di un sensore d’intensità luminosa, la cui descrizione permette di spiegare come funziona, in generale, la programmazione di Arduino (e non solo).

Allo stesso modo, lo studente impara a selezionare una resistenza senza neanche conoscere la Legge di Ohm. Impara dall’esperienza, descritta nel libro.

Di più. Se qualcuno ha già una conoscenza di base di Arduino, col mio libro può anche imparare un po’ di fisica proprio come farebbe un ricercatore. Nell’analisi degli esperimenti, ho ridotto le conoscenze di fisica richieste al minimo. Gli esperimenti non si fanno per “verificare” una legge fisica, ma per “scoprirla”.

In che modo questo libro potrebbe aiutare docenti e studenti nelle loro attività a scuola, in particolare quella di laboratorio?

La prima attività a esser stata cancellata durante i periodi di lockdown è stata quella di laboratorio, laddove c’era. Con Arduino gli esperimenti si possono fare a casa. Ma questo è solo un vantaggio contingente: il libro, infatti, è stato concepito nell’autunno del 2019, quando di COVID ancora non si parlava. La verità è che l’importanza del laboratorio di fisica è dimostrata da tutte le ricerche in didattica della fisica, ma quasi sempre si riduce a guardare la prestazione di un tecnico di laboratorio come spettatori. Per capire la fisica che è scritta sui libri non basta ricordare qualche formula e, forse, aver assistito a qualche esperimento. Gli esperimenti bisogna farli. Con questo libro gli esperimenti si possono far fare a scuola o a casa, al posto dei classici compiti, a piccoli gruppi di studenti. 

Uno studente una volta mi ha scritto per ringraziarmi d’averlo introdotto ad Arduino, perché aveva imparato più fisica facendo l’esperimento che gli avevo proposto che in un intero anno di corso.

Negli ultimi anni lei ha organizzato diversi incontri di formazione con dei docenti di scuola per introdurli all’uso di Arduino. Ci può raccontare questa sua esperienza?

Come ho detto, sono stati proprio questi incontri di formazione ad aver prodotto le condizioni per la scrittura di questo libro. L’esperienza, credo, dovrebbero raccontarla gli insegnanti. Io vi posso dire che entrano non sapendo nulla o quasi di programmazione e di Arduino ed escono, dopo tre giorni, che si considerano dei veri e propri maker. Specialmente i laureati in matematica, che difficilmente hanno avuto l’occasione di fare attività di laboratorio durante gli anni dell’Università, si sentono finalmente fiduciosi nella loro capacità di realizzare esperimenti significativi e densi di contenuti. L’ambiente è frizzante e ricco di entusiasmo. A fine giornata bisogna spingere i partecipanti a tornare a casa, tanto è l’impegno profuso per vedere i risultati delle proprie fatiche.

La scuola si svolge su tre giorni. La prima mattina è dedicata a lezioni frontali sulla programmazione di Arduino e sull’uso delle App per smartphone per fare esperimenti. Nel pomeriggio, ai partecipanti, divisi in gruppi da 3, chiediamo di progettare un esperimento sulla base di quanto appreso, assistiti da noi. La mattina seguente iniziamo con la “shopping session”: ci rechiamo in massa in un negozio di casalinghi e compriamo tutto il necessario. Per dimostrare che esperimenti seri si possono fare anche con pochi euro e usando materiale semplice. Il resto del tempo è dedicato alla realizzazione dell’esperimento e alla sua analisi. L’ultimo pomeriggio ogni gruppo illustra il proprio esperimento agli altri.

Alcune idee per usare Arduino a scuola lei le aveva presentate in questo articolo pubblicato sul nostro blog (link qui) e in rete di trovano anche altri esempi di progetti. Pensa che la presenza in rete di questo materiale sia “un’arma in più” a disposizione di chi volesse a cimentarsi con Arduino?

Decisamente sì. Con alcuni colleghi di ogni parte del mondo stiamo mettendo su un servizio che fa riferimento al sito smartphysicslab.org, sul quale vogliamo ospitare tutte le proposte di esperimento che giudichiamo interessanti, in un formato adatto a essere usato a scuola o all’Università, facilmente personalizzabile. Siamo appena partiti e abbiamo chiesto un finanziamento alla UE, per questo. Speriamo bene. Intanto potete visitare il prototipo del sito e gli insegnanti posso chiedere di essere inseriti nelle liste di discussione.

