Riceviamo e, molto volentieri, pubblichiamo la prima parte di un articolo sul tema dei modelli matematici applicati alle assicurazioni scritto da Filippo Olivieri, laureato in Scienze Statistiche ed Attuariali presso l’università “La Sapienza” di Roma, di professione Attuario, attualmente lavora dal 2011 presso lo Studio Olivieri & Associati – Consulenza Attuariale e Finanziaria.
Tra le tante applicazioni della matematica nella vita produttiva del nostro Belpaese, forse la meno conosciuta è la matematica applicata alle assicurazioni.
Gran parte della popolazione, infatti, ignora che esista una specifica figura professionale, l’Attuario (in tedesco Versicherungsmathematiker, il matematico delle assicurazioni), che si occupa proprio di queste tematiche. Per chi esercita questa professione, spesso risulta quasi imbarazzante rispondere alla domanda: “che lavoro fai?”, soprattutto nel gestire la successiva faccia dubbiosa dell’interloquente.
Cerchiamo di fare, perciò, un po’ di chiarezza.
L’Attuario è una figura professionale con competenze matematiche, statistiche, probabilistiche, economiche e finanziarie ed è, a tutti gli effetti, un Risk Manager. Utilizza queste competenze per la gestione dell’incertezza, storicamente in ambito assicurativo ma sempre di più anche in campo bancario e delle aziende industriali e commerciali. Egli si occupa di stimare alcune variabili, demografiche (come ad esempio il numero di anni atteso di vita residua di un individuo) o economico-finanziarie (come ad esempio il costo atteso di un evento negativo futuro), sulla base di ciò che è successo in passato e di ciò che è ragionevole attendersi per il futuro.
Chiariamo subito una cosa: gli attuari non sono dei maghi! Per le sue stime future l’attuario utilizza dei modelli statistico-probabilistici evolutivi complessi.
Risulta inspiegabile il perché le iscrizioni ai corsi di laurea che danno la possibilità di iscriversi, previo esame di Stato, all’Albo Nazionale degli Attuari, seppur con trend crescente, restano poche, a fronte di una disoccupazione del settore praticamente inesistente.
L’albo degli Attuari, a oggi, ha infatti poco meno di mille iscritti.
Eppure gli sbocchi, come accennato, sono molti. Possiamo distinguere tre macro-aree, limitandoci al solo ambito assicurativo:
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Assicurazioni sulla vita/morte di un individuo
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Assicurazioni contro i danni prodotti da determinati sinistri (furti, incendi, incidenti stradali, etc.)
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Assicurazioni sociali, volontarie o obbligatorie, previste dall’art.38 della Costituzione: “I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”. Rientra in questo ambito, ad esempio, la previdenza, pubblica e privata.
In questa esposizione, a titolo di esempio, ci concentriamo sulla forma di assicurazione più diffusa e “chiacchierata” d’Italia: l’RCA, ovvero la Responsabilità Civile Autoveicoli, obbligatoria dal 1969.
Tutti noi disponiamo di un’auto o una moto, e potrebbe perciò risultare interessante cercare di capire come si genera, attraverso strumenti statistico-matematici, l’importo che si paga in un’agenzia di una Compagnia di Assicurazioni o su Internet, per assicurarle e che viene chiamato Premio.
Per prima cosa dobbiamo chiarire un concetto fondamentale relativo al “pricing” (processo per la determinazione del corrispettivo per la vendita di un bene oppure per la prestazione di un servizio) assicurativo.
Mentre un’impresa “classica” che produce beni (o servizi) ha ben noti i costi sostenuti o che dovrà sostenere nella produzione del bene o del servizio, e quindi riesce agevolmente a fissare un prezzo per ciò che offre, l’impresa assicuratrice opera a ciclo produttivo invertito.
Quindi, un’impresa non assicurativa, noto il costo di produzione, fissa il prezzo tenendo anche conto della concorrenza con le altre imprese.
Una Compagnia di Assicurazioni, invece, fissa, in anticipo, i corrispettivi (Premi assicurativi) in base alla “previsione” dei costi che dovrà sostenere successivamente per pagare coloro che hanno subito l’impatto economico relativo all’evento assicurato.
Un’impresa assicurativa fissa il prezzo stimando il “presumibile” costo che sosterrà in futuro e tenendo, comunque, conto della concorrenza con le altre imprese.
È qui che emerge, in modo significativo, l’incertezza, e la necessità di determinare l’impatto economico, nella maniera più precisa possibile, di eventi aleatori futuri, in modo che i Premi incassati siano sufficienti a far fronte a tutti i futuri esborsi che si avranno.
