forza_elastica

Alcuni giorni fa, mentre ero seduto in ufficio, mi è capitato di trovarmi un elastico sotto mano. Di per se è un oggetto banale senza nessun contenuto scientifico degno di nota. Un oggetto così familiare e così comune nella vita di tutti noi che il più delle volte passa inosservato buttato sul fondo di un cassetto o sulla nostra scrivania. Ecco, dovremmo riconsiderare questo oggetto e apprezzarlo maggiormente perché sarà il protagonista della prima parte di questo breve articolo.

Come il titolo ci suggerisce nelle prossime righe ci occuperemo di elasticità; un concetto che tutti conoscono vagamente ma che nessuno sembra saper definire con esattezza.  Una definizione chiara e senza troppi fronzoli del termine elasticità ci viene fornita da Wikipedia (croce e delizia di molti di noi!):

“In fisica l’elasticità è la proprietà di un materiale di deformarsi sotto l’azione di uno stato di sollecitazione imposto (per esempio, a causa di forze esterne applicate) e poi di riacquistare la sua forma originale al venir meno della causa sollecitante. L’elasticità riguarda sia i materiali solidi che i fluidi.” [fonte Wikipedia Italia]

Proviamo ad applicare tale definizione al nostro elastico. Fissiamone un estremità e lentamente cominciamo a tirare. Sotto l’azione di uno stato di sollecitazione imposto (noi che lo tiriamo) l’elastico si deforma (si allunga). Se smettiamo di esercitare la forza sull’elastico questo riacquista la sua forma originale. Decisamente rispecchia la definizione di elasticità presentata sopra; un elastico è davvero elastico.

Prima di passare oltre e applicare lo stesso esempio a qualcosa di più interessante faccio un osservazione su cosa accade nella realtà all’elastico. Il comportamento elastico di questo oggetto vale solo se non esercitiamo una forza eccessiva. Se tiriamo troppo l’elastico si rompe, di certo non può tornare alla condizione originale dopo essersi rotto. Leggendo tra le righe possiamo riscrivere la definizione di elasticità al seguente modo:

“In fisica l’elasticità è la proprietà di un materiale di deformarsi sotto l’azione di uno stato di sollecitazione imposto (per esempio, a causa di forze esterne applicate) abbastanza piccolo da non provocare una rottura e poi di riacquistare la sua forma originale al venir meno della causa sollecitante. L’elasticità riguarda sia i materiali solidi che i fluidi.”

Quindi, elastico sì ma solo per stati di sollecitazione piccoli abbastanza. Per stati di sollecitazione troppo grandi subentrano altri fenomeni che annullano il comportamento elastico del materiale.

Elasticità Nel Mondo Reale

Un elastico è un oggetto ben definito e come tale possiede una proprietà specifica. Tale proprietà, inoltre, vale solo sotto certe ipotesi e se tali ipotesi vengono a mancare il comportamento dell’elastico varia drasticamente.

Ma gli oggetti del mondo reale come si comportano? Un tavolo o un tubo di metallo non sembrano certo oggetti elastici; lo stesso vale per il pavimento della vostra abitazione. Vi fidereste a camminarci sopra se avesse un comportamento simile a quello di un elastico? Forse no, a meno che non siate temerari.

Mi dispiace deludervi ma (attenzione spoiler, bambini non leggete)… Babbo Natale non esiste! Ma questo forse già lo sapevate, spero. (Ora bambini potete leggere di nuovo).

Quello che invece, forse non sapete, è che tutti gli oggetti del mondo reale hanno un comportamento elastico come quello del nostro elastico. Tranquilli il pavimento non comincerà a tirarsi fino a rompersi… ma perché questo?

Quando prima abbiamo parlato del nostro elastico, non distraetevi a guardare il pavimento tanto non c’è rischio di crollo….. Dicevo, quando prima abbiamo parlato del nostro elastico abbiamo detto che lo stato tensionale che si genera deve essere piccolo abbastanza affinché il comportamento elastico sia valido. Possiamo quantificare cosa voglia dire “piccolo abbastanza”? In realtà no perché l’intensità dello stato tensionale che pone termine allo stato tensionale dipende dal materiale. Diversi materiali hanno limiti diversi. Un elastico non potrà certo sostenere il vostro peso; il pavimento della vostra abitazione può deformandosi elasticamente sotto il vostro peso (e quello di tutti gli oggetti che vi sono appoggiati sopra) per poi tornare nella posizione originale quando la sollecitazione termina.

