Pubblichiamo questa intervista a Claudio Bernardi, già professore ordinario presso il Dipartimento di Matematica di Sapienza, Università di Roma e a Ginevra Presen insegnante di lettere presso il Liceo G. Peano di Monterotondo (RM), due degli autori del libro “Dialoghi sulla logica. Quesiti di matematica e di linguistica”
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Com’è nata l’idea di scrivere questo libro?
Ginevra: Come si vede già dalla copertina c’è una persona che ha avuto per prima l’idea del testo: Claudio Bernardi. È stato lui a proporre a me e agli altri l’idea di un testo di riflessione sui test di logica. E visto quanto ci siamo divertiti e entusiasmati, non smetteremo mai di ringraziarlo.
Certo non è stato un fulmine a ciel sereno perché sui test di logica abbiamo lavorato nei laboratori del liceo matematico. Inoltre, Claudio, Alessandra e Antonio (tutti e tre tra gli autori) avevano presentato, nelle conferenze del liceo matematico, un approfondimento sui test di logica linguistica e matematica. In questa occasione proprio l’approccio interdisciplinare era stato apprezzato dai partecipanti, aveva generato interesse e curiosità perché gli umanisti si erano messi in gioco per comprendere i matematici e viceversa. Insomma quell’esperienza, credo, che ci abbia dato fiducia nell’affrontare questa avventura.
Claudio: Ringrazio Ginevra, ma lasciatemi fare un passo indietro. Per molti anni ho tenuto il corso di Logica Matematica all’Università Sapienza. Il corso era rivolto agli studenti di Matematica, ma erano spesso presenti studenti di altri corsi di laurea, come Fisica, Informatica e Filosofia.
Ogni tanto, per approfondire certi concetti e per alleggerire le lezioni, presentavo un quesito di logica tratto da un test per l’accesso a Medicina o da una gara di Matematica. Mi è venuto spontaneo guardare anche le domande di logica linguistica (esempio tipico: le proporzioni verbali); e devo confessare che non mi era sempre facile rispondere a queste domande.
Prima ho coinvolto Antonio e poi, come ricordava Ginevra, un anno e mezzo fa abbiamo fatto un intervento a tre voci su La logica nei test di ingresso all’Università nell’ambito di un ciclo di seminari per i docenti del Liceo Matematico. Il passo successivo è stato allargare il gruppo per provare a scrivere un libro insieme.
A titolo strettamente personale, il mio atteggiamento è via via cambiato: all’inizio ero molto critico verso le domande assegnate nei test; poi via via ho cercato di essere più costruttivo.
Per quali lettori è pensato il testo?
Claudio: Il libro è esplicitamente rivolto a tre categorie di persone: studenti che devono affrontare un test di ammissione all’università, dove, per molti corsi di laurea, compaiono domande di logica; studenti impegnati nelle gare di matematica; professori e studenti delle Superiori in cui si propongono percorsi e attività anche interdisciplinari, come capita in particolare nei Licei Matematici.
E poi, come ogni altro libro, questo libro si rivolge a tutte le persone curiose; e noi speriamo che la parola logica, di per sé, susciti interesse e curiosità.
Pensando agli studenti impegnati nei test e nelle gare, aggiungo che non presentiamo ricette da applicare frettolosamente, ma spunti per riflettere, anche con una funzione di orientamento in vista delle scelte sugli studi futuri.
Ginevra: La nostra ambizione è rivolgerci ad un pubblico ampio e diversificato perché crediamo di aver cambiato l’approccio dei testi che presentano la riflessione sui test di ingresso universitari, con la costruzione di un lusus logico intrigante e leggero. Speriamo che ci leggeranno gli studenti che si preparano ad entrare all’università, i docenti di scuola superiore che cercano stimoli originali e angolati sulla logica per creare proposte didattiche interessanti e divertenti ed infine chiunque sia incuriosito ad un tema complesso ma stimolante. Insomma vorremmo offrire l’occasione di trasformare in realtà il vecchio proverbio per aspera ad astra.
Com’è impostato il libro?
