Presentiamo alcune idee dal primo convegno sulla nascente “Quantum Music”: 1st International Symposium on Quantum Computing and Musical Creativity, organizzato online dall’Università di Oxford.

Logo del convegno, con un pentagramma sovrapposto ai simboli tipici del quantum computing, con le righe per ogni qubit, H ed X come porte logiche, e i simboli di misura per la misura quantistica.

Se a volte la matematica spaventa, la fisica affascina sempre, nella sua complessità e, per così dire, nella sua stranezza.

Così è per la fisica che esula dalla nostra percezione sensoriale, e dalla nostra intuizione: la fisica del piccolo, con gli atomi e le particelle, e la fisica del grande, con le stelle, le supernove, le galassie.

Atomo di Rutherford, da Wikipedia. Il modello planetario dell’atomo è il più schematico e popolare, sebbene non il più preciso.

Recentemente si è diffusa nel grande pubblico l’espressione “meccanica quantistica”. Secondo la visione quantistica, nella scala dimensionale degli atomi e delle particelle subatomiche, l’energia non si mostra più continua ma “a pacchetti”, ossia “quantizzata”. Per visualizzare la discretizzazione, si può immaginare una trasformazione di uno scivolo in una scala a gradini. Si ha anche una seconda quantizzazione, la quantizzazione dei campi. Ma fermiamoci all’idea di diversi livelli di energia, in particolare su due: “su” e “giù”, up and down, 1 e 0.


Rappresentazione schematica di un atomo a due livelli energetici, “up”, indicato qui con il numero 2, e “down”, indicato qui con il numero 1. La differenza di energia fra i due livelli è il quanto di energia $\hslash\omega$. Potremmo indicare i due livelli con 1 e 0, rispettivamente. Immagine da Morandian & Kheirandish (2022)

Un’idea chiave della meccanica quantistica è la “sovrapposizione” degli stati e la “misura distruttiva”. Uno stato quantistico è dato dalla sovrapposizione di due (auto)stati, ad esempio lo 0 ed 1 menzionati sopra: non sappiamo se l’elettrone stia al piano superiore (1) dell’energia o a quello inferiore (0), ma possiamo dire quale sia la probabilità per entrambi i casi. Non sappiamo se un gatto in una scatola (provvista di un sistema per rompere una fiala con del veleno) sia vivo (1) o morto (0), quindi la nostra conoscenza del fenomeno è una sovrapposizione di probabilità di vivo + morto. Se apriamo la scatola, effettuiamo una misura, e sapremo se la risposta è “vivo” o “morto”, 0 o 1, portando al 100% la probabilità della risposta vincente, e 0% la probabilità dell’altra risposta (in gergo: facciamo collassare la funzione d’onda). Quello descritto è un esperimento mentale, fortunatamente mai davvero effettuato. In ambito quantistico, non sappiamo dove sia l’elettrone se non effettuiamo una misura. Dunque la misura è detta “distruttiva” perché l’azione del soggetto che misura interferisce con il sistema misurato, portando a 0 le chance di ottenere la risposta… che non viene ottenuta.

Schema dall’articolo di Mishra, 2019.

Immaginiamo nuovamente un atomo con due livelli di energia: un livello “su”, indicato con il numero 1, e un livello giù, indicato con il numero 0. La scelta di 0 e 1 ci avvicina all’informatica, con i due livelli dati da valori soglia di tensione elettrica. Nell’informatica quantistica si tiene conto dell’ampiezza di  probabilità di ottenere 1 e di ottenere 0. A partire da questa semplice analogia, si è sviluppato un intero ramo di ricerca, l’informatica quantistica, o “quantum computing” in inglese. E il bit classico, che può assumere i valori 0 o 1, diventa il bit quantistico, detto qubit, definito tramite la sovrapposizione di 0 e 1 con differenti ampiezze di probabilità.

Immagine dalla Treccani.

Il quantum computing è stato immaginato da Feynman, il fisico premio Nobel che ideò gli omonimi diagrammi per sintetizzare complesse interazioni fra particelle e, nel tempo libero, si dilettava a suonare il bongo.

Richard Feynman, immagine da https://sciencecue.it/richard-feynman-fisico-teorico/20990/

Il quantum computing, sfruttando proprietà prettamente quantistiche, permette di realizzare algoritmi più rapidi ed efficienti rispetto a quelli “classici”. Gli algoritmi quantistici possono essere simulati su computer classici o realizzati sui “computer quantistici” che sono diventati una realtà, sebbene siano ancora in numero ristretto e molto costosi.

Alcune grandi ditte, fra cui IBM e Amazon, mettono a disposizione di studiosi, e anche di semplici curiosi o appassionati, una parte della propria potenza di calcolo, per limitati intervalli di tempo, E dopo una paziente attesa in coda. Così, il breve codice scritto a Palermo può girare su un computer a Bogotà, e il risultato può rapidamente arrivare al luogo di partenza.  Sembra un po’ una nuova alba dei computer, con poche e grandi macchine, che lasceranno via via il posto a dispositivi sempre più piccoli e potenti, come l’aggeggio su cui state leggendo queste righe.

