Intro: Chi ha paura dell’infinito?


 “L’eterno silenzio di questi infiniti spazi mi terrorizza

Per secoli questa suggestiva frase di Blaise Pascal ha caratterizzato il modus operandi degli scienziati e, in particolare, dei matematici. Il concetto di infinito ha rappresentato, infatti, per moltissimo tempo un grosso buco nero nell’Universo della già smisurata conoscenza umana. Questo fenomeno è stato spesso identificato con il termine Horror Infiniti e riguardo, è interessante poter riportare all’attenzione una breve citazione di David Hilbert:

L’infinito! Nessun’altra domanda ha mai scosso così profondamente l’animo umano, nessun’altra idea ha stimolato così fruttuosamente l’intelletto; ancora nessun’altro concetto ha una più grande necessità di chiarificazione quanto quello dell’infinito!”

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Proveremo, allora, a trattare tale argomento più sensibilmente possibile, senza rischiare di incorrere in banali conclusioni, generalmente false. Vedete, infatti, parlare di infinito senza cadere in contraddizioni, evitando errori e soprattutto schivando gli innumerevoli paradossi che potremmo incontrare, non è affatto semplice. Basti pensare a Zenone, il filosofo greco. Come poteva una tartaruga scappare alla corsa di Achille “piè veloce”, pur possedendo pochi metri di vantaggio su di lui? Secondo il filosofo ogni qual volta Achille avesse raggiunto la tartaruga, questa si sarebbe spostata continuando per il suo cammino, ed egli sarebbe stato costretto a seguirla senza mai raggiungerla. È chiaro come il problema non risieda nella povera tartaruga o nella lentezza di Achille, il problema è proprio l’infinito. Come possiamo trattare questi paradossi, non legandoci al senso comune?

Come potremo vedere il “senso comune” è davvero una povera guida quando si ha a che fare con l’infinito

Passeggeremo tra i secoli e le menti più geniali della storia della matematica, conosceremo come nascono le idee, i teoremi e le più importanti dimostrazioni che questo labirinto ci porta necessariamente ad incontrare. Saremo, finalmente, in grado di capire l’infinito.

Alla nascita dell’Infinito

E all’inizio fu Euclide. Anzi no. Forse vi fu prima Pitagora. Beh sicuramente Pitagora è nato molto prima di Euclide, quindi la Matematica sarà nata con lui. Ma pensandoci neanche Talete va sottovalutato. L’aneddoto a cui si fa riferimento parlando di Talete, quello riguardante la serva che lo vide cadere in un pozzo mentre ammirava il cielo stellato camminando, quello sarà sicuramente antecedente a Pitagora e alla sua setta contro le fave. I pitagorici, infatti, sono noti anche per il terrore che avevano nei confronti delle fave. O almeno così dice la leggenda. Addirittura si narra che Pitagora stesso, pur di non attraversarne un campo, si fece catturare dei predoni che attaccarono la città di Crotone. Ma Talete, Talete sicuramente aveva “lavorato” prima di tutte queste vicende.

Sinceramente, non credo sia possibile associare ad un personaggio specifico l’ incipit della storia della Matematica. Principalmente perché è complesso persino definire effettivamente cosa sia la Matematica. Se, infatti, per Matematica intendessimo esclusivamente l’Analisi funzionale, ad esempio, dovremmo collocarla storicamente non prima del 1600. Mentre se ci riferissimo alla Geometria, potremmo indietreggiare di diversi secoli, giungendo persino alla Mesopotamia. Per l’Analisi Complessa, invece, dovremmo poterci spostare sulla linea del tempo di più di una decina di secoli in avanti, intorno al 1800. Si preferisce, più in generale, parlare di Matematica come il primo approccio scientifico alla realtà che ci ha circondati fin dall’origine della specie umana. Fare Matematica, allora, non sarebbe altro che cercare risoluzione a problemi di grado sempre più elevato, concreti o astratti che siano, nel minor tempo possibile e con il minimo dispendio di energie.

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Prendiamo, come primo esempio, l’uomo-allevatore. Consideriamo un gregge di diverse decine di pecore. Il pastore, nella preistoria come nell’attualità, aveva la necessità di sapere effettivamente quante fossero, non tanto per una motivazione economica o di pura curiosità, quanto perché gli sarebbe stato assai scomodo poter pensare di averne persa una solo intuitivamente. Beh, concretamente, sareste in grado di capire quante pecore avete perso lungo il tragitto per l’ovile senza contare? Secondo alcuni studi recenti, l’uomo è in grado di riconoscere in maniera immediata quantità molto piccole, che non superino le dita della propria mano. In ogni altro caso, egli è costretto a raggruppare idealmente gli oggetti, assimilarli a gruppi già noti (proprio come le dita della mano) e sommarli mentalmente. Ecco perché, ad esempio, è impossibile affermare in maniera precisa quante stelle sono visibili ad occhio nudo in una particolare nottata. Esiste, però, un modo poco dispendioso e diretto per quantificare un qualcosa? Sembrano ragionamenti particolarmente astratti, ma per l’epoca erano dei problemi significativi. Fu, però, grazie ai primi allevatori della preistoria che nacquero i numeri e, forse, potremmo dire la Matematica. Quando, infatti, iniziarono a capire che era possibile creare una funzione biettiva tra l’insieme delle pecore e l’insieme dei sassolini in una mano, poiché equipotenti tra loro, dettero vita anche a parte dell’algebra degli insiemi che attualmente studiamo.

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Il filosofo, nonché matematico, Bertrand Russell definì, all’interno del saggio “Introduzione alla Filosofia della Matematica” pubblicato dalla Newton Compton Editori, questo fenomeno come segue:

L’atto del contare consiste nello stabilire una correlazione uno ad uno tra l’ insieme degli oggetti contati e i numeri naturali (escluso lo 0) che si usano nel procedimento

Naturalmente, per il povero pastore questa spiegazione moderna sarebbe stata incomprensibile. A lui, allora, bastava associare ad ogni pecora un sasso e controllare, a fine giornata, se il numero di sassi fosse uguale a quello delle pecore (il ché significa proprio costruire una funzione biettiva tra i due insiemi). L’atto, in realtà, era ancora più semplice. Non pensate a numeri, a valori, a quantità definite. Pensate che ogni volta che una pecora rientrava nell’ovile il pastore lasciava cadere dalla propria mano un sassolino per terra. Se, dopo l’ultima pecora rientrata, non vi erano più sassi nella propria mano la giornata poteva dirsi conclusa in maniera soddisfacente.

Mi permetto una piccola digressione. Idee e concetti elementari riguardo i numeri (cardinali o ordinali che siano) si pensa possano esistere già alla nascita di un gran numero di animali. Alcune ricerche relativamente recenti provano che alcuni “giovanotti” di pollo domestico, ad esempio, e sicuramente dei più evoluti mammiferi sono in grado di far di conto dai primi giorni, distinguendo (seppur in maniera intuitiva ed indicativa) le quantità. (Forse forse l’uomo non è proprio l’unico matematico su questa Terra!)

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Pur finendo la giornata lavorativa dello stanco pastore del Neolitico, il decorrere della Matematica era divenuto inarrestabile e i problemi sempre più complessi e di difficile risoluzione.

La Storia della Matematica ebbe, allora, inizio.

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