Pubblichiamo la terza e ultima parte del contributo esterno su “Matematica e rischio di credito” inviatoci da Giovanni Conti, ingegnere elettronico che si occupa di software per le segnalazioni di vigilanza. La prima parte la trovate qui, mentre la seconda qui
Al termine di questa serie di contributi, è necessario, infine, un breve excursus su un concetto fondamentale dell’analisi del portafoglio che viene utilizzato per la stima dei rendimenti, ma torna utile anche nella nostra stima di perdite: la diversificazione.
Questo è un concetto piuttosto intuitivo e ci dice che si rischia di meno se “non si mettono tutte le uova nello stesso paniere”: è chiaro che se abbiamo un portafoglio con un certo rendimento medio (o perdita media) e adeguatamente diversificato, quindi costituito da titoli di diversi emittenti, da prestiti erogati a controparti diverse, ci attendiamo che il comportamento anomalo di uno solo degli elementi costituenti il portafoglio non sia in grado di spostare più di tanto il rendimento/perdita del portafoglio stesso.
Nella (1bis), introdotta nella precedente parte ovvero:
$$L_n=\sum_{i=1}^n U_i(e_i,K) LGD_i EAD_i$$)
si ipotizza sempre di aver fissato K: come conseguenza di un fenomeno di diversificazione, esattamente come avviene con il lancio della monetina, se n è grande ed i prestiti sono tutti “simili” tra di loro nel senso che non ci sono prestiti troppo più elevati di altri, la variabile aleatoria $$L_n$$ può essere approssimata con il suo valor medio e cioè con la quantità non aleatoria $$\tilde L_n$$(K è fissato per ipotesi):
$$\begin{equation} \tag{1 ter} \tilde L_n= \sum_{i=1}^n Prob[U_i(e_i,K)=1]LGD_i EAD_i \end{equation}$$
in cui abbiamo sostituito il risultato effettivo del lancio della monetina, rappresentato da $$U_i$$ con la probabilità che $$U_i$$ sia uguale a 1 (in altri termini si è sostituito il valore aleatorio di $$U_i$$ – aleatorio perché, anche se abbiamo fissato K, $$U_i$$ dipende dalle variabili aleatorie $$e_i$$ – con il suo valore medio ottenendo così un carattere meno volatile delle perdite).
Tale sostituzione è spiegabile, dal momento che la quantità $$E[(L_n – \tilde L_n)^2]$$ cioè la varianza della variabile aleatoria $$L_n$$ intorno al suo valore medio tende a zero se n è grande e se le esposizioni $$EAD_i$$ sono “simili” tra loro: infatti, la quantità $$L_n – \tilde L_n$$ risulta pari a
$$\begin{equation*} L_n – \tilde L_n= \sum_{i=1}^n (U_i – Prob[U_i(e_i,K)=1) LGD_i EAD_i \end{equation*}$$
o, più comodamente, detta $$P_i$$ la probabilità di default condizionata dal valore fissato di K, cioè $$Prob[U_i(e_i,K)=1]$$
$$\begin{equation*} L_n – \tilde L_n= \sum_{i=1}^n (U_i – P_i) LGD_i EAD_i \end{equation*}$$
se ora supponiamo le $$EAD_i$$ simili tra loro, al limite uguali, e pari a $$\frac{EAD_{TOT}} {n}$$ in cui $${EAD_{TOT}}$$ è la EAD complessiva del portafoglio , la precedente può riscriversi come
$$\begin{equation*} L_n – \tilde L_n= \frac{EAD_{TOT}} {n} \sum_{i=1}^n (U_i – P_i) LGD_i \end{equation*}$$
essendo le variabili $$U_i$$ indipendenti tra loro, fissato K, la varianza della quantità $$L_n – \tilde L_n$$ è pari alla somma di varianze elementari :
$$\begin{equation*} E[(L_n – \tilde L_n)^2]= \frac{EAD_{TOT}^2} {n^2} \sum_{i=1}^n E[(U_i – P_i)^2 ] LGD_i ^2 <= \frac{EAD_{TOT}^2} {n^2} n = \frac{EAD_{TOT}^2} {n} \end{equation*}$$
(ricordiamo che $$U_i$$, $$LGD_i$$ e, ovviamente, $$P_i$$ sono minori di 1)
Di conseguenza se il portafoglio è $$\textbf { granulare }$$ , cioè se è costituito da un numero elevato di esposizioni simili tra loro le due grandezze $$L_n$$ ed il suo valor medio $$\tilde L_n$$ possono essere assimilate dal momento che la varianza di $$L_n$$ attorno al suo valor medio $$\tilde L_n$$ tende a zero per n grande , col vantaggio che $$\tilde L_n$$ è più semplice da trattare per l’ elaborazione di un modello teorico.
