Ecco la seconda parte dell’intervista ad Angelo Vulpiani, professore diCaso_probabilità_Complessità_A_Vulpiani Fisica Teorica dell’Università “La Sapienza”.

Nella precedente prima parte, il docente  ha risposto alle nostre domande sul suo libro “Caso probabilità e complessità” (disponibile on line per esempio qui e qui).

In questa seconda parte, invece, risponderà alle nostre domande su tematiche come il rapporto fra politica e ricerca, la divulgazione, il mondo dell’università e della scuola. 

  

Parte 2: Riflessioni su mezzi di comunicazione, ricerca,   università e scuola

Sempre prendendo spunto dal suo libro, vorremmo ora proporle della
domande di carattere più generale di cui ci piacerebbe sapere la sua opinione.

D- La politica ed i mezzi di comunicazione moderni si occupano a sufficienza di scienza e, quando lo fanno, è nel giusto modo?

R- Decisamente no. I politici non perdono occasione per dire che la scienza è

Il prof. Vulpiani durante una sua lezione

Il prof. Vulpiani durante una sua lezione

importante, nella realtà non hanno nessun interesse e neanche la minima idea di cosa sia la ricerca, basti ricordare quel ministro che credeva ci fosse un tunnel per i neutrini dal CERN al Gran Sasso! Inutile dilungarsi sulla striminzita percentuale del PIL destinata alla ricerca, meno della metà della media europea. Sui giornali appaiono pochi articoli, tipicamente su argomenti sensazionalistici, o presentati come tali, in ogni caso quasi sempre sui soliti argomenti come cosmologia, meccanica quantistica, oppure sulle applicazioni. Questi articoli sono scritti da un numero molto piccolo di persone che ormai hanno l’esclusiva e scrivono anche di cose che non controllano. Tra le poche eccezioni c’è la Stampa e il Sole 24 Ore che settimanalmente dedicano alla scienza un paio di pagine, a volte con contributi di buon livello.

D- Nella sua pagina personale abbiamo trovato alcune citazioni da lei indicate come “perle di saggezza”. Una fra queste è quella di Boltzmann: “La cosa più pratica è una teoria che funzioni”. Ritiene che ci sia il rischio che la ricerca di base sia meno finanziata a favore di ricerche che promettono applicazioni più redditizie nell’ immediato?

R- La frase di Boltzmann è un chiaro ammonimento ai fautori di una scienzahorizon2020 che si dovrebbe occupare solo di “cose pratiche” ignorando gli aspetti teorici di base. In Italia, e non solo, assistiamo al tentativo di puntare solo sull’utilità
diretta. Si pensi alla politica scientifica europea che ispira il programma Horizon 2020 e che finanzia solo alcune tematiche, ignorando tutte le ricerche generali non direttamente applicate. Non sono affatto sicuro che questa politica riesca a garantire lo scopo che si propone. A quanto pare gli esperti di Bruxelles non sanno che studi su problemi molto astratti dopo qualche anno possono trovare utili applicazioni in ambiti molto diversi, l’ elenco è enorme, tra i casi più importanti: la relatività generale che si è rivelata fondamentale per il GPS, la meccanica quantistica che ha permesso la realizzazione del transistor e del laser, la logica che è stata fondamentale per i computer, l’analisi armonica su cui si basa la TAC e la teoria dei numeri strumento insostituibile per la crittografia.

D- Cosa pensa della divulgazione scientifica (in particolare quella matematica) nell’attuale panorama editoriale italiano?

R- Le case editrici italiane non hanno molto coraggio, tipicamente traducono i libri che hanno avuto successo all’estero. Ricordo che nel 2005, l’anno internazionale della fisica, in Francia vennero pubblicati decine di libri di fisica di tutti i livelli, in Italia niente. Con alcuni colleghi feci un tentativo di pubblicare un libro divulgativo sul moto browniano (a partire da uno degli articoli dell’ annus mirabilis di Einstein), le principali case editrici italiane risposero tutte nello stesso modo: non essendo un libro di testo e quindi non potendo noi assicurare un numero certo di copie vendute…

Anche per i periodici la situazione non è esaltante: abbiamo una rivista di livellolettera_matematica molto alto (Le Scienze), alcune di livello infimo, ma mancano quelle di livello medio alto, questo è, a mio avviso, l’aspetto più negativo del panorama italiano. In Francia, al contrario esiste un’ottima rivista di livello medio alto (La Recherche). Per la matematica c’è una rivista che a me piace molto (Lettera Matematica PRISTEM) pensata per i docenti, purtroppo circola poco, quasi solo per abbonamento. Poi c’è tutto il mondo dei blog, che potrebbe essere il futuro della divulgazione, per quel poco che ho visto c’è un po’ di tutto.

