Proponiamo a tutti voi lettori  questa intervista/recensione del libro “Storia dipietro_greco π”  scritto da  Pietro Greco giornalista scientifico e scrittore di diverse opere divulgative come “La scienza e l’europa. Dal seicento all’ottocento” e “Marmo pregiato. Albert Einstein, la relatività e la ricerca dell’unità fisica”.

Qui di seguito riportiamo l’interessante intervista concessa dall’autore sul suo libro edito da Carocci (disponibile online per esempio qui e qui)


– Può spiegare ai nostri lettori come è nata l’idea di scrivere un libro sul π ? Instoria_pi_greco che senso “pi greco l’ha perseguitato dolcemente”?

L’idea è maturata nel tempo. Mi chiamo Pietro Greco, che abbreviato può diventare “pi greco”. Dunque il numero mi ha sempre incuriosito. Alcuni anni fa mi divertii molto a scrivere un articolo su L’Unità, di cui sono stato per oltre 25 anni giornalista ed editorialista scientifico, sulla storia di π. Un docente di matematica del liceo Blaise Pascal di Reggio Emilia ritaglia quell’articolo e poi mi invita per il 14 marzo 2015, che in inglese è scritto 3.14.15 e richiama i primi quattro decimali di π, al π Day organizzato dal suo liceo. Lì scatta la molla definitiva. Propongo all’editore Carocci una “Storia di π” scritta da Pietro Greco.

Il numero mi perseguita, dolcemente, perché da sempre colleghi, docenti e amici mi chiamano “pi greco”. Qualcuno anche “3 e 14”. È una persecuzione. Ma piuttosto simpatica.

– Quali sono gli obiettivi che si è prefissato nello scrivere questo libro?

Io scrivo libri per una ragione fondamentale: imparare divertendomi. Ho scritto “Storia di π” proprio per questa ragione, imparare di più di questo numero, divertendomi. Ovviamente, essendo un professionista della comunicazione, scrivo anche per trasferire informazione in maniera piacevole ad altri sperando che sia un’occasione utile di formazione.

– All’inizio del testo parla delle tavolette di Susa. Perché queste le tavolette e, in particolare la tavoletta 7302 risalenti alla fine del terzo millennio a.C., sono importanti?

Per due ragioni, essenzialmente. Perché, risalendo al II millennio a.C., è uno dei primi documenti in cui compare π con un valore (3,125) abbastanza preciso. Inoltre per calcolarlo i Babilonesi utilizzano un metodo geometrico. Cosicché le tavolette di Susa dimostrano che quegli antichi abitanti delle terre comprese tra il Tigri e l’Eufrate conoscevano non solo la matematica, ma anche la geometria.

– Nel secondo capitolo sulla figura di Archimede scrive che questo grandearchimede_img matematico e fisico: “in un colpo solo ci dà un valore più preciso di pi greco, un metodo scientifico per continuare e migliorare il calcolo e ci fornisce una prima indicazione sulla natura di questo numero”. Ci può anticipare una spiegazione di questa frase?

Archimede sviluppa il metodo dell’esaustione, proponendo che π possa essere calcolato con precisione considerando il valore della circonferenza come il limite tra il perimetro di un poligono con un numero crescente di lati che vi è iscritto e il perimetro di un poligono con un numero omologo di lati in cui la circonferenza è iscritta. Facendo questo Archimede propone un metodo rigoroso per la misura di π, introduce il concetto di limite che sarà ripreso solo molti secoli dopo ed è oggi alla base del calcolo differenziale e suggerisce che π sia un numero illimitato. Non è davvero poco, quello che ha fatto il grande Siracusano.

– Nel terzo capitolo parla delle scuole matematica delle Grecia classica come, per esempio, la scuola ionica, quella dei sofisti, l’accademia di Platone. Quali aspetti di queste scuole secondo lei sono più interessanti?

Sono interessanti per due motivi. Il primo è che viene proposta per la prima volta un sistema di trasferimento delle conoscenze che chiamiamo scuola. Con un maestro e molti discenti. E con un’attività di ricerca per la produzione di nuove conoscenze. Inoltre quelle scuole sono importanti perché associano la ricerca matematica a quella filosofica, gettando le premesse, così, per lo sviluppo della matematica moderna (perché tal è quella di Euclide e di Archimede).

– Il capitolo 4 è dedicato alla scienza ellenistica. Quali sono stati i contributi in questo periodo alla storia del pi greco? Perché Euclide e Archimede, nella loro diversità, sono stati così importanti?

Proprio perché loro e gli altri matematici ellenistici hanno inventato la matematica moderna, ovvero hanno fatto della matematica una scienza rigorosa. E in questa operazione π ha trovato una sua forte collocazione.