In termini matematici, il premio P da far pagare, in media, ad ogni assicurato, sarà dato dal valore medio della variabile aleatoria X degli esborsi attesi (sempre medi per ogni assicurato):
$$p=E(X)$$
Com’è noto il “valore atteso” viene calcolato sulla base di tutte le possibilità (esborsi) che si potrebbero presentare, cercando di misurare, in un qualche modo, la maggiore o minore facilità di verificarsi di ognuna delle possibilità immaginate.
La valutazione della maggiore o minore facilità di verificarsi (probabilità) delle possibilità prese in esame, nella maggior parte dei casi, può essere effettuata “anche” sulla base delle osservazioni statistiche passate.
In particolare, se la base dati di cui una Compagnia dispone è ampia, per la celeberrima legge dei grandi numeri, sappiamo che le osservazioni del fenomeno nel passato, se il fenomeno è abbastanza stabile, servono per una ragionevole stima della probabilità di accadimento dell’evento.
Per cui, dati
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r = n° di rischi analoghi in portafoglio
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n = n° di sinistri verificatisi nell’osservazione storica
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c1, c2, …., cn = costi dei singoli n sinistri verificatisi
Possiamo calcolare il premio assicurativo, in maniera semplificata, come prodotto tra la frequenza di accadimento, $$freq = \frac{n}{r}$$ , e il costo medio di ogni singolo evento, $$c_m= \frac{c_1+c_2+…c_n}{n}$$, ovvero:
$$p= freq \cdot c_m$$
Dietro a questa formulazione, apparentemente molto semplice, c’è tutto un mondo matematico-statistico.
Innanzitutto dovendo fare una tariffa da applicare in futuro ci sono alcune osservazioni da fare:
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devo prevedere quante polizze di un certo tipo (quelle per le quali debbo calcolare la tariffa) venderò nel periodo di validità della tariffa stessa;
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devo prevedere il numero di sinistri che quelle polizze avranno durante il periodo di validità della tariffa;
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devo prevedere il costo totale che tali sinistri comporteranno.
È abbastanza evidente che il prezzo della polizza che dovrò far pagare ad ognuno degli assicurati che prevedo di avere dovrà permettermi di:
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pagare i tutti i sinistri che si verificheranno nel periodo di validità della tariffa. Poiché questi sinistri non verranno pagati tutti subito dovrà essere previsto anche il tempo del pagamento e l’influenza che tale dilazione avrà sul costo;
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pagare l’intermediario che mi ha procurato il contratto;
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pagare (in quota per le polizze in esame) le spese generali della Compagnia di Assicurazioni e la remunerazione del capitale investito dagli azionisti.
Il tutto va, in qualche modo, annualizzato per anno solare, per tenere conto dei riflessi contabili della Compagnia.
In tutta questa problematica appare evidente anche il concetto di Mutualità, in quanto quello che paga ognuno e, quindi, tutti gli assicurati serve a pagare i sinistri di quelli, tra gli assicurati, che procureranno un sinistro a loro responsabilità.
Si tenga presente che nel mercato italiano la percentuale degli assicurati che procura un sinistro RCA, a sua responsabilità, è del 5,6% (2016).
Per cui il 100% degli assicurati paga il premio di assicurazione per poter pagare i sinistri provocati dal 5,6% di tali assicurati che provocano sinistri (ovviamente, non noti a priori).
Abbiamo considerato, per semplicità, un criterio di calcolo basato esclusivamente sul valor medio della variabile aleatoria degli esborsi attesi per ogni assicurato.
Naturalmente, sappiamo che è altrettanto importante la stima della variabilità di tale valore medio, in quanto i costi che effettivamente si sosterranno potrebbero discostarsi dal valor medio in misura anche significativa.
Per non appesantire eccessivamente la trattazione, possiamo riassumere la questione dicendo che al Premio è solitamente aggiunta una componente (tutta da valutare, considerando anche la “concorrenza” tra le Compagnie) per tener conto anche della variabilità rispetto al valore medio.
Abbiamo parlato, più sopra, del premio P da far pagare, in media ad ogni assicurato, ma come è a tutti noto il Premio assicurativo RCA è diverso per ciascun individuo o “classe” di individui. Questo perché l’obiettivo delle Compagnie è di riuscire a misurare e a quantificare il rischio per ciascun assicurato, e sulla base di determinati parametri, far pagare a ogni assicurato un importo coerente con il suo personale profilo di rischio.
L’articolo proseguirà con la seconda parte di questo testo che partirà affrontando proprio la problematica della suddivisione in classi degli assicurati.
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