Ginevra: Quando Claudio ci ha proposto di occuparci di test di logica, come accennavo sopra, il desiderio comune era costruire un testo interessante e leggero a dispetto di ciò che si possa pensare di un argomento impegnativo come la logica formale. Allora ci siamo guardati intorno e abbiamo riflettuto che in fondo eravamo tutti docenti, che avevamo un luogo in comune, la scuola; inoltre abbiamo istintivamente pensato ad uno dei nostri maestri comuni, Galileo Galilei, che oltre ad essere uno dei padri della scienza moderna, è un punto di riferimento necessario per noi docenti innamorati dell’interdisciplinarità; abbiamo pensato ai tre personaggi del suo Dialogo sui massimi sistemi, tre personaggi con caratteri ben definiti, e ci siamo chiesti perché non provare a rendere plastici e vivi i ragionamenti logici grazie all’aiuto di tre nostri personaggi sorpresi dal nostro sguardo attento nei corridoi di una scuola di logica. Ecco la genesi spontanea e condivisa dell’impostazione narrativa del testo.
Claudio: Il libro è diviso in 13 capitoli, sostanzialmente indipendenti uno dall’altro, ma con frequenti collegamenti e rinvii fra i vari capitoli. Ogni capitolo inizia con un dialogo fra i tre personaggi, seguito da uno o più riquadri con approfondimenti teorici o culturali; infine, ogni capitolo si conclude con una raccolta di altre domande con risposte e commenti.
Il testo è frutto della collaborazione fra persone di formazione scientifica e umanistica. Com’è andata questa collaborazione? In che modo le specifiche competenze ne hanno arricchito i contenuti?
Ginevra: Direi che la collaborazione è andata benissimo! Ci guardavamo come fossimo esotici gli uni agli altri. Ma il lavoro ha cancellato dalla testa anche l’ombra di qualche possibile pregiudizio disciplinare. Ci siamo scoperti molto più simili che dissimili, certo le proposte narrative sono nate da noi umanisti perché più abituati a trattare questi aspetti della comunicazione, la facilità a valutare l’efficacia e la correttezza dei quesiti logici è un portato dei matematici. Insomma negli aspetti disciplinari le competenze specifiche hanno contato, ma nei momenti di confronto le differenze le ho avvertite poco, nel lavoro di gruppo importa l’armonia che credo sia stata garantita proprio dalle differenze.
Claudio: Confermo quello che dice Ginevra. Aggiungo che i letterati si sono occupati anche dei capitoli di logica matematica e, viceversa, i matematici dei capitoli di linguistica. Abbiamo cercato di capire le argomentazioni e i quesiti proposti dagli altri, di trovare collegamenti. Riassumendo: io ho imparato varie cose.
Gli autori del testo sono coinvolti a diverso titolo nell’esperienza del “Liceo Matematico”. Che cosa deve il libro a questa esperienza?
Ginevra: Ho già detto che l’input stesso del testo nasce tra i corridoi del liceo matematico. L’interdisciplinarità è uno degli assi portanti metodologici del progetto del liceo matematico già dai tempi dei convegni a Salerno. Ma soprattutto abbiamo cercato di ricreare nelle nostre pagine l’atmosfera che respiriamo con i nostri studenti durante i laboratori, fresca, dinamica, curiosa e divertita, perché questo è l’ambiente giusto per favorire un efficace apprendimento di argomenti ostici. Con un po’ di miele si fanno prendere anche medicine amare, come faceva Lucrezio nel De rerum natura, se ci permettete il riferimento un po’ ambizioso.
Un’ultima nota, direi che sono stati proprio i nostri studenti con le loro curiosità, i loro diversi approcci alla risoluzione dei laboratori e i loro errori che ci hanno ispirato battute e domande tra Aequor Fulmen e Mens. A proposito dei nostri personaggi, eccoli, ve li presento … in una vignetta errante!
Claudio: Senza il Liceo Matematico il libro non sarebbe nato. Prima di occuparmi dei licei matematici non avrei pensato di partecipare alla stesura di un libro insieme a colleghi di lettere.
Ci sono dei testi che hanno idealmente ispirato nella realizzazione di questa opera?
