Pubblichiamo il terzo ed ultimo intervento esterno scritto da Giordano Colò sulla teoria delle stringhe. I precendenti articoli sono disponibili qui e qui.
“Comme de longs échos qui de loin se confondent
Dans une ténébreuse et profonde unité,
Vaste comme la nuit et comme la clarté,
Les parfums, les couleurs et les sons se répondent.”
C.Baudelaire
Inizierò questo terzo intervento (clicca qui per leggere prima e seconda parte) andando leggermente indietro nel tempo.
1988. In uno studio del dipartimento di Fisica di Harvard Brian Greene e Ronen Plesser sono alle prese con lo sviluppo di metodi matematici per la creazione di nuovi spazi di Calabi-Yau. La tecnica più usata in quel periodo è chiamata orbifolding: consiste nell’incollare punti differenti di uno spazio di Calabi-Yau iniziale per averne uno nuovo. Incollando gruppi di punti in maniera particolare, si imbattono in una scoperta sorprendente: il numero di buchi di dimensione dispari del nuovo spazio è esattamente uguale al numero di buchi pari dello spazio originario.
Qual è l’implicazione immediata? Il numero di buchi totale è lo stesso, quindi, per quanto detto finora sulla teoria delle stringhe, il numero di famiglie di particelle è lo stesso per due spazi con forma e struttura diverse.
Nello stesso anno, dallo Stanford Linear Accelerator Center viene avanzata l’ipotesi che gli spazi in cui compattifichiamo le sei dimensioni extra dell’universo, seppur diversi, possano dar luogo alla stessa fisica.
Inoltre, dall’University of Texas il fisico Philip Candelas e i suoi studenti generano al computer una serie di spazi di Calabi-Yau e scoprono che si distribuiscono a coppie, scambiandosi il numero di buchi di dimensione pari e di dimensione dispari.
Siamo giunti alla scoperta della simmetria speculare (mirror symmetry).
Pensiamo a questa situazione: sto calcolando massa e cariche di alcune particelle. Ho scelto uno spazio di Calabi-Yau per le dimensioni extra del nostro spazio. Voglio effettuare un esperimento mentale per mostrare come sarebbe il mondo se scegliessi un particolare spazio di Calabi-Yau. Arrivo però ad un calcolo matematico molto arduo, impossibile da effettuare. So però che la fisica associata ad uno spazio speculare è identica, da cui l’idea: mi metto nell’altro spazio! I calcoli sono diversi, il risultato resta lo stesso. Come vantaggio ho che i calcoli spesso diventano estremamente più semplici. Posso così continuare a lavorare sulle proprietà delle particelle.
Le conseguenze immediate sono come sempre in due versi. La simmetria speculare infatti:
- Fornisce ai matematici uno strumento per andare da uno spazio all’altro semplificando i calcoli;
- Pone ai fisici delle domande su nuovi spazi di Calabi-Yau, la cui risposta prevede la conoscenza dei fondamenti geometrici del fenomeno e chiama in causa strumenti matematici avanzati.
Buoni specchi, vecchie simmetrie, nuovi spazi
È il momento di passare ad un po’ di matematica e a qualche formula in più.
Prima però una premessa è d’obbligo.
Ciò che ci interessa è il punto 2 del finale di paragrafo precedente.
Quali sono i fondamenti geometrici di questa scoperta? Come costruire spazi simmetrici a partire da quello dato?
La prima risposta a queste domande arriva nel 1996 con una proposta di tre studiosi: Andrew Strominger, Eric Zaslow e Shing-Tung Yau (sì, proprio lui che aveva risposto alla congettura di Calabi, scoprendo gli spazi di Calabi-Yau).
La congettura dice che una varietà di Calabi-Yau può essere suddivisa in due spazi tridimensionali. Uno di questi è un toro tridimensionale. Se separiamo il toro dal resto e lo “invertiamo” (Il raggio dal valore r passa a 1/r) e rimettiamo insieme i pezzi, otterremo la varietà speculare dell’originale.
Il toro di cui si parla nella congettura è semplicemente il nome che i matematici danno ad un oggetto a forma di ciambella.
In più, secondo la congettura, le sottosuperfici (intese come oggetti discreti di dimensionalità inferiori a quella data) delle varietà di Calabi-Yau che soddisfano la supersimmetria sono sottovarietà lagrangiane speciali. La loro specialità risiede principalmente in due caratteristiche: la loro dimensione è la metà dello spazio nel quale risiedono e obbediscono al principio di minimo per quanto riguarda lunghezza, area o volume.
Facciamo un esempio. Uno spazio di Calabi-Yau semplicissimo è il toro bidimensionale, cioè la superficie a ciambella. La sottovarietà lagrangiana speciale è uno spazio unidimensionale (metà della dimensione di quello in cui risiede), cioè nient’altro che il loop che passa per il buco della ciambella. Visto che deve avere lunghezza minima, sarà un cerchio, più precisamente un cerchio di diametro minimo che attraversa il foro.
L’immagine che segue può essere più esplicativa:
Le sottovarietà sono i cerchi disposti in B, che è esso stesso un cerchio. Ciascun punto in B corrisponde ad un cerchio diverso. Tutta la varietà nasce dall’unione dei punti in B. Si dice che B parametrizza l’insieme dei cerchi e lo chiamiamo spazio dei moduli: contiene in sé un indice di ogni sottospazio della varietà di partenza.