Tre E’ Il Numero Perfetto

Avendo ora appurato che tutti i materiali presentano un comportamento elastico va anche detto che il comportamento elastico rappresenta solo la parte iniziale del comportamento che il materiale manifesta al crescere della forza applicata. Se continuiamo a caricare un determinato oggetto sempre di più, prima o poi, il limite di elasticità verrà superato. Cosa accade quando questo limite viene superato? Bene esistono tre tipi di scenario possibile:

  1. Il materiale si deforma, comincia a tirarsi e presenta una deformazione di tipo permanente senza però rompersi;
  2. Il materiale si rompe all’improvviso non appena il limite elastico viene superato;
  3. Il limite elastico è decisamente elevato, tanto da non poter mai essere superato;

I materiali che hanno il comportamento descritto al primo punto si chiamano duttili e in questa categoria rientrano anche i metalli. Quelli che si comportano come il secondo gruppo vengono detti fragili e un buon esempio sono le plastiche. Non vi sembra vero? Vi propongo un piccolo esperimento.

Prendete un MacBook e un altro computer qualsiasi. Presi? Bene! Adesso sollevateli entrambi sopra la testa e lasciateli cadere a terra. Su forza, fatelo; non titubate. Fatto? Bene! Controlliamo ora i risultati di questo esperimento. Il MacBook ha un case esterno in metallo.

macbook_overview_og

Se lo osservate bene vedrete che il case si è “ammaccato”, ovvero presenta una deformazione nel punto in cui ha impattato il suolo (cosa tristemente nota agli sfortunati possessori di MacBook e iPad). Questo avviene perché  durante l’urto il limite elastico del materiale viene superato e questo presenta il comportamento duttile che ci aspettiamo dal metallo deformandosi in modo permanente; questo comportamento si chiama plasticizzazione anche se non ha nulla a che fare con la plastica.

Prendiamo ora il secondo PC, probabilmente ha un case di plastica (spero di si altrimenti vi toccherà procurarvi altri due PC e ripetere l’esperimento). In questo caso il case esterno si è rotto, molto probabilmente presentando una frattura netta e frastagliata nel punto di impatto. Anche in questo caso il limite di elasticità è stato superato durante l’impatto. La plastica, al contrario del metallo, non ha un comportamento duttile e dunque, appena il limite elastico viene superato, si rompe in modo netto; questo è quello che definiamo comportamento fragile. La prossima volta che vorrete tirare un oggetto chiedetevi se avrà un comportamento duttile o fragile!

Non abbiamo detto nulla, per ora, sui materiali afferenti all’ultimo gruppo. I materiali di questo gruppo vengono detti iperelastici (l’etimologia del termine è abbastanza chiara e non richiede di essere investigata). A questo gruppo appartengono le gomme. Anche una gomma da masticare ha un comportamento iperelastico. Potete tirarla quanto volete, deformarla in qualsiasi modo, farne una pallina o stenderla ma poi tornerà sempre alla sua forma originale. Certo se la afferrate ai due estremi e la tirate questa si allungherà moltissimo ma prima o poi le due metà si separeranno.

Forever Young

Per un elastico il parametro che definisce la sua elasticità è la rigidezza e la forza interna che si genera in esso quando viene tirato è data dalla legge di Hooke finché siamo in campo elastico.

Per un qualsiasi oggetto del mondo reale che sia sottoposto ad un carico abbastanza piccolo affinché il suo comportamento sia assimilabile come reale genera al suo interno degli sforzi che tendono a contrastare la deformazione. Tali effetti sono a livello molecolare; è proprio la capacità delle molecole, sotto certi limiti, di allontanarsi e riavvicinarsi a generare il comportamento elastico dei materiali.

Questi sforzi interni possono, ancora una volta, essere calcolati mediante un equazione assimilabile a quella di Hooke, almeno nel principio generale. L’unica differenza è che al posto della rigidezza compare un parametro tipico chiamato modulo di Young tipico di ogni materiale. Più alto è il modulo di Young di un materiale maggiore la forza che può sopportare prima di eccedere il suo limite elastico.

Fisicamente il modulo di Young rappresenta la forza che il materiale può sopportare, per unità di superficie, prima che il comportamento elastico non sia più valido. Essendo una forza per unità di superficie il modulo di Young si misura in Pascal, o per essere più precisi, in GPa. Per l’acciaio il valore di questo parametro è di 210GPa; l’equivalente, circa, di un elefante africano adulto sorretto su una superficie di $$1{mm}^{2}$$. Decisamente un valore elevato.

Questo parametro, in ingegneria, è molto importante e poterlo valutare con certezza per ogni materiale è fondamentale per poter progettare ogni tipo di oggetto che ci circonda. Per valutare questo parametro esistono molteplici modi. Il più comune è la prova di trazione.

