A Chiara e Giuseppe

A spasso tra le dimensioni: visita a Flatlandia

Premessa

Questo post nasce il giorno delle mie prove di maturità. Quindi circa 18 anni fa. Tra le tracce dei temi a disposizione scelsi quella che chiedeva di scrivere un saggio breve sul tempo, di dire se (secondo me) il tempo fosse un qualcosa di assoluto e reale oppure no. A quella domanda mi venne facile la risposta: scrissi senza esitare che il tempo non esiste. “L’abbiamo creato noi per contare e darci un’organizzazione” scrissi. Perdonatemi se non ricordo meglio né la traccia né in che modo argomentai la mia idea (grazie a Google sono risalita almeno alla traccia: tipologia B, ambito tecnico scientifico). Ricordo che ero sicura che il tempo non esistesse, fine. E poi diventò per me un chiodo fisso.

Dopo il diploma proseguii gli studi e mi iscrissi alla facoltà di matematica. Tra i corsi da sostenere, oltre a algebra 1,2, geometria 1,2,3,4, analisi 1,2,3,4, ecc. (nomi molto fantasiosi direi) grazie al cielo erano previsti nel piano di studi anche fisica 1,2, fisica matematica 1,2 e altri corsi a scelta nei quali piazzai più corsi di fisica possibile (meccanica celeste, relatività speciale, meccanica quantistica, ecc).  Quando si parla di fisica, quindi quando descriviamo gli eventi che osserviamo buttiamo giù delle gran formule con dei signor operatori (integrali, gradienti,…), eleganti funzioni, grassi vettori, costanti con decimali infiniti. E se scorrete velocemente tutte le formule conosciute noterete che una delle variabili più ricercate è la piccina “t”. O se vogliamo vederla da un altro punto di vista, in quasi tutte le formule (poi dipende da cosa si sta raccontando) c’è sempre la variabile tempo da tenere in considerazione.

<<ATTENZIONE RISCHIO SPOILER>>

E’ nel 1916 che Albert Einstein pubblica i suoi lavori sulla relatività generale: il tempo è una realtà concretissima, non assoluta, ed è addirittura la quarta dimensione.

Dopo la laurea continuavo a pensare al mio tema: “il tempo non esiste” scrissi, “che illusa” pensai. “E’ solo quello che speravi” mi dicevo. “La solita filosofa” diceva mia madre.

Un mare di tempo

Italia, aprile dell’anno 2020, in piena quarantena. Forzati da leggi severissime a non uscire di casa se non per ricaricare il frigo o buttare l’immondizia. Alcuni fortunati per comprovate necessità lavorative (che non ho) o per portar fuori il cane (che non ho). Per cui la mia vita è al 98% in queste 4 mura. Forse non esiste un momento migliore per affrontare il tema del tempo. E non perché ho un “mare di tempo” per studiare e scrivere, dovendo pur reinventarmi degli hobby per il dopo lavoro. Neanche perché é la prima volta che qualcosa mi obbliga a stare dentro casa per mesi (l’ernia del disco mi aveva già forgiato in questo). Piuttosto perché adesso abbiamo tutti un’esperienza comune. Solo ora che il mondo ha smesso di fare baccano il tempo ha iniziato a scorrere in modo diverso, per tutti. E’ fermo. Sembra che qualcuno si sia seduto per sbaglio sul telecomando e abbia pigiato il tasto “pausa” nel bel mezzo della trama di un film. Eppure i giorni hanno la stessa lunghezza, un secondo è pur sempre un secondo. Quanti di voi hanno sentito il bisogno di affacciarsi dalla finestra per capire che ora è, che giorno è, che stagione è? Si perché almeno là fuori c’è ancora il sole che sorge e tramonta, perché dal freddo marzo siamo passati al mite aprile, perché gli alberi e i fiori sbocciano incuranti di noi, qualcuno dell’ariete compirà comunque gli anni. La luna poi questo mese si è rivestita d’oro ed ha passeggiato sulla cupola del cielo elegante e superba. Dunque c’è ancora qualcosa che ci ricorda del fluire del tempo.

Nel mio ultimo post ci siamo lasciati riflettendo sul ruolo del tempo nelle decisioni. In questo viaggio voglio descrivervi i mille volti del Tempo, in modo che siate consapevoli da quale aspetto del Tempo ci stiamo lasciando influenzare nelle scelte quotidiane e magari ricalibrare il peso del tempo nella nostra equazione sulle decisioni.

