Inseriamo in questo post la terza  e ultima  parte dell’intervanto di Giovanni Conti, ingegnere elettronico che si occupa di software per le segnalazioni di vigilanza, sulle misure di rischio delle banche. I precedenti interventi sono disponibili qui e qui.

Lo staff di “Math is in the Air” ringrazia Giovanni per questo suo contributo di grande interesse.


 L’expected shortfall

Riassumendo i contributi precedenti possiamo affermare che  il Var è uno strumento semplice, intuitivo, facile da sottoporre a verifiche di backtesting, ma non è una misura coerente di rischio e, forse anche più grave, non ci dice nulla di ciò che potrebbe accadere oltre le colonne d’ Ercole del Var stesso.

In altri termini se il Var di un portafoglio su un orizzonte temporale di 10 giorni è 150 euro con una confidenza del 99% siamo “sicuri” che 99 volte su 100 le perdite non superano i 150 euro; che ne è di quella volta su 100 che le perdite superano i 150 euro? Le perdite saranno, verosimilmente, 151 euro, 200 euro, un milione di euro?

Si parla di “tail effect” nei casi in cui le perdite oltre il Var, quelle che appunto possono concentrarsi nelle “code” della funzione di distribuzione di probabilità, sono significative. Graficamente questa mancanza di informazione del Var si traduce nei tre scenari rappresentati nelle figure sottostanti.

no-tail-effect

Figura 1: primo scenario: assenza di “tail effect”

tailf-effect-moderatoFigura 2: secondo scenario: tail effect “moderato”

Quello che il Var non dice è cosa mi devo aspettare “mediamente” da quelle perdite che superano il Var: nei tre scenari raffigurati il Var con una certa confidenza magari è lo stesso, ma tali valori medi sono molto diversi!

tail-effect-estremo

Figura 3: terzo scenario: tail effect “estremo”

Di conseguenza se limito la mia stima di perdita inattesa al solo Var considererei equivalenti i tre scenari sopra illustrati, quando, in realtà non lo sono affatto.

Nel primo caso la pedita oltre il Var è distribuita dolcemente e uniformemente su tutti i valori; nel secondo caso ho una concentrazione di probabilità intorno al valore 4, nel terzo intorno al valore 12.

Utilizzando il solo Var come stima delle perdite inattese e del capitale necessario, nel terzo
caso ignoro completamente una pericolosa concentrazione delle perdite oltre il Var intorno ad un valore elevato. Detto $$VaR_{\alpha}$$ il Var di un portafoglio su un orizzonte temporale fissato ( esempio 10 giorni ) con una confidenza, si definisce Expected Shortfall oppure Conditional Var ( CVAR ) con confidenza  $$\alpha$$ la seguente quantità, dove X è la variabile aleatoria “perdita del portafoglio nell’ orizzonte temporale fissato” :

$$ES_\alpha = E \{ X|X > VaR_\alpha\}$$ (*)

cioè proprio la media delle perdite condizionata al superamento del Var.
L’ expected shortfall si rappresenta anche con un’ elegante formula analitica riconducibile intuitivamente al teorema della media; risulta infatti, come conseguenza diretta della precedente formula

$$ES_\alpha =\frac {1} {1-\alpha} \int_\alpha^{1}VaR_\beta\,d\beta$$

in altri termini L’ ES con cofindenza  $$\alpha$$ è la media di tutti i var con confidenza $$\beta$$  maggiore di  $$\alpha$$. Trovo questa formula molto elegante.

Come si ottiene dalla precedente? Lo mostro, molto intuitivamente, come unico punto del “post” in cui ci sono alcuni passaggi analitici, ma credo che sia interessante.