Nel video è mostrato come la prova viene realizzata su due diversi provini; il primo di acciaio e il secondo di alluminio. Entrambi presentano un comportamento plastico ma durante la transizione tra comportamento elastico e comportamento plastico si comportano in modo differente.

grafici_trazioneNella figura riportata sopra la curva arancione rappresenta il comportamento di un ipotetico acciaio mentre quella viola potrebbe rappresentare il comportamento di un alluminio. Vediamo che in un primo tratto la relazione tra forza applicata (asse delle y) e l’allungamento del provino è lineare. Lo stesso comportamento avviene per la molla l’unica differenza è la quantità di forza necessaria per allungare il materiale. Nel grafico riportato sopra, sull’asse delle y, compare quella che viene chiamata $$\sigma$$ la sigma è una forza per unità di superficie e, in questo caso, si calcola come rapporto tra la forza applicata e l’area del provino. Sull’asse delle x compare, invece, il valore dell’allungamento percentuale indicato, solitamente, con $$\epsilon$$. La relazione tra $$\sigma$$ ed $$\epsilon$$ nella fase elastica si esprime come

$$\sigma = E \epsilon$$

dove E è proprio il modulo di Young del materiale. Da un punto di vista pratico il modulo di Young indica è la pendenza della retta e può essere calcolato in modo semplice a partire dalla relazione sopra mostrata e i valori di una prova di trazione.

I due materiali si differenziano quando subentra la plasticità. L’acciaio mostra una brusca caduta nella curva e subito dopo una zona in cui al crescere dell’allungamento la forza oscilla intorno ad un valore. Raggiunto un certo valore di allungamento la forza riprende ad aumentare. Questo comportamento viene chiamato snervamento ed è una caratteristica importante degli acciai. Il valore massimo di $$\sigma$$ raggiungo prima dello snervamento si chiama, appunto, $$\sigma$$ di snervamento e si indica come $${\sigma}_{y}$$ dove la y sta per la parola yielding che in inglese significa snervamento.

L’alluminio invece non presenta questo comportamento e quindi non ha un vero e proprio snervamento. Per materiali di questo tipo si fissa, in modo del tutto convenzionale, la sigma di snervamento come quel valore di sigma che genera una $$\epsilon$$ del materiale permanente pari al 0.002.

Dopo la fase di snervamento, reale o di convenzione che sia, la forza necessaria per tirare il materiale aumenta fino a raggiungere un valore massimo. Questo rappresenta la sigma massima del materiale e si indica come $${\sigma}_{m}$$ e la m sta per maximum. In questo punto subentra un altro fenomeno davvero particolare; quello della strizione. L’area del provino comincia a diminuire in modo molto marcato. Ci tengo a specificare che questa riduzione di area, la strizione appunto, è ora più marcata in quanto essa sussiste sempre anche se nelle prime fasi non è affatto apprezzabile (per un solido classico vale il principio di conservazione del volume; se tiro lungo una direzione le dimensioni nelle altre due direzioni devono diminuire in modo che il volume resti costante).

Quando comincia la strizione la $$\sigma$$ sul materiale comincia a diminuire sempre più finché non raggiungiamo il punto in cui il provino si rompe. La sigma relativa alla rottura del provino viene chiamata sigma di rottura o sigma ultima e si indica con $${\sigma}_{u}$$ in cui la u sta proprio per ultimate. Questa situazione per quanto possa sembrare strana ha perfettamente senso.

Sull’asse delle y, come detto in precedenza, abbiamo il valore di $$\sigma$$ che è il rapporto tra la forza applicata e l’area del provino. Quando eseguiamo una prova di questo tipo non abbiamo modo di monitorare l’area del provino durante la prova; questa viene impostata nella macchina di prova prima dell’inizio della stessa e resta costante per tutto il tempo. Al subentrare della strizione l’area diminuisce ma la macchina di prova questo non lo sa e continua a normalizzare rispetto all’area originaria del provino. La diminuzione di forza è solo apparente e non reale.

Una volta terminata la prova quello che bisogna fare è correggere la curva. I valori di $$\sigma$$ a partire dal punto di strizione in poi vengono corretti con la reale area del provino. Una volta effettuata questa correzione il valore della $$\sigma$$ ma anche della forza applicata al provino è sempre crescente come ci aspetteremmo.

Data questa differenza, solo apparente, la curva con valori di $$\sigma$$ decrescenti viene chiamata curva ingegneristica mentre quella con valori di $$\sigma$$ crescenti viene chiamata curva reale.

curva_reale_ingegneristicaConclusioni

Abbiamo visto in questo breve articolo come tutti i materiali si comportino, nel loro piccolo, come un elastico soggetto ad una forza che lo tira. Abbiamo visto anche che se i materiali vengono tirati troppo questi subiscono delle deformazioni permanenti e, alla fine, si rompono. Il parametro che caratterizza questo comportamento viene chiamato modulo di Young, in onore dell’omonimo scienziato. Tale parametro può essere ricavato sperimentalmente con una prova che, purtroppo, porta alla rottura di un simpatico provino. Per chi, come me, si occupa di ingegneria e di progettazione conoscere il valore di questo parametro risulta estremamente importante al fine di progettare una struttura in grado di resistere ai carichi che si troverà ad affrontare durante la sua vita.

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