Un esempio di computer quantistico. È visibile l’intreccio dei cavi per leggere i vari qubits. Fonte: IBM, riportato da Ball, 2021

Ciò che tuttavia è forse meno noto al grande pubblico è la possibilità di applicazioni musicali del quantum computing. Il tema è stato l’oggetto di una conferenza.

Dove interviene il “quantum” nella musica? La fisica della musica, degli strumenti musicali, dell’acustica, è da sempre ampiamente studiata. Nel 1947, il premio Nobel per l’olografia Dennis Gabor ha proposto il ricorso alla meccanica quantistica come metafora per analizzare il mondo dei suoni, a partire dalla definizione del “quanto” del suono, il “phon”. Recentemente vi sono stati studi sui fononi, il quanto della vibrazione all’interno di cristalli di materia. L’idea stessa di “metafora” potrebbe sembrare qualcosa di non scientifico. Al contrario, presuppone il riconoscimento della diversa natura dei fenomeni trattati e delle somiglianze a livello di struttura. Ad esempio, il paradigma della corda vibrante in fisica acustica è stato poi applicato alla teoria dei campi (con la seconda quantizzazione). 

Per stabilire una connessione con un particolare ambito dell’acustica, la musica, è necessario stabilire dove i concetti quantistici e computazionali debbano rientrare, e con quali vantaggi per l’analisi o per la creazione musicale.

Immagine da questo articolo.

Nel convegno, organizzato da Oxford e svoltosi online, causa pandemia, nel novembre 2021, si sono susseguiti esempi di applicazione creativa e analitica del quantum alla musica. Il convegno è stato organizzato da Eduardo R. Miranda, della Plymouth University, uno dei pionieri nel settore della Quantum Music. La denominazione “Quantum Music” viene fatta risalire ad un intervento di Putz e Svozil durante un workshop nel 2013. Era stata indipendentemente proposta in un articolo del 2013, poi rivisto nel 2014, e già parte della mia tesi di laurea del 2012, su suggerimento di Giuseppe Compagno, mio relatore di tesi. E forse era stata indipendentemente immaginata e proposta da altri. Il tempo presente sembra costituire il momento d’oro del calcolo quantistico e delle sue (riscoperte) interazioni con le arti. Non è infrequente, nella storia della scienza, una contemporanea concomitanza di interessi.

Alcune sezioni della conferenza hanno riguardato dei tutorial, a cura di Omar Costa Hamido, che hanno mostrato come sia possibile, ad esempio, sonificare (mappare in suono) l’output di calcoli quantistici: da un gruppo indistinto di note e pulsazioni ritmiche, con l’operazione di misura se ne “estraggono” soltanto alcune. È stato anche mostrato come connettere il software Quantum Composer di Qiskit, uno degli strumenti di calcolo di IBM, con programmi prettamente musicali come MAX. Ogni elemento musicale è trattato come un “messaggio” che viene graficamente connesso con altri elementi, e su cui vengono effettuate operazioni.

Interventi focalizzati sulla concettualizzazione della quantum music si sono alternati con interventi su aspetti più prettamente applicativi e interdisciplinari.

Ho partecipato alla conferenza con un talk, realizzato in collaborazione con Davide Rocchesso dell’Università di Palermo, sull’applicazione della meccanica quantistica alla voce umana, con la definizione di “stati vocali” all’interno di uno spazio fonazione-turbolenza-effetti mioelastici, visto come xyz, e misurazioni quantistiche a partire da file audio. Il mio intervento integrale è mostrato nel video a seguire, che inizia con un disegno ispirato al quantum computing, Quantum Sphinx.

Altri interventi hanno riguardato l’interazione fra studi sul linguaggio naturale, l’informatica quantistica e la musica, finalizzati alla futura, possibile comprensione ultima dell’intelligenza musicale.

Si tratta dell’intersezione degli studi interdisciplinari fra linguaggio naturaleteoria delle categorie in matematica, linguaggio naturale e quantum computing, quantum computing e categorie, ad opera del gruppo di Oxford, rappresentato dal fisico e chitarrista Bob Coecke, e di Eduardo Miranda.

Bob Coecke. Immagine da https://www.cs.ox.ac.uk/people/bob.coecke/

Non sono mancanti gli interventi con proposte creative, come l’esplorazione di porte logiche e algoritmi per comporre musica, e musica composta in modo automatico, nonché concerti veri e propri.

In uno dei brani musicali proposti, i partecipanti hanno avuto modo di ascoltare in tempo reale il suono generato da “strumenti superconduttori”, ad opera di studiosi di Yale.

Un’altra applicazione ha riguardato la sintesi “fotonica” del suono, dove i suoni sono ottenuti a partire dai conteggi dei fotoni rilevati alla fine di un processo.

Screenshot dal video seguente.

Sono state anche presentate delle interfacce, come Quiko, dov’è possibile creare segnale armonico e percussivo direttamente nella sfera di Bloch, una rappresentazione grafica degli stati quantistici. 

Questo è il presente (e il futuro) che vorremmo vedere: non guerre e pandemie, ma confronto e collaborazione di studiosi provenienti da diverse parti del mondo, motivati a ricercare i legami tra arte e scienza.

Quantum Sphinx, disegno di M. Mannone

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