Pubblichiamo questa intervista ad Alessandro Giuliani, professore di Fisica Matematica del Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università  di Roma Tre, vincitore del premio A. Di Braccio per la fisica dell’Accademia dei Lincei,  del premio Bruno Finzi dell’Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere e, nel 2016, dell’ERC Universality in Condensed Matter ad Statistical Mechanics.


 

– Come è nata la passione per la fisica e la matematica?

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Alessandro Giuliani

La matematica è sempre stata la mia passione, sin dai primi anni di scuola. Tutto sommato credo sia una passione spontanea: non so esattamente dire come è nata, semplicemente ho sempre trovato divertente e appassionante studiare la matematica e risolvere problemi. Al liceo ho trovato molto stimolanti i problemi delle olimpiadi della matematica, a cui ho partecipato alcuni anni, divertendomi molto. Molti dei problemi delle olimpiadi costituivano delle sfide che mi hanno per la prima volta fatto intravedere il piacere della scoperta, e conoscere quella sensazione di entusiasmo che si ha quando finalmente si capisce fino in fondo una cosa nuova.

La passione per la fisica è nata più tardi. Al liceo la fisica mi piaceva meno della matematica, ero un po’ turbato e insoddisfatto dalle troppe leggi fenomenologiche di cui non capivo profondamente il senso. Penso che il primo argomento che mi abbia davvero appassionato sia stato l’elettromagnetismo, anche se al liceo ne viene data solo un’infarinatura.

Al momento di iscrivermi all’università ero fortemente in dubbio tra matematica e fisica, nella scelta ho oscillato a lungo tra le due. Per quello che avevo visto fino a quel momento fisica mi emozionava un po’ meno, ma mi incuriosiva  sapere cosa fossero la meccanica quantistica e la relatività. Mi pesava il fatto di fare un intero corso di laurea e non avere idea di cosa fossero queste teorie. Per sciogliere il dubbio alla fine mi sono affidato un po’ al caso: le prime settimane ho iniziato a seguire alcuni corsi a fisica e alcuni a matematica. A fisica ho trovato i professori e i colleghi che mi hanno entusiasmato di più, e così è andata.

A posteriori sono davvero convinto che sia stata la scelta giusta, la fisica che si studia all’università è infinitamente più emozionante e coinvolgente di quella che si intravede al liceo. Non conoscere la meccanica analitica, la teoria dei solidi, delle particelle, la teoria dei campi, la meccanica statistica sarebbe stato una terribile perdita!

Una volta capite le direzioni della fisica moderna ho poi deciso di riapprofondire una serie di aspetti matematici che nel corso di studi avevo trascurato. Oggi lavoro in fisica-matematica, a cavallo delle due discipline: i problemi e i modelli che studio sono di diretto interesse fisico, ma i metodi che utilizzo sono matematicamente rigorosi. Cerco di dimostrare teoremi che confermino risultati precedentemente ottenuti con approssimazioni incontrollate e non quantitative; o, più interessante, cerco di stabilire rigorosamente quale comportamento ha un sistema, in situazione in cui gli schemi approssimati non forniscono una risposta certa o univoca.

In qualche senso, la scelta che ho fatto nella mia attività di ricerca è la naturale conclusione dell’iniziale oscillazione e dubbio tra la scelta di matematica e di fisica…

– Che scuola superiore ha fatto? Per quella che è la sua esperienza la scuola italiana fornisce una buona preparazione?

Un liceo scientifico, il Liceo Archimede a Roma. La mia esperienza è stata eccellente sia a livello umano che dei professori che ho avuto. La preparazione che ho avuto è stata ottima, ampiamente sufficiente per affrontare tranquillamente il primo anno di università. Credo che il livello della scuola italiana sia in media alto, o per lo meno lo sia in molti casi; il vero problema tipicamente sono le fluttuazioni nell’offerta didattica, che varia moltissimo di scuola in scuola, e anche di classe in classe. Come tutti sappiamo, avere buoni professori segna la vita e influenza enormemente le nostre scelte successive, e io ho avuto la fortuna di averne di bravissimi.