Claudio: Permettimi di essere sincero. Io ho sempre diffidato delle varie collane specifiche per la preparazione ai test, specialmente quando la collana comprende libri per tutti i tipi di test.
Certo, anche noi ci rivolgiamo a chi si sta preparando per affrontare una prova; ma vorremmo che il lettore prendesse l’occasione per riflettere sul linguaggio e sui metodi di ragionamento, che hanno un’enorme valenza culturale. Lasciami fare un paragone: a scuola, un insegnante può dedicare un paio d’ore per “addestrare” rapidamente i suoi studenti in vista di un’imminente prova Invalsi, oppure può cercare di impostare in generale il suo insegnamento tenendo presenti anche le domande predisposte dall’Invalsi.
Ginevra: Per la parte dialogica, con una buona dose di sfacciataggine, ci siamo inseriti nella lunga e nobile tradizione dei dialoghi filosofico-pedagogici per la potenza del dialogo di far emergere in modo evidente i passi del ragionamento logico e, nel contempo, di rendere immediato e leggero il contenuto.
Chi sono “Mens”, “Fulmen” e “Aequor”? Perché sono importanti? Nel libro sono presenti anche delle vignette/disegni. Come e da chi sono stati realizzati?
Ginevra: Abbiamo ambientato il nostro saggio in una scuola di logica nella quale si muovessero tre protagonisti, Fulmen, Mens e Aequor. La prima particolarità che immagino salti agli occhi è l’aver scelto dei nomi latini. Non dipende solo dalla presenza di noi umaniste e dalla cavalleria delle matematiche e dei matematici, ma dalla consapevolezza comune che il mondo classico non può mancare quando si parla di logica che in quel mondo è nata e che arriva ai nostri giovani anche attraverso lo studio del latino. Mens, la mente, è il professore, Fulmen è lo studente acuto, sveglio anche troppo che a volte rischia di inciampare nei propri acutissimi angoli, Aequor è l’altro studente, calmo come una distesa di mare aperto, tranquillo e posato, tetragono ai colpi assestati dalle domande del professore e alle battute fulminanti del compagno. I personaggi hanno cominciato a prendere forma sia nei dialoghi che, quasi contemporaneamente, nei disegni di Silvia. Lei è riuscita a dare loro un corpo semplice, chiaro, evidente come solo le forme geometriche sanno esserlo: un cerchio Mens, un triangolo Fulmen e un quadrato Aequor. I personaggi hanno iniziato a vivere, a trovare il coraggio di essere simpatici e spiritosi nei pixel della tavoletta grafica grazie alla quale Silvia ha costruito intorno a loro le divertenti vignette che li ospitano. Senza di loro la piccola magia interdisciplinare che abbiamo cercato di costruire non sarebbe avvenuta. Speriamo che i nostri lettori siano d’accordo.
Claudio: Ha già detto tutto Ginevra. Mi limito a ringraziare Silvia, che prima consideravo “solo” una professoressa di matematica.
Il libro è pieno di interessanti quesiti tratti da diverse fonti (Test di ammissione universitaria, Giochi di Archimede, gare a squadre di matematica). Con quali criteri li avete selezionati?
Claudio: Non è sempre facile stabilire quali sono i quesiti di logica: qualche volta rientrano nella sezione logica domande di matematica in cui la difficoltà sta nell’impostare un ragionamento corretto, perché i calcoli richiesti sono poi molto semplici.
Abbiamo volutamente evitato i quesiti sulla cui stesura avevamo forti perplessità: il nostro scopo non è fare polemiche verso gli autori dei test (anche se qualche volta una polemica non sarebbe fuori luogo), ma fornire uno strumento di studio. Naturalmente abbiamo privilegiato quesiti con un giusto livello di difficoltà e che permettessero, in qualche misura, di approfondire un discorso.