Il primo imbroglio è che tutti senza accorgercene usiamo impropriamente la parola tempo. Abusiamo di questo termine per descrivere azioni diverse, o peggio confondiamo la nostra percezione del tempo con la misurazione del tempo stesso: “Non ho tempo da perdere”, “un anno di tempo”, “mezz’ora”, “inizia la primavera”, “è tempo di cambiare”, “in quanto tempo”,”100 km/h” ,”ieri”,” alle 7 in punto”,”1h 15 minuti e 18 secondi”.

Il susseguirsi delle stagioni, il sorgere e il tramontare del sole, il ruotare della terra, il mio (come essere umano) spostamento da un posto all’altro ma soprattutto il decadimento biologico che porta alla morte provocano in noi la necessità di introdurre una (quarta) variabile nella descrizione di questi cambiamenti. Il mio approccio al tempo è legato alla percezione di queste variazioni. E per necessità organizzative, abbiamo introdotto un’unità di misura, il secondo, e uno strumento di precisione, l’orologio, per misurare queste variazioni. Per cui per poter chiarire cos’è il tempo dobbiamo scindere i due aspetti:  da una parte l’oggetto tempo e dall’altra la nostra percezione del tempo.

Il club del libro

Durante la quarantena (e il post quarantena), ogni domenica io e i miei 2 migliori amici ci sentiamo via Skype per raccontarci della settimana, per scambiarci idee sulla situazione covid-19, e siccome siamo dei gran lettori (cioè loro, io mi accodo) ci siamo dati come obiettivo di leggere 1 libro dal tema scientifico a settimana per poi recensirlo la domenica successiva. Ecco, volendoci un gran bene, abbiamo iniziato da uno di quei libri che immagini con la copertina ruvida, cartonata, sul bordeaux con il titolo dorato, con le lettere allungate, le pagine gonfie di umidità, scritto in un linguaggio di un erudito arcaico ma dal contenuto pungente quanto l’odore della pagina su cui è scritto: Flatlandia.

L’autore di Flatlandia, Edwin Abbott Abbott, teologo e scrittore, ha immaginato un mondo a due dimensioni, inventandosi abitanti, regole sociali, costumi e storia di una società vincolata a vivere su di un piano. Per lo scrittore gli abitanti sono delle figure geometriche: un segmento (le donne), triangoli, quadrati, pentagoni, esagoni e così via (gli uomini) che, a seconda del grado di regolarità della loro figura, vengono collocati in classi della società sempre più altolocate.

E come noi anche loro hanno una voce, un’intelligenza e soprattutto una coscienza, anche se vale solo per gli uomini. Si perché le donne, dei meri segmenti, non potranno mai essere regolari per definizione e la loro testa, che è solo l’estremo di un segmento, non può essere che piccola e quindi inferiore (vorrei tanto raccontarvi della sottile e amara metafora che Edwin utilizza per descrivere la situazione di oppressione che la donna subiva nei suoi tempi ma non è questo il posto giusto purtroppo).

Questo libro ha dunque due chiavi di lettura principali, una politica-sociale e l’altra scientifica. Da adesso in poi trascurerò la prima e userò solo la seconda.

Le leggi fisiche in un mondo a due dimensioni: l’importanza della luce e delle ombre 

Questo libro offre un esercizio mentale importante: come sarebbe la fisica in due dimensioni. Ad esempio: come funzionano le leggi ottiche? E la luce che ruolo ha?

Come già detto, le “persone” in Flatlandia sono divise in classi sociali a seconda del numero di lati e del grado di regolarità della figura. Dunque per questi abitanti riconoscersi è fondamentale. Ma se perdiamo la vista “dall’alto” (ricordiamoci che noi siamo abitanti di Spacelandia) una figura davanti a noi come ci apparirebbe?

Come un segmento! Che sia un triangolo, un pentagono o un cerchio, in “prospettiva” vedremmo sempre due segmenti da ogni punto di osservazione: DE nel caso (1) e D’E’ nel caso (2). Dunque come fanno i personaggi di Flatlandia a capire chi hanno di fronte? In 3 modi sostanzialmente: con il suono, tastandosi o meglio ancora, con le ombre. Nel libro il suono è solo usato per le voci (quindi dobbiamo escludere l’effetto Doppler usato dai pipistrelli ad esempio), mentre l’utilizzo del tatto era ritenuto poco elegante. Pertanto in Flatlandia luce e ombre sono fondamentali. Lo scrittore aggiunge inoltre un piccolo espediente narrativo, la presenza costante di una sottile nebbia che fa si che il “colore” del segmento degradi (o se volete sbiadisca) verso gli estremi. Infatti i lati obliqui riflettono la luce con un’intensità decrescente verso i vertici. Se poi il punto di osservazione ruota attorno alla figura, cioè se la “persona” gira attorno all’altra, con questo espediente si riescono a collocare i vertici e a contare i lati. Nel caso del cerchio infine girandogli attorno vedremmo l’immagine di un segmento che rimane “costante”. Tutto questo marchingegno potrebbe sembrare artificioso ma non è nient’altro che la fisica ristretta alle 2 dimensioni. Anzi l’espediente della nebbia è un dettaglio geniale che ci impedisce di controbattere.

