Pubblichiamo la seconda parte dell’intervista a Gian Italo Bischi docente di Metodi Matematici per l’Economia dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”. A differenza della la prima parte (disponibile qui), in questa seconda si affronteranno argomenti di carattere più generale.
Anche in questo caso le domande sono stare scritte a partire da quelle raccolte fra gli studenti del 5 Liceo Scientifico sezione H del Liceo B. Russell di Roma a seguito della lettura del libro all’interno del percorso “Matematica è cultura” per il Premio Archimede dell’UMI
Parte 2: Veniamo ora a delle domande più generali.
– Secondo lei, in una didattica moderna, cosa si potrebbe sostenere a favore di un tipo di insegnamento interdisciplinare delle materie scientifiche e letterarie?
Innanzi tutto favorire incontri e scambi di idee ed esperienze tra docenti di diverse discipline. Invece di programmare le attività didattiche con i docenti divisi in “dipartimenti” sarebbe auspicabile proporre la partecipazione a convegni interdisciplinari oppure incoraggiare docenti di una disciplina a partecipare a conferenze, convegni, mostre ecc. riguardanti altre discipline, per cogliere analogie, differenze, punti di vista e chiavi di lettura alternativi.
Proporre, fra il materiale scolastico, testi e altro materiale (incluso un uso intelligente e creativo della rete) che stabiliscono ponti, collegamenti, contaminazioni fra i diversi saperi.
Considerare positivamente, sia nei giudizi degli studenti che nelle valutazioni dei docenti, la capacità di creare connessioni fra discipline diverse, portare avanti progetti comuni a diversi dipartimenti. Ad esempio la tesina di maturità è stata finora un interessante stimolo, ma so che sarà abolita. Peccato.
– Per quella che è stata la sua esperienza durante gli incontri in cui ha presentato questa tematica del rapporto fra matematica e letteratura, pensa che questo libro sia stato apprezzato di più da persone con formazione umanistica o da quelle con formazione scientifica?
Inizialmente pensavo più da quelle con formazione scientifica, poi nel corso di questi due anni mi sto rendendo conto del contrario. Sto ricevendo molti apprezzamenti e inviti a collaborare a progetti da parte di docenti di materie letterarie. Comunque sono molto contento quando mi capita, come di recente in un liceo di Siena, vedere che docenti di matematica e di lettere collaborano per realizzare progetti partendo dal contenuto del libro.
– Crede che inserendo nozioni matematiche nei racconti o nei libri di scrittori o filosofi, come nel caso di Calvino, gli studenti possano appassionarsi di più alla materia?
Quali libri di letteratura in cui sono presenti riferimenti alla matematica suggerirebbe di leggere a chi sta leggendo questa sua intervista?
Sicuramente trovare un po’ di matematica all’interno di romanzi aiuta ad apprezzare la valenza culturale della matematica stessa.
Ad esempio ho trovato proprio questi giorni delle stupende pagine dedicate alla matematica nel nuovo romanzo “Le tre del mattino” di Gianrico Carofiglio. Che ho molto apprezzato.
Per lo spesso motivo consiglio di leggere i romanzi di Umberto Eco, i romanzi di Dan Brown e Michael Crichton, che spesso sono dei veri e propri saggi scientifici “travestiti” sapientemente da thriller con trame molto avvincenti. Interessanti e intriganti anche i romanzi di alcuni matematici scrittori, come Denis Guedj (“Il teorema del pappagallo”, “La chioma di Berenice”) e Apostolos Doxiadis (“Zio Petros a la congettura di Goldbach”) in cui la matematica diventa il filo conduttore di storie intriganti. Comunque gialli in generale, per la loro logica di ispirazione matematica (le prove sono gli assiomi e il filo delle deduzioni rappresenta talvolta delle vere dimostrazioni matematiche). Non dimentichiamo poi il classico Flatlandia di Edwin Abbot, che oltre alla questione di immaginare geometrie a più dimensioni ci fornisce un esempio dello spirito vittoriano di fine ottocento in Inghilterra.
Segnalo poi “La serie di Oxford” di Guillermo Martinez, “Mathenauts: Tales of Mathematical Wonder” di Rudy Rucker (una raccolta di 23 brevi storie di science fiction ognuna delle quali centrata sulla matematica; due sono di Martin Gardner, mentre altre sono a firma di Isaac Asimov, Gregory Benford e Larry Niven), “La formula segreta dei Simpson” di Simon Singh, “Black Jack Club” di Ben Mezrich (la vera storia dei sei studenti che hanno sbancato Las Vegas), “Il mago dei numeri” di Hans Magnus Enzensberger, “L’uomo che vide l’infinito” di Robert Kanigel (la storia di Ramanujan che ha ispirato il film). Infine “Com’è bella la matematica. Lettere a una giovane amica” di Ian Stewart
– Cosa pensa dell’insegnamento della matematica al livello di scuola superiore?
