Per molti anni le accese discussioni tra Albert Einstein, fondatore della teoria della relatività e padre della meccanica quantistica, e Niels Bohr, a pieno titolo uno dei fondatori della meccanica quantistica anch’esso, hanno acceso il panorama scientifico internazionale rendendo la scienza del XIX e XX secolo teatro di accese dispute. Perché mai due scienziati così vicini tra loro dal punto di vista intellettuale dovettero scontrarsi tanto? Il motivo non poteva essere altro che una delle teorie più belle ed esotiche mai nate dalla mente umana. Stiamo parlando della meccanica quantistica.
La teoria della meccanica quantistica, a differenza della teoria della relatività che fu un parto del solo Einstein, deve la sua nascita ad un gruppo di scienziati che pezzo dopo pezzo composero un puzzle avvincente e strano. Fenomeno dopo fenomeno si addentrarono in una serie di bizzarrie che la meccanica classica non poteva nemmeno immaginare. La formulazione della teoria della meccanica quantistica è lungi dall’essere terminata. Anche oggi continua a fare nuove previsioni che si applicano sempre più spesso anche alla vita di tutti i giorni (come non pensare ai computer quantistici).
Tutti noi sappiamo una cosa sulla teoria quantistica. Essa è strana, è bizzarra e contro intuitiva. A dispetto di ciò, sfido la maggior parte di voi a darmi una sola buona ragione per cui essa lo sia veramente. Molti di voi non ne troveranno nessuna; proprio a loro consiglio di continuare la lettura di questo articolo (e delle successive parti) in modo che alla fine avranno chiaro, almeno per sommi capi, perché tale teoria si comporta in modo così bizzarro.
Perché Albert Einstein si oppose così duramente alla teoria quantistica? Quello che lo scienziato non riusciva a mandare giù era la perdita di determinismo che la teoria quantistica introduce nell’universo. I suoi sforzi di opporsi alla meccanica quantistica sono ben sintetizzati da quella che, forse, risulta essere la sua frase più nota, Dio non gioca a dadi. L’interpretazione probabilistica della meccanica quantistica è dovuta proprio a Niels Bohr e a quella che viene comunemente indicata come scuola di Copenaghen. Per tutta la vita Einstein continuò a proporre a Bohr problemi e contraddizioni che si incontravano nella formulazione probabilistica della meccanica quantistica; a tutte Bohr trovò una risposta soddisfacente. Quando non poté trovare una risposta adeguata alle obiezioni sollevate da Einstein semplicemente si limitò ad ignorarle. In tale contesto ci riferiamo ad un fenomeno preciso, quella che fu l’ultima stoccata alla meccanica quantistica di Einstein, ovvero l’entanglement quantistico. Ancora una volta, se non sapete di cosa stiamo parlando, o ne avete sentito parlare vagamente alla fine di queste brevi lezioni avrete tutto molto più chiaro.
Oggi giorno la meccanica quantistica risulta essere un campo in cui si trovano a proprio agio solo i fisici più esperti. Perché questo? In parte è certamente imputabile alla complessa matematica che giace alle spalle di essa ma questa scusa non può essere sufficiente ne tanto meno accettabile. Molti campi della fisica, si veda la teoria dei campi, sono sorretti da una matematica complicata e pure chiunque abbia un minimo di interesse per la matematica riesce a padroneggiarli senza troppi problemi. Detto questo, non ci sono poi tante scuse per non comprendere la meccanica quantistica.
Inoltre, va fatto notare, che la fisica quantistica risulta essere molto più generale della fisica classica con cui noi tutti ci troviamo a nostro agio. La fisica classica, risulta essere una sua approssimazione quando le masse in gioco sono abbastanza grandi. Se fino ad ora avete considerato la fisica quantistica come una fisica classica con l’aggiunta di qualche stravaganza dovete cambiare il vostro punto di vista.