– Come è stata la sua successiva esperienza in Italia o all’estero?

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Giovanni Gallavotti vincitore nel 2018 del Premio Poincaré (Fonte Corriere.it)

Anche questa ottima: mi sono laureato e dottorato in fisica a Roma, all’Università Sapienza, dove ho avuto modo di incontrare nel mio corso di studi alcuni dei fisici che hanno più profondamente segnato la scienza degli ultimi 50 anni, da Nicola Cabibbo a Giovanni Gallavotti, Gianni Jona-Lasinio, Giorgio Parisi, Carlo Di Castro. Prima di iscrivermi alla Sapienza sapevo, per sentito dire, che fisica fosse un’ottima facoltà, ma non avevo veramente percezione del suo eccezionale livello.

Anche dopo molti anni di viaggi, di esperienza all’estero e di collaborazione con colleghi stranieri, penso che il livello del corso di laurea che ho seguito sia stato tra i migliori possibili a livello internazionale. Dopo la laurea, ho continuato alla Sapienza con un dottorato in fisica, sotto la direzione di Giovanni Gallavotti, che è stata la persona a cui devo di più da un punto di vista scientifico.
Ho lasciato l’Italia dopo il dottorato, e sono stato alcuni anni a Princeton, presso il Dipartimento di Fisica, a lavorare con Elliott Lieb e Joel Lebowitz, due dei padri fondatori della meccanica statistica e fisica-matematica moderna, che dopo Giovanni Gallavotti sono state le figure scientifiche più influenti per la mia carriera. Credo non potessi chiedere di più.

– Quali sono i campi di interesse che sono il soggetto della sua ricerca?

La meccanica statistica classica e quantistica, in particolare la teoria delle transizioni di fase e l’influenza che le interazioni tra particelle possono avere sulle stesse. La meccanica statistica è la teoria che studia il meccanismo con cui le leggi fisiche macroscopiche (quelle valide alle nostre scale: le leggi dei gas, dei fluidi, dell’elettro-statica e -dinamica dei materiali conduttori, semi-conduttori o isolanti, etc.) emergono in sistemi di moltissime particelle, i costituenti elementari del sistemi, la cui legge di interazione microscopica è tipicamente ben nota.

Tanto per fare un esempio: è fatto notissimo che gli ioni e gli elettroni in un metallo interagiscano tra loro con la legge di Coulomb. Se mettiamo insieme un numero enorme di ioni ed elettroni ($$10^{23}$$ o più, un numero confrontabile con il numero di molecole in un pezzo di metallo) a una data temperatura, in quali casi e perché gli ioni formano una struttura cristallina? Perché esistono temperature a cui il materiale fonde e/o a cui evapora? Quali proprietà degli ioni sono collegate alle proprietà di conduzione del materiale? Perché alcuni materiali conducono facilmente la corrente e altri no?

Ingenuamente, per tentare di dare risposta alle domande precedenti, uno potrebbe partire dalle leggi di evoluzione elementare degli ioni e degli elettroni (la legge di Newton, o l’equazione di Schrödinger, a seconda dei casi), risolvere le equazioni per un numero di particelle $$>10^{23}$$ e cercare di ottenere il comportamento collettivo del sistema dalle proprietà a tempi lunghi della soluzione. Questo schema ‘ingenuo’ è sostanzialmente senza speranza: non esistono metodi per risolvere o studiare qualitativamente con la dovuta precisione e per tempi sufficientemente lunghi sistemi a molte particelle (già tre particelle sono problematiche, si pensi $$10^{23}$$ quanto possono esserlo!)

La meccanica statistica è basata su uno schema, proposto da Boltzmann nel XIX secolo,

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che, in presenza di moltissime particelle, permette di ricavare informazioni sulla base di proprietà statistiche del moto: se il sistema ha un numero di costituenti elementari grandi, collettivamente emergerà un comportamento ‘medio’, che si può studiare con tecniche di teoria della probabilità (ad esempio, estensioni della cosiddetta legge dei grandi numeri o del teorema del limite centrale).