D- Sempre nella sua pagina personale, abbiamo trovato un divertentissimo elenco di “frasi da non dire durante l’ esame” (la migliore è “poi non farò più fisica”). Come vede gli studenti di oggi rispetto a quelli  di generazioni precedenti quali ad esempio la sua?

R- C’è uno zoccolo duro (diciamo un 5-10%) di motivati e bravi, quelli per i quali i corsi sono quasi inutili, a loro basterebbe l’indicazione di buoni testi. Circa un terzo sono ad un livello di quasi analfabetismo: arrivati al terzo anno di università, fanno errori di algebra elementare, pasticciano con i logaritmi e le funzioni trigonometriche, non ricordano la fisica di base; colpa della scuola superiore, certo, ma non solo. A parte il 5-10% di “bravi”, ed un altro 20% di dignitosi, c’è una folla amorfa che non si capisce bene perché abbia scelto una materia scientica. A volte alcuni studenti vengono a parlarmi per avere consigli, non pochi dicono che a loro interessa la biologia, altri la finanza o l’ingegneria; mi domando perché se ad uno interessa la finanza studia fisica? Quello che noto è la mancanza, in questa grande maggioranza, di motivazioni alte, la scienza non è vista come elemento culturale ma solo come base per cose pratiche.

D- In base alla sua esperienza di docente universitario, come vengono insegnate al liceo  materie come la matematica e la fisica?

R- Sulla carta i programmi di matematica e di fisica del liceo scientico sono grandiosi; alcuni libri di testo sono molto belli e completi. Se gli studenti sapessero veramente quello previsto dai programmi ministeriali (scritti da esperti di pedagogia ovviamente!) almeno il primo anno universitario sarebbe una passeggiata. Nella realtà quasi tutti gli studenti escono da liceo con una preparazione molto modesta, inoltre, in genere non sono abituati allo studio, stare ore seduti davanti ai libri e fare i compiti tanto per capirci.

D- Da più parti si ritiene che la probabilità e le sue applicazioni dovrebbero avere più spazio nel corso di studi di scuola secondaria superiore e nelle università. Qual è la sua opinione a riguardo?

R- Non avendo esperienza di insegnamento nella scuola secondaria non sono in grado di formulare proposte precise. Sicuramente viene dato uno spazio esagerato alla trigonometria, una parte potrebbe essere sostituita con gli aspetti più semplici della probabilità a partire ad esempio da un po’ di calcolo combinatorio. Nei corsi di laurea triennale in fisica la probabilità appare, in forma piuttosto rudimentale, nei corsi di laboratorio, poi, a parte in qualche corso facoltativo, gli studenti non hanno più occasione di studiarla. Da qualche anno ho inserito nel corso (obbligatorio) di Meccanica Statistica una piccola parte di probabilità; si tratta di un’eccezione quasi unica nel panorama nazionale.

D- Come suggerirebbe di introdurre alcuni fra i temi da lei trattati nel suo testo ad un insegnante di scuola secondaria?

R- Sinceramente non ho idea, temo che eventuali argomenti di probabilità inseriti nei programmi ufficiali (già enormi) potrebbero non essere assimilati dagli studenti. Vedo anche un problema con i docenti che in genere non conoscono la probabilità per il semplice motivo che all’ università non l’hanno studiata.

D- Quali indicazioni/suggerimenti si sente di dare ad agli studenti di scuola superiore che seguono realtà come il nostro blog e che stanno pensando di iscriversi ad una facoltà scientifica (in particolare nel suo caso a Fisica)?

R- Studiare bene la matematica, capisco è banale… ma è decisamente la cosa più importante se poi si vuole studiare fisica, o chimica o ingegneria.

D- C’è un argomento che le piacerebbe che fosse trattato nel nostro blog? E in caso si offrirebbe di aiutarci a trattarlo?

R- Big Data: una tematica la cui importanza è diventata enorme. Alcuni parlano di una vera rivoluzione anche concettuale; ad esempio il guru informatico C. Anderson sostiene che ormai la grande quantità di dati a disposizione rende il metodo scientico obsoleto: non sarebbe necessario studiare teorie generali, prendiamo i dati da Internet, cuciniamoli al computer ed avremo tutto quello che ci serve! Non è difficile mostrare che questa idea  è errata; tuttavia alcune tematiche dei Big Data sembrano interessanti, almeno a livello pratico. Potrei dare un piccolo contributo, sulla parte di critica ad Anderson.

D- Grazie della sua disponibilità! Accogliamo le sue proposte sui Big Data e la ringraziamo per  il suo contributo in merito.


 

Riproponiamo nuovamente anche in fondo a questa  seconda parte, questa interessante intervista all’autore realizzata in occasione dell’uscita del suo testo.

Per chi volesse approfondire questi temi, segnaliamo una serie di lezioni presenti su youtube sul tema Caos e Probabilità tenute dal prof. Vulpiani presso la scuola di Eccellenza Universitaria Tullio Levi Civita

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