Ginevra: Credo che i nostri amici matematici abbiano avuto, molto più di noi, l’imbarazzo della scelta. I quesiti di logica linguistica nei test di ingresso sono pochi e ripetitivi, ci abbiamo trovato poca fantasia. Abbiamo cercato quindi di isolare quelli che offrivano la possibilità di trattare blocchi tematici ampi e fondanti. Sinceramente per la comprensione del testo il livello dei test presenti nelle batterie non è sempre stimolante, abbiamo optato per i testi di una certa complessità sia lessicale sia sintattica sia contenutistica. Per i test propriamente logici più che rivolgerci ai test universitari, la nostra attenzione è andata verso il testo di morfosintassi per le scuole superiori del prof. Luca Serianni che propone domande su cui veramente bisogna soffermarsi a ragionare, approccio ancora poco diffuso nello studio scolastico della lingua spesso ammantato di un’ammuffita meccanicità.
Leggendo il libro si notano due parti. Una più dedicata a quesiti di logica matematica ed una a quesiti più linguistici. Come avete lavorato per integrare questi due diversi parti?
Claudio: L’integrazione fra le due parti è venuta spontanea, lavorando insieme. Ci sono i capitoli di logica matematica e i capitoli di logica linguistica, ma i rinvii sono frequenti e la struttura generale del libro è unitaria.
Il primo capitolo ha come titolo “Quante sono le ragazze con i capelli biondi?”. Di cosa parla questo capitolo? Perché avete deciso di partire con questo argomento?
Claudio: I titoli dei capitoli introducono l’argomento in modo indiretto, spesso prendendo spunto da un quesito. In alcune domande presenti nei test e nelle gare si chiede di determinare quanti elementi ha un certo insieme, conoscendo il numero degli elementi di altri insiemi. Siamo partiti da questo argomento perché permette chiare rappresentazioni grafiche (i diagrammi di Eulero-Venn) ed è meno tecnico di altri, pensando ad un approccio graduale ai concetti e ai simboli della logica.
Il terzo capitolo ha uno “strano” titolo: “Chi dorme non piglia pesci”. Lo stesso Fulmen immediatamente si chiede cosa c’entri questo detto con la logica. Vorreste anticiparlo ai nostri lettori?
Claudio: Io trovo utile e interessante esaminare i proverbi da un punto di vista logico – intendo sia logico matematico, sia logico linguistico. Con riferimento al proverbio che citi, si possono fare almeno due osservazioni: il pronome “chi” corrisponde a un quantificatore universale (“per ogni”); in secondo luogo, la frase contiene, implicitamente, un’implicazione del tipo “se… allora”. Possiamo riformulare così il proverbio: “per ogni persona, se quella persona dorme allora non piglia pesci”. Abbiamo perso in incisività e in efficacia espressiva, ma abbiamo una struttura logica più chiara, su cui lavorare.
Nel quinto capitolo portate i vostri lettori a spasso per l’isola di Smullyan tra furfanti e cavalieri. Molto probabilmente i nostri lettori conosceranno Raymond Smullyan, in ogni caso vorreste dirci in che modo le opere di questo autore hanno contribuito a scrivere questo capitolo (e magari influenzato parte del vostro testo)?
Claudio: Se si parla di indovinelli logici, è spontaneo pensare alle situazioni che si presentano con i furfanti, che mentono sempre, e i cavalieri, che dicono sempre la verità. Le opere di Raymond Smullyan hanno chiaramente influenzato la stesura di questo capitolo. Si tratta di una persona molto interessante, che si occupava di logica, ma anche di musica e perfino di giochi di prestigio. Forse non tutti sanno che Smullyan aveva fatto ricerche scientifiche di logica matematica ottenendo risultati profondi, ma poi aveva deciso di dedicarsi, con la stessa serietà, a giochi e indovinelli.
Il capitolo 9 e 10 sono incentrati sulla struttura delle parole e del discorso. Potreste anticipare anche su questo qualcosa ai nostri lettori?
Ginevra: Come ci ricorda spesso Claudio, la parola logica deriva da una meravigliosa e polisemica parola greca logos che vuol dire parola, discorso, ragionamento, quindi è impensabile parlare di logica senza proporre una riflessione specifica sulla struttura delle parole e sugli elementi che permettono alle parole di connettersi logicamente in un discorso.
Come avviene al nostro Aequor, i lettori saranno guidati alla scoperta della formazione delle parole, analizzando ad esempio la serie di prefissoidi e suffissoidi di origine greca e latina che si trovano in tante nostre parole, come nei tetragoni e nei demagoghi che danno il titolo al capitolo 9.