Il perché di tutto questo
Parlare di meccanica quantistica non risulta mai facile. Lo ha fatto la nostra Nunzia in questo post sul principio di indeterminazione e in quest’altro post sulla fisica dei quanti con degli ottimi risultati. Quello che andremo a fare qui sarà proporre alcuni concetti fondamentali della meccanica quantistica sfruttando l’algebra delle matrici…ammettetelo, lo avevate intuito dal titolo. Andremo a costruire passo dopo passo una impalcatura fatta di vettori e spazi vettoriali complessi e numeri complessi.Ora non ci resta che decidere da dove cominciare, esempio o matematica? Sto scrivendo queste righe ad un orario insolito (non per me ovviamente), sono le 2:56 e, non so voi, ma a me di formule matematiche a quest’ora non mi va proprio.
Spin me up… or down
La meccanica quantistica si occupa di particelle di dimensioni infinitesimali. Gli atomi sono le particelle più grandi di cui la meccanica quantistica si occupa mentre gli elettroni risultano essere le particelle preferite dalla teoria quantistica. In particolare in questo esempio ci concentreremo su una proprietà, ecco il primo errore formale della mia trattazione, dell’elettrone: lo spin.
Perché affermare che lo spin è una proprietà dell’elettrone è formalmente scorretto? Eppure nei corsi di chimica abbiamo imparato proprio questo. In meccanica quantistica lo spin di un elettrone, ma questo vale per ogni altra particella, rappresenta un sistema fisico a se stante che può essere studiato indipendentemente dalla particella stessa. Tutti noi abbiamo familiarità con il concetto di stato nella fisica classica e se non sapete la definizione di sistema tanto meglio, avreste dovuto dimenticarla in ogni caso. In meccanica quantistica un sistema si comporta in modo completamente diverso da quanto avviene nella fisica classica cosicché i due concetti sono completamente estranei l’uno all’altro.
Fornirò un ulteriore livello di dettaglio nel prossimo post quando sarà realmente necessario conoscere queste cose. In questo momento ci occorre soltanto un po di logica… la logica delle 3 del mattino nel mio caso.
Bene! Immaginiamo di voler misurare lo spin di un elettrone. Per compiere tale operazione occorre avere uno strumento di misura adatto allo scopo. Per il momento non preoccupiamoci di come lo strumento di misura sia fatto. Per quanto ne sappiamo potrebbe anche essere un folletto che alza una lavagnetta con sopra scritto il valore dello spin.
A questo punto è d’uopo una precisazione. Lo spin dell’elettrone è uno sistema che può assumere solo due stati +1 o -1 per tanto si configura come un sistema binario. A titolo informativo va fatto notare che tale sistema è alla base dei computer quantistici nel quale ha lo stesso ruolo che un bit ha in un computer classico. L’equivalente quantistico di un bit si chiama qbit.
Nel seguito indicheremo lo spin con la lettera greca $$\varphi$$ per cui potremmo avere $$\varphi=\pm1$$. Messo il nostro folletto davanti all’elettrone gli chiediamo di misurare lo spin e darci un valore. Esso alzerà la sua lavagnetta e sopra leggeremo +1 oppure -1 in modo del tuto casuale. La casualità riguarda solo la prima misura. Se gli chiediamo di misurare ancora lo spin della particella (lungo la stessa direzione) il risultato non sarà più casuale ma sarà sempre uguale a se stesso. Una volta assegnato un valore nella prima misura alle misure successive leggeremo sempre lo stesso. In meccanica quantistica diremo che la prima misura prepara il sistema e le misure successive non fanno altro che confermarne lo stato.