Perdite inattese: la formula regolamentare
La (1ter) può , quindi, essere scritta come
$$\begin{equation} \tilde L_n= \sum_{i=1}^n Prob[e_i<\frac{N^{-1}(PD_i) – \alpha K}{\sqrt{1 – \alpha^2} }] LGD_i EAD_i \end{equation}$$
e, essendo $$e_i$$ una variabile aleatoria distribuita normalmente,
$$\begin{equation} \tag{1 quater} \tilde L_n= \sum_{i=1}^n N[\frac{N^{-1}(PD_i) – \alpha K}{\sqrt{1 – \alpha^2} }] LGD_i EAD_i \end{equation}$$
Nella (1quater) osserviamo che tutte le grandezze sono note a priori, compreso il fattore K che è stato fissato, sebbene in modo generico; se rimuoviamo l’ ipotesi di fissare K e lo lasciamo “libero” di variare , ricordiamo che si tratta di una variabile aleatoria normale, anche la quantità $$\tilde L_n$$ acquisisce aleatorietà , in funzione, però, della sola variabile aleatoria rimasta, lo scenario macroeconomico K.
Qui entra in gioco il “catastrofismo” a cui si è accennato più sopra : è il momento di ipotizzare lo scenario macroeconomico peggiore, quello per il quale si hanno perdite inattese: abbiamo detto sopra che tanto più K decresce quanto più lo scenario diventa critico, dal momento che diventa più facile che la i-esima controparte cada in default.
Figura 1: Distribuzione del fattore macroeconomico K secondo una curva normale
Nella figura sopra è riportata la distribuzione di K in quanto variabile aleatoria gaussiana di media nulla e varianza unitaria: si è detto che quanto più K è piccolo tanto più “catastrofico” è lo scenario macroeconomico e quindi tanto maggiori sono le perdite inattese : è anche vero che la probabilità che K scenda sotto un certo livello decresce al decrescere di tale livello : ad esempio, in figura, la probabilità che K scenda al di sotto del valore -2 è data dall’ area compresa tra la curva gaussiana, l’ asse delle X e la verticale che passa per il valore -2.
Detto $$\overline{K_{0,1}}$$ quel valore tale che le probabilità che K sia < $$\overline{K_{0,1}}$$ sia minore o uguale dello 0,1\% abbiamo, dalla statistica elementare $$N(\overline{K_{0,1}})=0,001$$, e, quindi, $$\overline{K_{0,1}}= N^{-1}(0,001)$$.
Sostituendo il valore $$\overline{K_{0,1}}$$ nella (1quater) otteniamo un livello di perdite totali del portafoglio che viene effettivamente superato con probabilità non più elevata dello 0,1\%:
$$\begin{equation} \tag{1 quinquies} \tilde L_{n,0,1}= \sum_{i=1}^n N[\frac{N^{-1}(PD_i) – \alpha N^{-1}(0,001)}{\sqrt{1 – \alpha^2} }] LGD_i EAD_i \end{equation}$$
La formula precedente coincide con quanto previsto dagli accordi di Basilea: va ricordato che ricomprende le perdite attese e inattese , pertanto, per ottenere le perdite inattese occorre ricorrere alla seguente:
$$\begin{equation} \tag{1 sexies} { U\tilde L}_{n,0,1}= \sum_{i=1}^n N[\frac{N^{-1}(PD_i) – \alpha N^{-1}(0,001)}{\sqrt{1 – \alpha^2} }] LGD_i EAD_i – \sum_{i=1}^n PD_i EAD_i LGD_i \end{equation}$$
e le perdite totali possono essere scritte come
$$\begin{equation} \tag{1 septies} \tilde L_{n,0,1}= { U\tilde L}_{n,0,1}(coperte da capitale)+ EL_n (coperte dallo spread a conto economico) \end{equation}$$
La (1sexies) è la formula che compare nell’ articolo 154 del regolamento 575/2013 dell’ Unione Europea1 \footnote{La formula del regolamento è , in realtà, più complessa in quanto contiene un elemento di correzione per tener conto della “maturity”}.