Nei quesiti della sezione Alleniamoci ancora abbiamo cercato, soprattutto con le domande 2, 3, 5 a pagina 135, di non rendere il lavoro di soluzione immediato così da stimolare una riflessione consapevole e approfondita nei nostri lettori.
Il capitolo 10 porta il discorso sui connettivi linguistici, parolette brevi e un po’ sottovalutate nella percezione dei ragazzi che sembrano pensare “Sono brevi, contano poco.”, perché istintivamente il nostro mondo sembra attribuire importanza alle dimensioni delle cose piuttosto che alla centralità della loro funzione. I nostri studenti sembrano ammettere con maggiore facilità che sia importante conoscere molte parole, anche se poi non sempre riescono a lavorarci, che ammettere di doversi concentrare anche sulla comprensione profonda delle cosiddette parti invariabili del discorso.
Ma noi docenti sappiamo bene che la ricchezza lessicale (di cui si preoccupa il capitolo 9) è, sì, condizione necessaria ma non sufficiente alla buona riuscita di un discorso coeso, corretto e completo, la comprensione e l’uso appropriato e pertinente dei connettivi linguistici è fondamentale. Senza la dovuta attenzione rischiamo di prendere lucciole per lanterne e usare il famigerato piuttosto che (ne parliamo a pagina 147) come sinonimo di oppure, addormentando la ragione (logos) e generando mostri che neanche Goya avrebbe immaginato.
Indirettamente il libro sembra essere un tentativo di “scavalcare” gli steccati delle discipline (pur fondamentali) e ricercare un dialogo fra saperi differenti. E’ così? Pensate che un approccio simile possa “dare un contributo” alla scuola italiana?
Claudio: A mio parere, è fuori discussione che esistono varie discipline, con diversi metodi di studio e di ricerca. Ma nei licei matematici ci sono lezioni in compresenza, con docenti di discipline diverse: proprio perché si tratta di discipline diverse, la lezione risulta più ricca sul piano culturale e più efficace dal punto di vista formativo.
I docenti stessi imparano dai colleghi; e ne risulta influenzato, in generale, il loro modo di fare didattica. In questo senso l’approccio descritto può dare un piccolo contributo a tutta la scuola.
Il libro rientra nel quadro precedente. Anche pensando alla sua storia, la logica si presta ad attività che coinvolgono la matematica e le discipline umanistiche: per fare un solo esempio, se parliamo di sillogismi (argomento importante proprio per i test), stiamo parlando di logica matematica, di logica linguistica, o di filosofia?
Ginevra: Negli anni ho vissuto e subito tanti cambiamenti nella vita della scuola che classificherei in due tipi: 1) organizzativo-burocratico in nome dell’efficienza imprenditoriale 2) pedagogico-didattico all’inseguimento del modello anglosassone rischiando di deviare nel nozionismo in nome da un lato della attualizzazione dei contenuti, dall’altro di una ipotetica ma spesso impossibile semplificazione degli stessi; nel contempo ho percepito (vorrei sbagliarmi) tentativi di rinnegare il cuore vitale del nostro sistema scolastico che realizza la crescita dello studente attraverso la costruzione complessa del pensiero critico, raggiungibile con strade diverse grazie alla formazione sia liceale sia tecnico-professionale.
Come evitare tutto ciò? Come evitare la scuola azienda? Si potrebbero destinare risorse strutturali alle compresenze interdisciplinari in tutte le scuole italiane per combattere i due atteggiamenti di cui accennavo sopra.
Sarebbe un cambiamento didattico che, seguendo stimoli positivi provenienti dal mondo extrascolastico, per cui il lavoro in equipe è fondamentale, aiuterebbe da un lato i ragazzi a comprendere la complessità del mondo che ci circonda, dall’altro offrirebbe a noi docenti una coinvolgente formazione continua grazie al confronto e alla messa in discussione di certezze acquisite, ad un esercizio di sgretolamento di pregiudizi, spesso involontari ma esistenti, che rischiano di ingabbiarci dentro le nostre discipline che non sono l’unica verità ma solo un pezzetto di essa.