In questo contesto, uno dei problemi più interessanti è quello di spiegare e caratterizzare le transizioni di fase, cioè le scelte dei parametri termodinamici (pressione, temperatura, densità, etc) corrispondenti al punto in cui un sistema macroscopico cambia stato: ad esempio, passa da liquido a solido, o da liquido a gassoso, o da conduttore a isolante, o da ferromagnete a paramagnete, o da conduttore standard a super-conduttore. Alcuni dei grandi successi della meccanica statistica sono rappresentati dalla comprensione di alcune di queste transizioni e dalla loro caratterizzazione quantitativa, nonché dalla predizione di transizioni di fase non-standard: ad esempio, la condensazione di Bose-Einstein, la fase di Hall quantistica, la superconduttività.

Nella mia ricerca, studio modelli di interesse per la comprensione di queste transizioni di fase. I modelli che considero sono un po’ semplificati rispetto a quelli, più realistici ma più complicati (e spesso trattabili solo numericamente) usati per il confronto diretto con gli esperimenti. In questo contesto, cerco di sviluppare metodi che permettano di capire rigorosamente e quantitativamente le proprietà del sistema e l’eventuale presenza di transizioni di fase. In prospettiva, la speranza è che tali metodi possano essere utili in casi più generali, e che possano complementare i metodi (spesso approssimati) che vengono attualmente usati in fisica teorica.

– Può spiegare ai nostri lettori il risultato da lei ottenuto di cui va più fiero?

Forse il risultato, o meglio la serie di risultati, a cui sono più affezionato riguarda lo studio di un modello matematico del grafene, un materiale bi-dimensionale che è oggi oggetto di un’intensa attività di ricerca sia teorica che sperimentale.

Modello molecolare del grafene

Modello molecolare del grafene (Fonte Wikipedia)

Rispetto ad altri materiali bidimensionali (film metallici o magnetici sottili), il grafene ha proprietà di conduzione e di resistenza meccanica eccezionali, e molto atipiche rispetto a quelle conosciute prima della sua scoperta. Il grafene è stato isolato e prodotto sperimentalmente nei primi anni duemila; la sua scoperta, dovuta ai fisici russi Andrej Gejm, e Kostantin Novolselov, ha immediatamente stimolato un’enorme attività, che fa oggi sperare che il grafene possa permettere lo sviluppo di nuovi nano-materiali, di interesse per una nuova generazione di LED, di schermi ultrasottili, celle solari, etc. Molte delle sue proprietà elettroniche atipiche sono spiegabili in termini di un modello di elettroni che si muovono su un reticolo esagonale (che è la struttura cristallina microscopica del grafene) e che TRASCURA L’EFFETTO DI INTERAZIONE TRA GLI ELETTRONI.

Tuttavia nella vita vera gli elettroni interagiscono con la forza di Coulomb; anzi, per una serie di effetti reticolari, l’intensità effettiva degli elettroni nel grafene è noto essere molto grande. Nasce quindi naturale la domanda: perché allora il comportamento qualitativo del grafene sembra essere lo stesso di quello predetto dal modello non-interagente? Quali sono gli effetti qualitativi e quantitativi (misurabili) dell’interazione?

In questo contesto ho studiato, in collaborazione con due colleghi (Vieri Mastropietro e Marcello Porta), le proprietà di un modello di elettroni interagenti su reticolo esagonale, per il quale abbiamo calcolato rigorosamente le proprietà di conduzione elettronica a bassa temperatura.

Abbiamo dimostrato che alcune osservabili, quali la velocità effettiva di propagazione degli elettroni nel grafene, dipende esplicitamente dall’interazione, mentre altre, quali la conduttività a bassa frequenza, sono esattamente indipendenti dall’intensità dell’interazione. Questo ha permesso di spiegare e chiarire alcuni apparenti paradossi che emergevano da precedenti teorie approssimate del grafene, dalle quali non era chiaro perché alcune misure fossero molto influenzate dall’intensità dell’interazione e altre fossero essenzialmente indipendenti dalla stessa. Due parole chiave sulle tecniche usate per ottenere tali risultati: Gruppo di Rinormalizzazione fermionico e Identità di Ward.