La scuola media superiore è l’ambito ideale per proporre collegamenti fra diverse discipline e contenuti interdisciplinari. Però l’insegnamento della matematica nelle scuole è spesso confinato all’ambito strettamente disciplinare e autoreferenziale, che mostra questa materia come un contesto completamente disgiunto dagli altri campi del sapere, privo di ogni legame con la storia, la letteratura, la società, ecc., negando ogni possibilità di confronto e collegamento con l’arte e la letteratura. L’immagine che molti ne ricavano è quella di una disciplina a sé stante, che richiede il rispetto di regole e non alimenta creatività e fantasia.
Al contrario, per chi analizza gli sviluppi della matematica nell’ultimo secolo e mezzo (talvolta sorprendenti e contro-intuitivi), si tratta di una disciplina creativa, che richiede forti dosi di fantasia, poiché ha a che fare con oggetti astratti, frutto talvolta di una lunga evoluzione con successive modifiche, discussioni e riformulazioni. Come per i poeti e per gli artisti, anche fra i matematici vi sono personaggi sistematici e fini cesellatori, mentre altri sono intuitivi, visionari e persino spregiudicati. Un’altra idea errata, ma piuttosto diffusa sulla base di conoscenze scolastiche, è che la matematica costituisca un edificio perfetto e immutabile, rigoroso e incorruttibile, fonte di verità eterne e inalterabili. Niente di più falso.
I programmi di matematica andrebbero rivisti eliminando l’enorme mole di esercizi algebrici e privilegiando invece la messa a punto di modelli matematici di situazioni reali, magari abbinando questa attività con lo studio della storia e dei personaggi della matematica per mostrarla come disciplina in evoluzione e non isolata dalle correnti culturali. Gli insegnanti di matematica delle scuole medie superiori, che sono in genere molto preparati e aperti alle novità, non faticherebbero ad aggiornarsi per seguire simili percorsi, se si desse loro la possibilità di partecipare a convegni e altre occasioni di aggiornamento e se si togliesse loro un po’ di incombenze burocratiche, che le continue riforme e controriforme della scuola hanno aggiunto fino a raggiungere livelli intolleranti. e togliendo un po’ anche l’assillo di programmi talvolta un po’ datati e alleggerendo il cruccio della valutazione degli studenti.
Talvolta a scuola l’insegnamento della matematica si limita a formule da memorizzare e applicare, a definizioni e dimostrazioni da ripetere meccanicamente, a problemi chiusi con stringenti procedure da seguire passo dopo passo, a simbolismi nati per agevolare che diventano geroglifici da interpretare. Se a questo aggiungiamo metodi di insegnamento ansiogeni, terroristici e frustranti che il rispetto del programma a volte impongono, si ottiene come risultato una disaffezione cronica da parte degli studenti spesso dovuta a un preconcetto sociale secondo cui la matematica è difficile e non serve a nulla.
Bisognerebbe riscoprire e trasmettere, oltre alle nozioni pur importanti, lo slancio immaginativo e la sfida mentale che da sempre anima i matematici, non affossare la curiosità davanti a un problema stimolante, e facilitare la nascita e lo sviluppo di ragionamenti metacognitivi. Bisognerebbe aiutare gli insegnanti a riscoprire la bellezza dell’insegnamento e a trasportare all’interno di esso alcune dinamiche comunicative tipiche della divulgazione. Incuriosire per stimolare l’apprendimento.
– Ritiene che attraverso la divulgazione scientifica sia possibile modificare la visione che hanno le persone di una disciplina come la matematica?
La divulgazione, intesa nel senso più ampio di comunicazione della matematica, può aiutare a chiarire sia agli studenti sia al pubblico in generale che la presunzione di pensare che tutta la matematica si esaurisca in quella che viene studiata a scuola è sbagliata. Molti tendono infatti a considerare la matematica come una disciplina piuttosto limitata da un punto di vista culturale; una materia statica e arida, antitetica a concetti come creatività e fantasia, che invece caratterizzano la letteratura. Anche se (fortunatamente) sono sempre più frequenti le eccezioni, comunque ancora piuttosto limitate, l’insegnamento della matematica non riesce in genere a trasmettere l’immagine di una disciplina in continua evoluzione e soggetta a ripetuti ripensamenti, trasformazioni e persino rivoluzioni nel suo modo di procedere e concepire le proprie potenzialità.
Come nella musica, per poter apprezzare il contenuto di uno spartito ci vuole un esecutore, anche in matematica per poter fare apprezzare i contenuti di teoremi e dimostrazioni ci vuole un comunicatore.
– Che suggerimenti darebbe ad uno studente degli ultimi anni di liceo intenzionato a scegliere una facoltà scientifica?
Non smettere mai di leggere romanzi.
– C’è un tema che vorrebbe che fosse trattato sul sito www.mathisintheair.org? E il tal caso potrebbe offrire un suo contributo?
Ultimamente mi sono dedicato alle evoluzioni parallele di matematica e letteratura nel Novecento, con una particolare enfasi sulla letteratura poliziesca (o romanzo di indagine, chiamato anche genere “giallo” in Italia) che è poi l’ultimo capitolo del libro. Su queso tema uscirà tra poco il saggio “Lo specchio, il labirinto e la farfalla. Il postmoderno in letteratura e matematica” che ho scritto con il coautore Gianni Darconza. Un tema che può essere visto come continuazione di quanto abbiamo detto in questa intervista.
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