Il metodo

Ci sono due immagini molto belle che voglio riportare in questo post. La prima è questa: il narratore, protagonista e abitante di Flatlandia, un quadrato per l’esattezza, sta aiutando il nipote con i compiti di matematica, facendogli degli esempi pratici con gli oggetti del loro mondo.

Il piccolo Esagono meditò un poco su questa affermazione e poi mi disse: «Ma tu mi hai insegnato a innalzare i numeri alla terza potenza: anche $3^3$ avrà dunque un significato in Geometria; qual è questo significato?». «Nessun significato,» risposi io «almeno, non in Geometria; perché la Geometria non ha che Due Dimensioni». E quindi mi misi a mostrare al fanciullo come un Punto, spostandosi lungo un percorso di tre centimetri, formi una Linea di tre centimetri, che si può rappresentare con 3; e come una Linea di tre centimetri, spostandosi parallelamente a se stessa lungo un percorso di tre centimetri, formi un Quadrato di tre centimetri per ogni lato, che si può rappresentare con $3^2$. A questo il mio nipotino, tornando alla sua ipotesi di prima, e prendendomi alquanto di sorpresa, esclamò: «Bene, allora, se un Punto, spostandosi di tre centimetri, forma una Linea di tre centimetri rappresentata da 3, e se una Linea Retta di tre centimetri, spostandosi parallelamente a se stessa, forma un Quadrato di tre centimetri per lato, rappresentato da $3^2$, deve seguirne che un Quadrato di tre centimetri per lato, spostandosi in qualche modo parallelamente a se stesso (ma non vedo come) debba formare un Qualcos’altro (ma non vedo cosa) di tre centimetri per ogni senso – e questo sarà rappresentato da $3^3$» «Vai a letto» dissi io, un po’ seccato da questa interruzione. «Se tu dicessi cose meno insensate, ricorderesti di più quelle che hanno un senso»

Sembrerà una banalità a noi privilegiati abitanti di Spacelandia: $3^3$ è un cubo. E dopo Einstein neanche fa più scalpore affermare che $3^4$ è l’area di un ipercubo, un quadrato in 4 dimensioni. e che un ipercubo sia “reale” lo ipotizza già Edwin in Flatlandia prima ancora che Einstein scrivesse la sua teoria sulla relatività generale.

Troppe volte cerchiamo di incastonare la realtà in ciò che vediamo, come quei bambini che si ostinano a voler infilare la formina del cerchio nel posto concesso al pentagono. C’è un meccanismo fallace nel nostro intelletto che è quello di farsi un’idea, di credere solo in quella, e cercare di dimostrarla a tutti i costi apportando più prove a suo sostegno. Purtroppo per noi e non smetterò mai di ripeterlo, non sempre ciò che vediamo corrisponde a ciò che è reale. Non sempre un giudizio superficiale è sufficiente a dimostrare una realtà complessa. Altrimenti ci fermeremmo a considerare la terra piatta. Il problema delle convinzioni è che si rischia di essere miopi, di guardare solo gli articoli a nostro favore, escludendo quelli a nostro “sfavore”, perdendoci la possibilità di correggere la nostra prima idea e di svilupparne una migliore.

Nel preparare questo post ho iniziato a raccontare le mie “ricerche” sul tempo ai miei amici. Ho iniziato a dire come il tempo ci “attraversa”, ma immaginarlo da 3 dimensioni a 4 è complicato. Allora voglio che semplifichiamo e torniamo in 2 dimensioni.

Il viaggio tra le dimensioni e l’incontro con Dio

Dopo il dialogo col nipote, il protagonista di Flatlandia fa un incontro “speciale”. Un visitatore. uno “straniero”, della terza dimensione “scende” a fargli visita. Agli occhi del quadrato è una vera a propria apparizione mistica. Il visitatore in questione è una sfera, abitante di Spacelandia, che va a parlargli per rivelargli la verità sulle dimensioni.  Cosa vede di insolito il protagonista? Quello che lui vede come un’anomalia è che la sagoma della Sfera nella sua stanza ha una forma che non riesce a classificare. E’ si un segmento ma di lunghezza variabile. In che senso? La Sfera “entra” nelle 2 dimensioni e ciò che il quadrato vede è all’apparenza un cerchio (o meglio un segmento dal quale riconosce un cerchio), ma il suo raggio (la lunghezza del segmento) da un semplice punto si allarga e si restringe di nuovo fino a diventare un punto ancora una volta e scomparire, seppur la voce continua a parlargli anche “dall’alto” delle 3 dimensioni (proprio per illuminarlo) a conferma della sua esistenza.