– Nel capitolo 5 parla del “dopo Archimede” e affronta anche la matematica sviluppate al di fuori dell’ellenismo. Ci vuole fare degli esempi secondo lei significativi di ciò?

La matematica è appannaggio di tutte le culture. Tutti gli uomini in ogni epoca, anche nel paleolitico profondo, hanno contato. Ma la matematica diventa una scienza rigorosa solo in epoca ellenistica. Grazie a processi di diffusione culturale la matematica ellenistica, magari in maniera non organica, giunge anche in India e in Cina, contribuendo allo sviluppo della disciplina anche in quelle civiltà. Infine la matematica ellenistica è stata ripresa dalla civiltà islamica, che l’ha arricchita con elementi indiani (si pensi alla numerazione posizionale) e forse anche cinesi. E poi lo ha donato ai popoli dell’Europa più occidentale. Pensi che la prima versione in latino degli Elementi di Euclide è una traduzione dall’arabo realizzata nel XII secolo. Sono passati 1500 anni prima che gli europei, buoni ultimi tra i popoli dei tre continenti connessi (Asia, Africa e appunto Europa), potessero conoscere la matematica ellenistica.

-Nel sesto capitolo, invece, affronta il contributo europeo alla storia del pileonardo-fibonacci-picture greco e viene fatta interessante disamina dei contributi che, partendo da Fibonacci, arrivano fino all’avvento dei “cacciatori di cifre”. Ci vuole fare qualche esempio per rendere conto della vivacità culturale del periodo affrontato nel capitolo?

Il primo matematico creativo europeo – considerando Archimede appartenente a pieno titolo alla civiltà ellenistica – è stato Leonardo Pisano detto il Fibonacci. Vissuto non a caso tra il XII e il XIII secolo. Non a caso perché è proprio in questo periodo che finalmente l’Europa scopre la scienza e la sviluppa con crescente originalità. Certo, con la grande crisi del Trecento, il rapporto con la scienza di fatto si interrompe. Ma poi riprende in maniera affatto originale nel Rinascimento, quando finalmente le opere matematiche di epoca ellenistica vengono tradotte direttamente dal greco. I grandi artisti del Quattrocento – da Brunelleschi, Masaccio e Donatello fino a Piero della Francesca, Leonardo e quant’altri – sanno di matematica e spesso sono, è il caso di Piero della Francesca, matematici creativi. Sono loro gli scienziati/artisti del Rinascimento che creano le premesse per la “rivoluzione scientifica” del Seicento con la quale l’Europa assume la leadership scientifica mondiale.

– Nel successivo capitolo, dedicato alla nascita dell’analisi, analizza il percorso fatto da mostri sacri come Newton e Leibniz per arrivare alla creazione dell’analisi. In questo capitolo però evidenzia anche il contributo di matematici “precursori” come John Wallis e James Gregory. Vuole anticipare ai nostri lettori in che modo le loro ricerche si intersecano con la storia di pi greco?

La produzione di nuova conoscenza scientifica non è quasi mai opera di geni isolati, ma quasi sempre il frutto di crescite incrementali cui i geni spesso danno una formidabile accelerazione. Newton e Leibniz hanno appunto dato una formidabile e decisiva spinta a un lavoro iniziato molto tempo prima. Penso, per esempio, al francese François Viete, che un secolo prima di Newton e Leibniz, non solo supera Archimede, nel senso che ottiene un valore di π più preciso, ma rinnova il metodo, proponendo un’espressione analitica e non più geometrica per calcolarlo.

– Sempre in questo capitolo parla dei 18 mesi più prolifici della storia dellaisaac_newton matematica (e forse anche della fisica) . Può dire ai nostri lettori chi è il protagonista e perché?

Il protagonista è Isaac Newton. Che in quei diciotto mesi fornisce un’accelerazione straordinaria sia alla fisica, elaborando la teoria della gravitazione universale, sia alla matematica, inventando il calcolo differenziale. Niente male, per un ragazzo di soli 23 anni.

Nel capitolo successivo parli della “vera essenza di pi greco” ovvero del suo essere un numero irrazionale e trascendente. Perché questi caratteristiche sono importanti per questo numero?

Perché finalmente conosciamo, per così dire, la sua “vera natura” di numero decimale illimitato non periodico che resta tale anche se lo eleviamo al quadrato. Anche la radice di 2, come si accorse il povero Ippaso già ai tempi di Pitagora, è un numero irrazionale. Ma se elevo al quadrato la radice di 2, ottengo un numero intero: 2, appunto. Se elevo al quadrato π, invece, ottenendo di nuovo un numero decimale illimitato non periodico. Possiamo dire, scherzando, che π è proprio irrecuperabile.

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