Pensa che Arduino possa svolgere un ruolo anche nella didattica a livello universitario?

Anche in questo caso la risposta è sì. Dopo un po’ di tempo, sono riuscito a convincere i miei colleghi a sperimentarlo. Quest’anno, per la prima volta, una delle classi di laboratorio del primo anno di fisica sarà sotto la mia responsabilità e faremo esperimenti usando anche Arduino. Sono in contatto con un gruppo di ricerca in didattica che si occupa di valutare l’efficacia didattica di approcci alternativi, al fine di misurare gli effetti di questa sperimentazione. Sono convinto che ci saranno sorprese interessanti.

Un altro fronte su  cui lei impegnato è l’utilizzo dello smartphone per realizzare esperimenti di fisica, in particolare l’uso della App Phyphox. Può raccontare qualcosa su questa App ai nostri lettori?

È un’App fantastica. La migliore in assoluto nel suo settore, perché pensata da fisici per la fisica. Con phyphox si possono eseguire misure usando il proprio smartphone che farebbero invidia a strumentazione dedicata e professionale. È veramente incredibile. Rispetto ad Arduino è molto facile da usare: non richiede d’imparare l’uso di un linguaggio di programmazione, per esempio. Questo, da una parte, è un limite, perché “nasconde” all’utente una componente fondamentale di ogni esperimento che è il controllo dell’acquisizione dei dati. Ma integrando i due approcci abbiamo il vantaggio di poter fare molti esperimenti usando lo smartphone e qualche esperimento chiave usando Arduino, raggiungendo così un livello di partecipazione attiva nell’apprendimento che non si è mai riusciti nemmeno a immaginare, con gli approcci tradizionali.

Quali sono i suoi progetti per il futuro nel campo della didattica della fisica?

Sta per essere pubblicato un altro libro di esperimenti di fisica, questa volta dedicato alla didattica universitaria, da parte della casa editrice Springer, in lingua inglese. Ma per quanto mi riguarda questo è un lavoro già finito, o quasi.

Mi piacerebbe scrivere un libro di fisica del tutto privo di formule matematiche. Ma, attenzione, non perché pensi che la matematica non sia utile. Tutt’altro. Il mio obiettivo è far incuriosire qualcuno a tal punto, spiegando la fisica sul serio, non come si fa in contesti divulgativi, da fargli venire la voglia di studiarla, finalmente, un po’ di matematica. Sto già lavorando alla sua struttura con questo obiettivo.

Poi mi piacerebbe produrre una serie di filmati per la soluzione di problemi che non sia la solita collezione di esercizi risolti che non insegna praticamente nulla. La capacità di risolvere un esercizio è una competenza che s’impara e anche lì ci sono regole da seguire e trucchi da sfruttare. L’idea sarebbe quella di far vedere come si sceglie la strategia risolutiva di un problema, sulla base di cosa e come controllare che non ci si stia perdendo ed evitare di fare gli errori più comuni o mettersi in difficoltà da soli. In alcuni casi farei anche vedere come si parte sbagliando e ci si rende conto, a un certo punto, di non aver fatto la scelta giusta. Come e perché si decide di tornare indietro per cambiare strada. 

Infine, vorrei poter riscrivere completamente la maniera in cui s’insegna la fisica a scuola. I nostri libri di testo sono fermi a com’erano nei primi anni del 900. Di fatto, sono tutti copie, più o meno rimaneggiate, del libro di testo scritto da Enrico Fermi. Fermi è stato un genio, ma da quegli anni sono cambiate molte cose. Chi penserebbe, oggi, di scrivere un tema seguendo le indicazioni di quel tempo? Gli autori si sono limitati, negli ultimi anni, ad aggiungere due o tre capitoli di fisica moderna a libri la cui struttura è sempre la stessa. Secondo me va ripensato profondamente il modo d’insegnare la fisica classica, che va aggiustato con lo scopo di portare lo studente ad apprendere e accettare la fisica moderna per quello che è: una naturale, quasi ovvia, prosecuzione di quel che i fisici avevano imparato fino al 1901. Si può fare. La meccanica quantistica non è così diversa da quella classica come in troppi credono. Basta ripensare, alla luce di quel che sappiamo oggi, tutta la fisica classica.

Intervista a G. Organtini durante una delle “Scuole di Fisica con Arduino e Smartphone”

CC BY-NC-SA 4.0
This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 4.0 International License.