Cosa c’è di nuovo per il quadrato dunque? La variazione! Un segmento che riesce a mutare la sua lunghezza fino a scomparire. Una variazione al sapore di tempo: la percezione e la misura di un cambiamento.

Nonostante la Sfera cerchi di portare il Quadrato tramite ragionamento logico di immaginarsi il “su e giù”, “alto e basso” e nonostante la visione sia già essa stessa una prova di un evento “anomalo” il Quadrato ancora non accetta la nuova Verità. La Sfera adirata esclama:

<<Perché vi rifiutate di dare ascolto alla ragione? Avevo sperato di trovare in voi, che siete un uomo di senno e un matematico provetto, un apostolo per il Vangelo delle Tre Dimensioni, che a me è concesso predicare soltanto una volta ogni mille anni; ma ora non so come fare a convincervi. Un momento, ho trovato. I fatti, e non le parole, proclameranno la verità. Ascoltatemi, amico mio.>>

A quel punto la Sfera prende un oggetto da un armadio e lo sposta uscendo dalla stanza e facendolo riapparire in un altro punto di essa. Iniziano una serie di prove “materiali” e alla fine il quadrato si convince: non può che ammettere di aver sbagliato. Diventa un apostolo e il suo tentativo di evangelizzazione della società gli costerà la prigionia. Si perché in Flatlandia qualsiasi teoria che si discostava da quella ritenuta “vera” era una manifestazione sovversiva punita con l’arresto e la prigione.

In una sola immagine, Edwin riesce a farci capire la geometria, come da essa si possano immaginare spazi multidimensionali, farci percepire il tempo, a darci un’immagine di Dio e soprattutto dare una spiegazione logica della sua “onnipresenza” e “onniscienza” essendo un abitante privilegiato che dall’alto (di Ipercubolandia) tutto vede e tutto può modificare.

Come dargli torto, d’altronde anche nella Bibbia si dice che Dio è nei Cieli (nell’alto) e si cala dall’alto dei Cieli. Come la Sfera che dall’alto si cala in Spacelandia. Ed Edwin era un teologo, uno che la Bibbia la conosceva come un musulmano conosce il Corano, forse anche meglio*.

Conclusione

Vi dicevo come abbia iniziato a raccontare del contenuto del post a diversi amici, ma mi sono resa conto di quanto sia difficile per noi abitanti di Spacelandia immaginarsi un “lassù”, una quarta dimensione. Allora ho capito che era necessario fare piccoli passi, ho preso spunto da Flatlandia per introdurvi al ragionamento, ho rubato il suo metodo. Tutti quanti, compresa me, dobbiamo sentirci un pò il Quadrato quando cerchiamo di avvicinarci alla dimensione del tempo.

Nel prossimo post faremo tappa a Ipercubolandia. Incontreremo il tempo.

Nell’ultima tappa del nostro tour invece torneremo a Spacelandia con occhi rinnovati e saremo in grado di dare il giusto peso al tempo nella nostra equazione sulle decisioni.

Riflessione bonus: il paradosso di Pointlandia

La Sfera per mostrare la verità sulle dimensioni, porta il Quadrato a spasso nelle dimensioni. Ascendono in Spacelandia, scoprono Linelandia fino a fare la conoscenza di Pointlandia.

Pointlandia è un caso “degenere”, un paradosso. E’ la riflessione più bella sulla connessione tra egocentrismo, narcisismo ed ignoranza. L’incarnazione della “persona” talmente piena di sè, che nulla ascolta e nulla sa ma che crede di essere tutto. Talmente ignorante che non si rende conto di far suo ogni pensiero gli venga passato dall’esterno. Penso che la descrizione di Edwin non abbia bisogno di null’altro e vi riporto l’estratto del libro come il bonus track alla fine dell’album di una band:

