Ecco la seconda parte dell’intervista recensione sul libro “Storia di pi greco” scritta da  Pietro Greco, giornalista scientifico e autore di  libri divulgativi. Questa volta l’autore risponderà a domande sulla sua professione di giornalista scientifico, sulla divulgazione in Italia, sull’insegnamento e molto altro (clicca qui per leggere, invece, la prima parte).


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Pietro Greco durante una sua conferenza al Festival di Scienza e Filosofia di Foligno

– Come è nata la sua professione di giornalista scientifico? Rispetto a quando ha iniziato, riscontra una nuova sensibilità nelle redazioni sulle tematiche della scienza?

Sono diventato giornalista scientifico per caso. Amavo il giornalismo e mi piccavo di saper scrivere, ma facevo il chimico. Poi, nel 1987, un amico mi introdusse a L’Unità che aveva appena inaugurato una pagina quotidiana dedicata alla scienza e fu una folgorazione. In capo a poche settimane lasciai la chimica e sposai il giornalismo scientifico.

La secondo domanda è un po’ più complessa. La crisi dell’informazione su carta sta restringendo gli spazi del giornalismo scientifico su quotidiani e riviste. Tuttavia c’è una crescente domanda di informazione scientifica che si alimenta sempre più sia attraverso i nuovi media che attraverso altri canali, tradizionali e innovativi.

L’elemento di novità è dunque la crescita della domanda di informazione scientifica.

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– In passato è stato direttore del Master di comunicazione scientifica della SISSA di Trieste e nel 2010 ha fondato un master di comunicazione della scienza all’università Bicocca di Milano. Ritiene che in Italia siano diffusi percorsi adeguati per formare una nuova generazione di “comunicatori scientifici”?

Sì, oggi in Italia ci sono buoni canali di formazione alla comunicazione della scienza. Con due problemi. Il principale è che i giovani formati – come tutti i giovani – fanno fatica a trovare un lavoro stabile, per cui sono costretti troppo spesso alla dura vita del free lance. Inoltre l’informazione è sempre più internazionale e il nostro bellissimo italiano risulta per certi versi un ostacolo. Bisogna fare un salto di qualità e iniziare a comunicare anche dall’Italia nella lingua franca, l’inglese.

– Cosa pensa della divulgazione scientifica in Italia ed in particolare quella relativa alla matematica?

Lo dico molto brevemente, ma seccamente: è di buona qualità. Non ha nulla da invidiare alla divulgazione scientifica proposta in altri paesi. Talvolta è persino più profonda. Resta il problema di cui sopra: nel mondo faticano ad accorgersene per via della lingua.

– Da ex direttore della Fiera dell’editoria scientifica di Trieste, cosa ne pensa,fest-fiera-editoria-scientifica-trieste inoltre, della situazione dell’editoria scientifica italiana di adesso?

In Italia si leggono pochi libri. E il nostro sistema editoriale pecca un po’ di esterofilia. Ma, ripeto, anche nel settore libri gli autori italiani sono di buon livello e nulla hanno da invidiare ai colleghi di altri paesi.

– In base alla sua esperienza, la politica e i mezzi di comunicazione si occupano a sufficienza di scienza?

Purtroppo no. Ma non perché i nostri politici e i direttori dei nostri giornali siano più ignoranti che all’estero. A mio avviso la scarsa attenzione di politici e media per la scienza nasce dal ruolo marginale che la scienza ha nel nostro sistema produttivo. È l’economia che domanda poca scienza e questo non si riflette solo sul sistema di comunicazione. Il declino italiano degli ultimi trent’anni si spiega proprio sulla base del fatto che la ricerca scientifica è diventata ovunque il motore dell’economia, tranne in Italia dove la specializzazione del sistema produttivo è ancora fondata sul medium e low-tech.

– Cosa ne pensa dell’attuale modo di insegnare le scienze nelle scuole italiane?

Su questo non mi pronuncio. Non ho competenze. So che abbiamo avuto grandi maestri: penso a Maria Montessori e, per la matematica, a Emma Castelnuovo. E so che i nostri giovani quando vanno all’estero risultano più preparati e più svegli di altri giovani europei. Ne deduco che il nostro sistema formativo deve essere di buon livello.

Emma Castelnuovo durante una delle sue lezioni

Emma Castelnuovo durante una delle sue lezioni

– Quali indicazioni/suggerimenti si sente di dare agli studenti di una scuola superiore che seguono realtà come il nostro blog e che stanno pensando di iscriversi ad una facoltà scientifica?

Di insistere. Perché è solo sulla conoscenza e, in particolare, sulla conoscenza scientifica che possiamo costruire non solo un futuro migliore, ma anche socialmente più equo ed ecologicamente più sostenibile. Suggerisco, tuttavia, di coltivare sempre la propria curiosità a 360 gradi, e il proprio spirito critico. Curiosità e spirito critico sono i caratteri essenziali dell’attività scientifica.

– Attraverso il “pi greco day”, giornata di festa diffusa in tutto il mondo che si svolge il 3.14 (ovvero il 14 marzo), si sta diffondendo nel mondo la conoscenza dell’importanza del pi greco nella matematica e più in generale un diverso approccio alla materia. Cosa pensa di questo tipo di iniziative?

Io penso che siano molto utili. Perché coinvolgono grandi masse e contribuiscono a rompere luoghi comuni secondo cui la matematica e la scienza sono solo per pochi particolarmente dotati. Tutti, invece, possiamo comprendere e gustare i concetti fondamentali della scienza, matematica inclusa. E tutti possiamo farlo divertendoci.

– Da esperto di comunicazione, ha qualche suggerimento per migliorare il nostro progetto di divulgazione “Math is in the Air”?

No, non ho alcun consiglio specifico. Evito sempre di dare consigli. Se non quello di lasciare briglia sciolta alla propria creatività.

-C’è un argomento che vorrebbe fosse trattato nel nostro blog? E in caso si offrirebbe di aiutarci a trattarlo?

Penso che quello storico e, nel contempo, interdisciplinare sia un approccio interessante per comunicare la scienza. Ivi inclusa la matematica. Se volete, sono a disposizione.

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