Prendiamo il nostro folletto e giriamolo di $$180$$° fino a metterlo a testa in giù. Poteva andargli peggio, poteva essere rinchiuso in una scatola con una fiala di veleno quindi i gruppi a tutela dei diritti dei folletti stiano tranquilli. Al nostro folletto messo a testa in giù chiediamogli di misurare di nuovo lo spin. In questo caso otterremo un valore opposto a quello ottenuto in precedenza. Se nella prima misura avevamo ottenuto $$+1$$ ora sulla lavagnetta leggeremo $$-1$$ e viceversa. Sebbene la cosa possa sembrare strana anche in meccanica classica possiamo incontrare questo fenomeno. Dite di no? Pensateci bene…
In meccanica classica o in qualsiasi campo della matematica incontriamo i vettori. Cosa avviene ad quando leggiamo la componente di un vettore lungo un asse? Essa positiva se presa in un senso e negativa se letta in senso opposto. Per lo spin accade la stessa cosa. Ipotizzando un ipotetico asse $$z$$ diretto dai piedi verso la testa del folletto e supponendo di stare leggendo la componente lungo questo asse dello spin, ovvero stiamo leggendo $${\varphi}_{z}$$, ha perfettamente senso che ruotando di $$180$$° il nostro strumento di misura (beh, si… il folletto) il segno della componente cambi.
Dire che lo spin ha una componente lungo l’asse $$z$$ equivale a dire, in modo più o meno implicito, che ha anche delle componenti lungo l’asse $$x$$ ed $$y$$. Possiamo misurare tali componenti? Certamente si. Orientiamo il nostro folletto lungo l’asse $$x$$ (dalla posizione iniziale lo ruotiamo di $$90$$° in senso orario) e chiediamogli di misurare lo spin lungo quest’asse. Prima che il folletto alzi la lavagnetta con il risultato qualcuno vuole provare ad indovinare? Se lavorassimo con i vettori classici la risposta deterministica sarebbe $${\varphi}_{x}=0$$ in quanto lo spin è orientato lungo l’asse $$z$$.
Se ora sveliamo il valore sulla lavagnetta rimarremmo sorpresi dal leggere ancora una volta $$+1$$ o $$-1$$. Non ve lo aspettavate vero? Il sistema di spin è davvero ostinato e continua a fornire solo questi due valori e nessun altro. Vi ricordate quando abbiamo detto che la prima misura prepara lo stato di spin e che le misure successive non fanno altro che confermarlo? Sono passate poche righe e stiamo subito per smentire quest’affermazione; ma d’altronde si sa la meccanica quantistica è priva di certezze.
Supponiamo di compiere i seguenti passi per la realizzazione della misura.
STEP 1: Misuriamo lo spin lungo l’asse $$z$$ e per comodità, senza ledere la generalità della trattazione, supponiamo il suo valore sia $$+1$$.
STEP 2: Misuriamo lo spin lungo l’asse $$z$$ di nuovo. Otterremo lo stesso valore dello STEP 1 in ogni misura.
STEP 3: Ruotiamo il nostro strumento di misura di $$90$$° in senso orario e misuriamo lo spin lungo l’asse $$x$$. Il valore letto è $$+1$$.
STEP 4: Misuriamo di nuovo lo spin lungo l’asse $$x$$. Il valore letto non sarà di nuovo necessariamente $$+1$$; potrebbe esserlo ma non è detto.
Questo avviene perché quello che noi abbiamo preparato è lo spin lungo l’asse $$z$$. La misura dello STEP 1 prepara solo questa quantità che quindi risulta determinata. Nulla abbiamo detto o preparato riguardo lo spin lungo l’asse $$x$$ che, per tanto, soggiace ancora alle regole del caso.
Modifiche di sistema
Prima di concludere il nostro post con una sconcertante rivelazione voglio sottolineare un aspetto importante della meccanica quantistica che in fisica classica non viene mai rilevato. Ancora una volta presenterò tale fenomeno in forma puramente logica rimandando al prossimo post maggiori dettagli in merito e quelle che sono le sue implicazioni.
Supponiamo di ripetere la misura in accordo con gli STEP presentati sopra ma fermiamoci a STEP 3. A questo punto il passo successivo è
STEP 4: Riportiamo il folletto lungo l’asse $$z$$ e misuriamo di nuovo lo spin.