«Guarda laggiù,» disse la mia Guida «nella Flatlandia tu hai vissuto, della Linelandia tu hai avuto una visione; con me ti sei innalzato alle altezze della Spacelandia; ora, per completare il quadro della tua esperienza, ti condurrò verso il basso, nelle più oscure profondità dell’esistenza, nel reame di Pointlandia, nell’abisso dell’adimensionale. «Osserva quella miserabile creatura. Quel Punto è un Essere come noi, ma confinato nel baratro adimensionale. Egli stesso è tutto il suo Mondo, tutto il suo Universo; egli non può concepire altri fuor di se stesso: egli non conosce lunghezza, né larghezza, né altezza, poiché non ne ha esperienza; non ha cognizione nemmeno del numero Due; né ha un’idea della pluralità, poiché egli è in se stesso il suo Uno e il suo Tutto, essendo in realtà Niente. Eppure nota la sua soddisfazione totale, e traine questa lezione: che l’essere soddisfatti di sé significa essere vili e ignoranti, e che è meglio aspirare a qualcosa che essere ciecamente, e impotentemente, felici. Ascolta, adesso». S’interruppe; e in quel momento dalla creaturina ronzante si levò un lieve ticchettio, basso e monotono ma distinto, come da uno dei vostri fonografi di Spacelandia, e io ne distinsi queste parole: «Infinita beatitudine dell’esistenza! Esso è; e non c’è altro al di fuori di Esso». «Cosa vuol dire con “esso”» dissi io «quella piccola creatura?». «Vuol dire se stesso» disse la Sfera. «Non hai notato prima di ora che i bambini e le persone infantili, che non sanno distinguere fra se stessi e il mondo, parlano di sé alla Terza Persona? Ma taci».

«Esso riempie ogni Spazio,» continuò la piccola Creatura nel suo soliloquio «e quello che Esso riempie, Esso è. Quello che Esso pensa, Esso lo dice; e quello che Esso dice, Esso lo ode; ed Esso è Pensatore, Parlatore, Ascoltatore, Pensiero, Parola, Audizione; è l’Uno, e tuttavia il Tutto nel Tutto. Ah, la felicità, ah, la felicità di Essere!».

«Perché non gli apri gli occhi, a quel cosino, in modo che la finisca col suo compiacimento?» dissi io. «Digli che cosa è in realtà, come lo hai detto a me; rivelagli le anguste limitazioni della Pointlandia, e conducilo verso qualcosa dipiù alto». «Non è facile,» disse il mio Maestro «provaci tu». Al che, levando alta la voce, dissi al Punto così: «Silenzio, silenzio, Creatura spregevole! Tu ti chiami il Tutto nel Tutto, e invece sei il Nulla: il tuo cosiddetto Universo non è che un puntolino in una Linea, e una Linea non è che un’ombra in confronto a…».«Sss, sss! hai detto abbastanza,» m’interruppe la Sfera «ascolta ora, e notal’effetto della tua arringa sul Re di Pointlandia».

Il luccicore del Monarca, che rifulgeva più che mai mentre ascoltava le mie parole, mostrava chiaramente che la sua compiacenza di sé non era stata intaccata; e io non avevo ancora terminato che egli riprendeva il suo ritornello. «Ah, la gioia, ah, la gioia del Pensiero! Cosa non può Esso ottenere grazie al Pensiero! Il suo proprio Pensiero che a Se stesso si rivolge, insinuando il disprezzo di sé solo per esaltare la Sua felicità! Dolce ribellione suscitata per finire in trionfo! Ah, il divino potere creativo del Tutto nell’Uno! Ah, la gioia, la gioia di Essere».

«Vedi» disse il mio Maestro «quanto poco hanno potuto le tue parole. Nella misura in cui il Monarca riesce ad afferrarle, egli le accetta come sue (poiché è incapace di concepire altri all’infuori di se stesso) e si vanta della varietà del”Suo Pensiero” come di un esempio di Potere creativo. Lasciamo questo Dio dì Pointlandia al godimento ignorante della propria onnipresenza e onniscienza: niente che tu o io possiamo fare può scuoterlo dal compiacimento che prova di se stesso». Dopo di ciò, mentre ritornavamo dolcemente fluttuando verso la Flatlandia (…)

(*)  Penso sia doveroso un chiarimento per non urtare la sensibilità di nessuno. So che nei miei post faccio spesso riferimenti a Dio e per chi non mi conosce potrebbe pensare che prenda posizioni a sfavore di questa o quella religione. Vi stupirà forse la mia affermazione: "io credo in Cristo". Questo però non deve inficiare l'oggettività dei fatti. Lungi da me dall'allontanarmi dal metodo scientifico o dal camuffare un messaggio per inviarne un altro in sordina. Al contempo non ho timore di riportare esempi presi dal testo sacro. Un tempo si diceva che la Bibbia negava la sfericità della terra, ma non è così. Si portano avanti delle convinzioni solo perché nessuno ha mai fatto la fatica di verificare di persona.

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