Per iniziare, la funzione densità di probabilità che ci serve è quella condizionata da b < z <= a : dalla statistica elementare (v. ad es [4] ):

$$f(z | b<z<=a) = \frac {f(z)} {F(a)-F(b) } $$

per $$a\to \infty$$

$$f(z | b<z) = \frac {f(z)} {1-F(b) }$$

Detta f(z) la funzione di densità di probabilità delle perdite , la (*) può quindi scriversi come:

$$ES_\alpha = \int_{VaR_\alpha}^{\infty}\frac{zf(z)}{1-\alpha}\,dz $$ (**)

facendo un semplice cambio di variabile $$z(\beta)=VaR_{\beta}$$ si ha $$dz =\frac { d (VaR_\beta) } {d\beta}d\beta$$ e la (**) diventa

$$ES_\alpha = \int_{ \alpha}^{1}\frac{VaR_\beta}{1-\alpha} f(VaR_\beta) \frac { d (VaR_\beta) } {d\beta} \,d\beta$$

detta F(.) la funzione cumulativa di probabilità di X la precedente diventa

$$ES_\alpha = \int_{ \alpha}^{1}\frac{VaR_\beta}{1-\alpha} \frac {d}{d\beta}[ F(VaR_\beta)]\,d\beta $$

ma osservando che $$F(VaR_\beta) = Prob{X<VaR_\beta} = \beta $$ per definizione la precedente diviene

$$\frac {1} {1-\alpha} \int_\alpha^{1}VaR_\beta\,d\beta$$

cioè esattamente la (*) (v. anche [7]).

E’ stato dimostrato che l’Expected Shortfall è una misura coerente di rischio; la sua “backtestability” è argomento molto dibattuto nella letteratura soprattutto in ordine alla proprietà dell’ “elicitability ” non soddisfatta dall’expected shortfall.

Mi limito qui a segnalare i contributi che mi sembrano più importanti ( vedasi [8] ).
Nell’ ottica di una revisione del portafoglio di negoziazione (trading book) il comitato di Basilea ha proposto l’ introduzione (v. [9]) dell ‘Expected Shortfall come sostituto del Var per i rischi di mercato, per tenere conto proprio del “tail effect” .

Conclusioni

Abbiamo parlato di capitale come presidio importantissimo per la vita delle banche , come vera e propria “barriera immunitaria” per la loro sopravvivenza.
Come accade per i leucociti del nostro sistema immunitario essi possono essere sacrificati in nome della sopravvivenza dell’ organismo nella sua interezza, purché siano in numero e qualità sufficiente ad assorbire i colpi delle infezioni.

Per capire quanto capitale una banca deve avere è essenziale che questa possa dotarsi di un sistema affidabile di misura delle possibili perdite inattese, grandezza, quest’ultima che è intrinsecamente aleatoria (ovviamente nell’ ipotesi di onesta, sana, prudente gestione della banca).

In questo quadro, tradizionalmente le normative di vigilanza hanno utilizzato ed utilizzano il modello Var per la sua semplicità e backtestability; tuttavia il modello Var ha limiti intrinseci che non lo rendono una misura di rischio coerente e non dà informazioni sulle perdite potenziali che superano il Var stesso.

Viene in soccorso a questi limiti l’Expected Shortfal o Cvar che , pur essendo una misura di rischio coerente e dando informazioni sulle perdite oltre il Var, presenta aspetti sicuramente più complessi in ordine alla sua backtestability. Il modello Cvar è stato proposto dal comitato di Basilea come sostituto del Var nella disciplina sui rischi di mercato.

Riferimenti bibliografici

[1] Resti, A. , Sironi A. Rischio e valore nelle banche, EGEA Editrice, Milano, 2008.
[2] Direttiva “BRRD” 2014/59/UE
[3] https://srb.europa.eu/ (single resolution board)
[4] Papoulis Athanasios Probability, random variables and stochastic processes third edition, McGraw-Hill, 1991
[5] Lisa Wimmerstedt, Backtesting Expected Shortfall: the design and implementation of different backtests www.math.kth.se
[6] Regolamento “CRR” 575/2013 dell’ Unione Europea
[7] Kisiala Jakob, Conditional Value-at-Risk: Theory and Applications www.maths.ed.ac.uk
[8] Carlo Acerbi, Balazs Szekely, Backtesting Expected Shortfall MSCI Inc. October 27, 2014 , https://www.msci.com
[9] www.bis.org/publ/bcbs265.pdf

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