Quante volte sentiamo dire da colleghi di ambito scientifico “Ma perché bisogna perdere tempo con latino, con la lettura di questo o di quello, è più importante un’ora di questa o quella disciplina scientifica, adatta al nostro mondo”; oppure quante volte sentiamo dire da noi letterati “Io e la matematica, per carità, non me ne parlare, non l’ho mai capita e non voglio averci a che fare. È molto più importante leggere Tizio o Caio.” Ora possono sembrare stereotipi, spero che nessuno si offenda, ma succede… E non dovrebbe mai accadere e la logica per noi è stata e potrebbe essere il banco di prova che l’interdisciplinarità non solo è possibile a scuola ma auspicabile e necessaria.
In tutto il testo si nota il tentativo di arricchire i dialoghi con citazioni, riferimenti letterari e culturali. Perché questa scelta?
Ginevra: Dal mio punto di vista, e sono curiosa di sapere come risponde Claudio, la motivazione immediata e semplice sta nell’amore che molti di noi provano nei confronti delle parole dei classici, che, come ci dice Italo Calvino in Perché leggere i classici, sono i nostri apripista, sono la flotta con cui possiamo solcare mari inesplorati e il loro aiuto è sempre prezioso, anzi necessario. E il fatto che i nostri amici matematici abbiano sposato questa linea, dimostra quello che sostengo sempre con i miei studenti che i veri matematici sono sempre un po’ classici. Anzi, se si ascoltano con attenzione e senza pregiudizi, i classici e i matematici parlano lingue sorelle, fatte di esattezza, leggerezza, rapidità, visibilità e molteplicità, come ormai da tanti anni ci ha insegnato un nostro classico che torno a nominare, Italo Calvino in Lezioni americane, un testo che dovrebbe essere uno dei pilastri della costruzione della scuola italiana contemporanea.
Claudio: Sono d’accordo sul fatto che i matematici sono inevitabilmente, in qualche misura, classici. Prima dicevo che nel libro non presentiamo ricette che permettano di rispondere alle domande senza pensarci troppo: in effetti, il nostro tentativo è di inquadrare i quesiti di logica in un contesto più ampio, sottolineando gli aspetti culturali dei concetti di cui si parla.
Visto che il libro contiene molti quesiti tratti da test d’ingresso o da gare, una domanda sembra obbligata: cosa consigliereste a un studente che vuole prepararsi ai test di ingresso a medicina (o a un altro corso di laurea a numero chiuso) o agli studenti che vogliono prepararsi ai quesiti delle gare di matematica?
Claudio: I miei suggerimenti sono semplici, forse scontati. Consiglio di provare a fare i test assegnati in passato e di ripassare sui propri libri gli argomenti che si suppone saranno oggetto della prova. E poi abituarsi a tenere sotto controllo i tempi: può essere meglio saltare una domanda, piuttosto che dedicare a quella domanda un tempo eccessivo. Nei test a risposta multipla, è utile anche un procedimento per esclusione: escludo le risposte che mi sembrano palesemente scorrette e poi scelgo (a caso!) fra le rimanenti.
Infine, per concludere questa intervista, vi chiediamo se state già pensando ad un seguito di questo libro e in caso su che argomento?
Ginevra: La creazione di questo testo è stata un’esperienza veramente entusiasmante, un momento di studio nel senso etimologico del termine cioè pieno di passione, come si fa a non desiderare un’altra esperienza così. Non so che ne pensa Claudio, ma a me piacerebbe iniziare una collana di brevi libretti nei quali far vivere ai nostri cari Mens, Fulmen, e Aequor le esperienze dei più interessanti dei laboratori del liceo matematico, chissà? Insomma mi sono divertita e mi piacerebbe ripetere questa bella esperienza, vedremo! Per ora ci godiamo la compagnia dei nostri personaggi e dei nostri lettori.
Claudio: Confermo che l’esperienza è stata interessante e divertente per tutti noi. Vedremo se e come proseguire. Per ora, continuiamo a divertirci pubblicando osservazioni, notizie e, soprattutto, quesiti in una pagina facebook: www.facebook.com/DialoghiSullaLogica/
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