La pandemia finora ha colpito soprattutto giovani e donne, una disoccupazione selettiva (…). Gravi e con pochi precedenti storici gli effetti sulla diseguaglianza. In assenza di interventi pubblici il coefficiente di Gini – secondo una recente stima – sarebbe aumentato, nel primo semestre del 2020, di 4 punti percentuali, rispetto al 34.8% del 2019.”

Presidente del Consiglio Mario Draghi, Senato, 17.02.2021

Nel suo primo discorso al Senato, il premier Mario Draghi ha denunciato la crescita delle disuguaglianze in Italia. E per farlo ha citato – come dato che avvalorasse la sua affermazione – la crescita del coefficiente Gini.

D’altronde il nome dello statistico Corrado Gini è famoso in tutto il mondo per il coefficiente che ne porta il nome. Questo non è altro che un numero compreso fra 0 a 1, tramite il quale è possibile avere un’idea di quanto la ricchezza di una nazione, o di un qualunque gruppo di persone, sia distribuita: 0 – perfetta uguaglianza,  1 – un riccone piglia tutto.

Più il coefficiente è alto più vuol dire che la società non è equalitaria.

Piuttosto che il valore in sé è dunque spesso interessante vedere come esso varia negli anni, per capire se le differenze nella distribuzione della ricchezza stanno aumentando o diminuendo.

Il suo uso è stato molto comune nel corso di questo secolo (Corrado Gini propose il suo coefficiente nel 1912). Tra l’altro, piccola parentesi storica, la storia personale dell’uomo Corrado Gini è molto interessante: professore universitario a ventisei anni, unico statistico italiano a aderire al manifesto fascista gentiliano del 1925, e con ogni probabilità è stato colui che fornì a Mussolini le competenze di base per le campagne demografiche fasciste. In cambio, quando nel 1926 il regime fondò l’Istituto Centrale di Statistica (il futuro ISTAT), Gini ne divenne il primo direttore.

Ma tornando a questioni più matematiche e meno politiche, per comprendere come viene calcolato il coefficiente di Gini è utile introdurre la curva di Lorenz, il cui nome non deriva dall’etologo Konrad Zacharias Lorenz 😉 ma bensì dall’economista Max O. Lorenz il quale introdusse questa curva nel 1905.  

Costruire il grafico è, almeno in teoria, semplice. Si posizionano in ordine crescente tutti i redditi di una popolazione e si calcolano man mano le somme parziali, rapportandole in ascissa (il lato orizzontale) con il totale della popolazione e in ordinata (il lato verticale) con il totale del reddito, permettendo di visualizzare la distribuzione del reddito.

Il risultato è una curva contenuta in un quadrato (da 0% a 100% sia della popolazione che del reddito) sempre crescente e convessa (continuiamo a sommare redditi sempre più alti) che parte dall’origine (zero persone guadagneranno zero) e arriva alla diagonale opposta del quadrato (il 100% delle persone avrà il 100% del reddito).

In un’ipotetica situazione in cui tutti guadagnano la stessa cifra la curva di Lorenz è pari alla diagonale del quadrato; viceversa, ipotizzando la situazione opposta in cui uno solo guadagna tutti i soldi la curva assume la forma di una specie di L allo specchio.

Tuttavia, in via generale, tendenzialmente si otterrà una curva più o meno simile a quella della figura riportata. Il coefficiente di Gini è definito come il rapporto tra l’area indicata in blu (A) e il mezzo quadrato compreso tra la curva di Lorenz e la L allo specchio (A+B).

Se poi ci si vuole semplificare la vita e si definisce che i lati del quadrato sono lunghi 1, esso è semplicemente il doppio dell’area in blu.

Ma naturalmente c’è sempre chi non è d’accordo e vorrebbe trovare qualcosa di nuovo. Ad esempio, Jose Gabriel Palma propose di usare il (meno noto) Palma ratio, il quale misura il rapporto tra la ricchezza del 10% della popolazione più ricca e quella del 40% più povero.

Quale indice sia migliore? Non esiste una risposta giusta o univoca a questa domanda.

Dipenderà sempre dal contesto applicativo. Non è possibile condensare tutti i dati sulla ricchezza relativa della popolazione in un singolo numero, per quanto la cosa potrebbe essere apprezzata da tutti quelli che amano le certezze nella vita. Quello che possiamo fare è cercare dei numeri che abbiano senso per una ragione specifica e non usarli per altri scopi: il rapporto di Palma si concentra sugli estremi della scala, mentre il coefficiente di Gini considera la popolazione nel suo complesso e pesa più cosa accade alla classe media.

La peculiarità, però, dell’indice di Gini è che dal 1912 ad oggi il suo uso nonché la sua applicazione si sono diffusi in differenti ambiti, ma di questo magari parliamo la prossima volta… 😉

In generale, sull’indice di Gini c’è un mondo di cose, sia teoriche che applicative, e il nostro intendo come sempre è di incuriosire e fare della sana divulgazione.
Qui sotto alcuni riferimenti bibliografici per chiunque volesse approfondire.

BIBLIOGRAFIA:

  • N. Federici, “L’opera di Corrado Gini nell’ambito della demografia e delle scienze sociali (Sintesi ragionata)“, Genus, Vol. 22, NN. 1/4 (1966).
  • Francesco Cassata, Il fascismo razionale. Corrado Gini fra scienza e politica, Carocci Editore, Roma, 2006.
  • Lanza G., La misurazione della disuguaglianza economica. Approcci, metodi e strumenti. Franco Angeli. 2015.
  • Gastwirth, Joseph L., The Estimation of the Lorenz Curve and Gini Index, in The Review of Economics and Statistics, vol. 54, 1972,

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