Ci aspetteremmo che il valore riportato da STEP 4 sia di nuovo $$+1$$. Tutto sommato abbiamo detto di aver preparato lo spin lungo $$z$$ in un determinato stato e che ogni misura successiva può solo confermare quello stato. Il risultato di STEP 4 è perfettamente aleatorio. Può essere con pari probabilità $$+1$$ o $$-1$$. Questo avviene in quanto la misura dello spin lungo l’asse $$x$$ perturba il sistema riportandolo in uno stato di indeterminazione. Misurando la componente lungo $$x$$ dello spin perdiamo il valore che avevamo inizialmente fissato per la componente $$z$$. Questo fenomeno è uno dei fondamenti della meccanica quantistica è non dipende dal fatto che stiamo usando un folletto per la misura invece che una costosissima apparecchiatura super sofisticata. Avremmo lo stesso comportamento del sistema di spin in ogni caso.
Ecco svelato il trucco
Facciamo un passo indietro e torniamo alla nostra misura dello spin lungo $$x$$. Abbiamo detto due cose; la prima è che ancora una volta il valore di $${\varphi}_{x}$$ può essere soltanto $$+1$$ o $$-1$$; la seconda è che se ripetiamo la misura $$N$$ volte avremo una successione casuale di $$+1$$ e $$-1$$. Ma è qui che entra in gioco la magia della meccanica quantistica, ma anche quello che Einstein proprio non riusciva a digerire, se facciamo la media di tutte le misure il valore che esce fuori è proprio quello $$0$$ che la meccanica deterministica avrebbe predetto. Quello che risulta essere zero è il valor medio dello spin lungo l’asse $$x$$.
In meccanica quantistica il valore medio di una grandezza si esprime racchiudendo la grandezza all’interno delle parentesi angolate $$\langle$$ e $$\rangle$$.
Quello che quindi possiamo scrivere è che $$\langle {\varphi}_{x} \rangle = 0$$ e questo basta per soddisfare noi e far infuriare il povero Einstein.
Cosa accadrebbe se invece di misurare lo spin lungo l’asse $$x$$ lo misurassimo lungo un versore $$\hat{n}$$ ruotato di un angolo $$\theta$$ rispetto all’asse $$z$$? Il risultato datoci dal folletto sulla singola misura sarebbe ancora $$+1$$ o $$-1$$ ma il suo valor medio tenderebbe al coseno dell’angolo, ovvero $$\langle {\varphi}_{\hat{n}} \rangle = \cos (\theta)$$. Questo è esattamente quanto previsto dalla meccanica classica.
Ultimo caso da prendere in considerazione è quello in cui lo stato iniziale del sistema di spin sia preparato non lungo l’asse $$z$$ ma lungo un generico versore $$\hat{m}$$. Cosa avviene se misuriamo il valore dello spin lungo un secondo versore $$\hat{n}$$ arbitrariamente orientato nello spazio? Il valore medio dello spin lungo $$\hat{n}$$ vale $$\langle {\varphi}_{\hat{n}} \rangle = \hat{m} \cdot \hat{n}$$.
Davvero impressionante. Quello che avviene in meccanica quantistica è un fenomeno davvero affascinante. La singola misura risulta essere aleatoria e può assumere in modo casuale il valore $$+1$$ o $$-1$$ impedendoci di fornire una previsione attendibile della misura stessa. Il valore medio di molte misure, invece, fornisce un valore deterministico e stimabile a priori.
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Se nello step 3 eseguo una misura lungo x, sto facendo collassare la funzione d’onda sul nuovo stato (proprio come per la prima misura lungo z) quindi una misura successiva mi restituisce di nuovo il valore ottenuto la prima volta ( a meno che eseguo altre misure lungo altre direzioni nel frattempo); resta vero che ho perso l’informazione lungo z.
E’ possibile avere una versione pdf di questo post e della seconda parte? Grazie