– Che consigli darebbe ad un nostro giovane lettore interessato a intraprendere il percorso di studi della fisica o della matematica?

Di lasciarsi guidare dal piacere e dalla curiosità. Studiare fisica permette di conoscere alcune delle teorie più straordinarie della scienza moderna, quali la meccanica quantistica, la relatività speciale e generale, la teoria dei campi e delle particelle elementari, la meccanica statistica e la teoria dello stato condensato.

Per capire profondamente queste teorie sono necessari strumenti matematici sofisticati e affascinanti, quali l’analisi funzionale e la teoria degli operatori negli spazi di Hilbert, i gruppi di Lie, la geometria e l’analisi delle superfici di Riemann, la teoria dei processi stocastici. Ognuna di queste teorie si è sviluppata in innumerevoli linee di ricerca moderne, che continuano a essere oggetto dell’attività dei ricercatori. Quasi tutte hanno interesse applicativo ben al di là del campo in cui sono state originariamente introdotto. Tuttavia credo che la scelta della direzione in cui muoversi e procedere negli studi debba essere indipendente dalle applicazioni, ma piuttosto dettate dall’emozione che naturalmente si prova nel capire per la prima volta questi argomenti (e non solo!).

– Qual è la legge fisica o la formula matematica per lei più bella che vorrebbe condividere con i nostri lettori?

Una formula che credo non sia molto nota al di fuori di chi studia la meccanica statistica,

Lars Onsager (1968)

Lars Onsager (1968) (fonte Wikipedia)

ovvero la formula di Onsager per la magnetizzazione spontanea M(T) nel modello di Ising bi-dimensionale, come funzione della temperatura T. Il modello di Ising è un modello semplificato, ma di fondamentale importanza, per lo studio dei materiali ferromagnetici e delle transizioni di fase. E’ il primo modello vagamente realistico in dimensione due o tre per cui sia stata dimostrata l’esistenza di una transizione di fase (da paramagnete ad alta temperatura a ferromagnete a bassa temperatura). Il modello descrive un sistema di momenti magnetici (anche chiamati ‘spin’) localizzati ai vertici di un reticolo quadrato (in due dimensioni) o cubico (in tre dimensioni), interagenti con un’interazione di intensità J, che favorisce l’allineamento locale tra spin primi vicini.

In due dimensioni Onsager, nel 1944, ha ricavato una formula esatta, valida a tutte le temperature T, per la magnetizzazione spontanea M(T) del sistema:

$$M(T)=[1-(\sinh(2J/k_BT)^{-4}]_+^{1/8}$$

dove $$k_B$$ è la costante di Boltzmann, e $$[]_+$$ è la parte positiva (i.e., $$[x]_+=\max\{x,0\}$$).

La semplicità di tale formula è tanto più notevole quanto sofisticata è la sua dimostrazione, che ha attratto e continua ad attrarre l’interesse di generazioni di ricercatori.

La formula è valida solo in due dimensioni e nel caso di interazioni a primi vicini. E’ un problema attualissimo quello di ricavare una formula analoga, o almeno alcune proprietà qualitative di M(T) nella vicinanza della temperatura critica, per sistemi bi-dimensionali con interazioni a corta protata (ma non necessariamente a primi vicini) e per sistemi tri-dimensionali.

– Quale libro consiglierebbe di leggere per scoprire la bellezza di discipline come la fisica e la matematica?

Per la matematica, Che cos’è la matematica, di Courant-Robbins, che propone una selezione di problemi e metodi di matematica elementare (a livello di scuola superiore) estremamente affascinanti, da una prospettiva del tutto diversa rispetto a quella proposta nei programmi classici di scuola superiore.

Per la fisica, L’evoluzione della fisica, di Einstein-Infeld, che introduce ad alcuni delle teorie più affascinanti della fisica moderna (ormai `classica’, visto che risale agli inizi del ‘900): la meccanica quantistica e la relatività.