Le ipotesi di validità del modello e la realtà
La formula (1quinquies) vale all’ interno di ciascun sottoportafoglio risultante dalla segmentazione prevista normativamente ed è figlia di alcune ipotesi :
- il portafoglio è “granulare” cioè costituito da un numero molto elevato di prestiti “simili”
- esiste un unico fattore macroeconomico
- le variabili aleatorie sono gaussiane
Ci limitiamo qui a commentare la prima ipotesi: come si è visto, nel passaggio dalla (1bis) alla (1ter) fissato K si è sostituito il valore aleatorio delle $$U_i$$ (aleatorio perché dipendente dalle $$e_i$$ ossia dai fattori idiosincratici) con il loro valore medio riducendo così notevolmente la volatilità della perdita $$L_n$$ che così viene a dipendere dalla sola variabile aleatoria K. Questa operazione è stata fatta assumendo n grande e quindi, sulla scorta di considerazioni intuitive legate al concetto di diversificazione , è stata ritenuta ammissibile: occorre, però , ricordare che per n piccolo questa riduzione della volatilità non è ammessa e riducendo la volatilità di una stima di perdita di fatto la si sottostima: pertanto quanto maggiore è la misura in cui viene meno la prima ipotesi di “granularità” tanto maggiore è l’ errore di sottostima delle perdite.
Da un punto di vista matematico le formule 1 , 1bis , fino alla sexies, sono espressioni asintotiche, valgono cioè come caso limite: questa approssimazione astratta della realtà porta però un beneficio pratico molto importante: consente di applicare il principio di sovrapposizione degli effetti: se per un portafoglio già costituito sono già state calcolate le perdite attese ed inattese e si aggiunge , all’ ultimo minuto, un nuovo prestito, non è necessario rifare i conti da capo sull’intero portafoglio, basterà aggiungere nelle formule sopra viste un termine n+1 esimo ; inoltre, sempre grazie al modello asintotico, si potrà associare ad ogni prestito una perdita inattesa causata soltanto da esso, determinando, quindi, il suo “assorbimento di capitale”.
Conclusioni
Il rischio di credito è un’importantissima componente dei rischi bancari : l’ Unione Europea ha predisposto, mediante appositi regolamenti, le metodologie che sovrintendono alla sua valutazione quantitativa e in questo articolo si è cercato di fornire un’ idea di tali metodologie e dell’essenza del rischio di credito in generale, con particolare rilievo alle perdite inattese ed all’impatto di queste sulle dotazioni di capitale delle banche. Si è sottolineata l’importanza per le banche di valutare PD, EAD, LGD, e si è visto come da tale valutazione discendano analiticamente le stime di perdita attesa e inattesa.
Bibliografia
[1] Resti, A. , Sironi A., Rischio e valore nelle banche, EGEA Editrice, Milano, 2008.
[2] Hull J.C., Risk management e istituzioni finanziarie, edizione italiana a cura di Emilio Barone; Luiss University Press, 2013.
[3] Hull J.C., Opzioni, futures e altri derivati ottava edizione, edizione italiana a cura di Emilio Barone; Pearson, 2012.
[4] Tutino F., Birindelli G., Ferretti P., Basilea 3, gli impatti sulle banche, EGEA Editrice, Milano, 2011.
[5] Somnath Chatterjee, Centre for Central Banking Studies Handbook – No. 34 Modelling credit risk, Bank of England, 2015; http://www.bankofengland.co.uk/education/Pages/ccbs/handbooks/ccbshb34.aspx
[6] Circolare 272 della Banca d’Italia del 30 luglio 2008 e successivi aggiornamenti
[7] Regolamento “CRR” 575/2013 dell’ Unione Europea
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