– Nella vita di ognuno ci sono degli incontri che cambiano la vita e ci aiutano a intraprendere la nostra strada. Puoi raccontarci qualcuno di questi?

Mentre la scelta di intraprendere gli studi in fisica è stata tutto sommato ‘spontanea’, come ho provato a spiegare sopra, la scelta di fare ricerca in fisica-matematica, e in particolare in meccanica statistica è stata profondamente influenzata dall’incontro con Giovanni Gallavotti, che è stata probabilmente la figura per me più influente sul piano scientifico. Ho incontrato Giovanni Gallavotti al corso di meccanica razionale, di cui era professore; questa materia, a cavallo tra fisica e matematica (studia la teoria analitica delle equazioni differenziali della meccanica classica, alla base, ad esempio, della teoria dei moti dei pianeti nel sistema solare) era pane perfetto per i miei denti di studente di fisica mezzo pentito di non aver fatto matematica. In più Gallavotti proponeva un corso molto avanzato e profondo (difficile, ma molto molto stimolante) per essere un corso del secondo anno: la selezione di argomenti trattati ci ha fatto intravedere gli elementi della teoria dei sistemi quasi-integrabili, della teoria delle perturbazioni calssica e del caos deterministico. Gallavotti mi ha anche colpito per il profondo rispetto e fiducia che riponeva in noi studenti: rispetto ai corsi che avevo seguito in precedenza, ci spiegava gli argomenti come fossimo ‘persone adulte’, ‘giovani scienziati’, capaci non solo di assorbire nuove tecniche, ma di saperle usare e confrontare con senso critico, potenzialmente a problemi nuovi. Ovviamente eravamo guidati in questo, ma la maturità che ci fu richiesta nello studio di quel corso fu fondamentale successivamente per sviluppare un metodo autonomo di studio e ricerca.

Quando, qualche anno dopo, scoprii che Gallavotti studiava non solo problemi di meccanica classica, ma anche problemi legati alla teoria dei sistemi quantistici a molti corpi, non ho esitato a chiedere a lui la tesi di laurea. La tesi che mi assegnò riguardava la fase di liquidi di Fermi per un modello di elettroni interagenti in due dimensioni, che è stato poi lo stimolo a intraprendere il mio percorso di ricerca.

– Quali sono i suoi progetti di ricerca per il futuro?

Lo studio delle proprietà di universalità di una serie di sistemi di meccanica statistica al punto di transizione di fase. La teoria dell’universalità prevede che alcune proprietà QUANTITATIVE del sistema al punto critico siano indipendenti dai dettagli del modello microscopico usato. Tale teoria è concettualmente alla base di tutte le applicazioni della meccanica statistica ai sistemi complessi; tuttavia è una teoria euristica, approssimata, e le sue predizioni sono dimostrate rigorosamente in pochissimi casi.

Alcune delle tecniche che ho utilizzato e contribuito a sviluppare negli scorsi anni sono potenzialmente adatte a dimostrare proprietà di universalità per diversi modelli di interesse fisico, da modelli di spin con interazioni a corta portata, a modelli di superfici stocastiche, a modello di trasporto quantistico interagenti.

Un problema particolarmente urgente e aperto da un punto di vista matematico è il problema delle transizioni di fase in presenza di una simmetria continua (esempi sono la transizione paramegnete-ferromagnete per sistemi di spin quantistici, la transizione conduttore-superconduttore, la condensazione di Bose-Einstein), per le quali non esiste ancora una dimostrazione rigorosa, a meno di pochissime eccezioni speciali (ovvero, le tecniche che sono state usate nei pochi esempi ad oggi noti sono molto speciali e poco flessibili per la comprensione di casi anche solo leggermente diversi).

Ho in progetto di studiare diversi problemi in questo contesto, primi fra tutti la transizione superconduttiva BCS e la transizione paramagnete-ferromagnete in modelli di spin continui. Ho un progetto europeo avviato da più di un anno che mi sta permettendo di assumere studenti e collaboratori per lavorare insieme a modelli motivati da questo problema.

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