Descrivere bene B è importante, in quanto, oltre ad essere un elenco dei vari sottospazi, indica anche come sono disposti.
Pensate cosa accade quando aumentiamo la dimensione del toro bidimensionale passando a quattro dimensioni reali. Le sottovarietà, che prima erano cerchi, ora sono tori. B quindi non sarà un cerchio ma una sfera bidimensionale i cui punti corrispondo a diverse ciambelle.
Aggiungiamo ora altre due dimensioni, così da avere una varietà di Calabi-Yau a 6 dimensioni reali, quella che ci occorre per la teoria. B diventa una 3-sfera, cioè una sfera con una superficie tridimensionale e i sottospazi diventano ciambelle tridimensionali.
Siamo arrivati al momento in cui inserire la simmetria.
Abbiamo una varietà costituita dalle sottovarietà catalogate nello spazio dei moduli B. Come facciamo in teoria delle stringhe, senza alterare la fisica, prendiamo le sottovarietà di raggio r e usiamo l’inversione 1/r. Per descrivere lo spostamento di una stringa su un cerchio dobbiamo considerare due quantità: la quantità di moto e l’indice di avvolgimento, cioè il numero di volte in cui la stringa si avvolge.
Se sulla varietà di raggio r la quantità di moto è 0 e l’indice di avvolgimento è 3, su quella di raggio 1/r la quantità di moto sarà 3 e l’indice di avvolgimento 0.
Quando estendiamo questo fenomeno dal cerchio al toro, parliamo di T-dualità.
La congettura SYZ (dalle iniziali dei tre menzionati sopra) dice che la simmetria speculare coincide con la T-dualità.
Emerge chiaramente che una varietà e la sua speculare hanno in comune B, quello che abbiamo chiamato spazio dei moduli.
Con la conoscenza di questo spazio, possiamo avere il quadro geometrico dell’origine della simmetria e una procedura per costruire coppie speculari.
Un po’ di matematica
Come promesso, vorrei mostrarvi un po’ di matematica della congettura per addentrarci nella bellezza del paesaggio che è stato costruito.
Descriverò la congettura così come presentata nel 1996. Questo permetterà di vedere la formalizzazione di quanto detto finora.
CONGETTURA SYZ: Supponiamo che $$X$$ e $$\widetilde{X}$$ siano due varietà di Calabi-Yau speculari. Allora:
- Sia $$X$$ che $$\widetilde{X}$$ ammettono una fibrazione di tori lagrangiani speciali sulla stessa base:
2. le fibrazioni sono tori duali;
3. esiste una trasformata di Fourier che è responsabile dello scambio tra la struttura simplettica su $$X$$ e quella complessa su $$\widetilde{X}$$.
Scherzando (neanche troppo), il misterioso fenomeno della simmetria speculare è in una trasformata di Fourier.
Prima di notare come questa congettura colleghi e coinvolga analisi matematica, geometria e algebra in maniera inestricabile e affascinante, meglio spiegare punto per punto alcuni concetti.
Del punto uno dobbiamo solo precisare cos’è una fibrazione, gli altri concetti li abbiamo introdotti nel paragrafo precedente. Un fibrato è una varietà che definiamo a partire da due altre varietà M e V, una chiamata spazio base e una fibra. Localmente (in una regione sufficientemente piccola di M) il fibrato somiglia al prodotto $$M \times V$$. Spostandoci però su M le fibre possono essere contorte e differenti rispetto al semplice prodotto.
Facciamo un esempio concreto: M è un cerchio e la fibra V è uno spazio a una dimensione modellato su $$R$$ . Nel caso più banale $$M \times V$$ è un cilindro bidimensionale (vedi immagine).
Del punto 2 e della dualità abbiamo già parlato nel precedente paragrafo.
Il punto 3 è molto interessante. In queste varietà una struttura su una varietà corrisponde ad una di tipo diverso su un’altra.
La struttura simplettica ha due particolarità: l’area simplettica di una superficie S con bordo non cambia per deformazioni di S che fissano il bordo e la varietà ha sempre dimensioni pari.
Matematicamente si dice che uno spazio simplettico è una coppia $$(M, \omega)$$ in cui M è una varietà differenziabile finito-dimensionale e $$\omega$$ è una 2-forma chiusa non-degenere.
La struttura complessa di dimensione n invece è una varietà di dimensione reale 2n in cui le cartine che usiamo per orientarci sono modellate su particolari proprietà di $$C^r$$ , che è lo spazio complesso ed è identificato con $$R^{2N}$$ .
Infine, la trasformata di Fourier è un’applicazione che permette di trovare corrispondenze tra strutture sugli spazi di Calabi-Yau grazie alla ridefinizione delle funzioni su domini diversi (ricordate la questione della riduzione del grado di difficoltà trasportando le questioni da un contesto all’altro?).
Non è molto importante se delle strutture introdotte non vi è chiaro tutto, ciò che conta è capire che si realizza proprio in questa dualità la possibilità di conoscere una varietà “guardandola più o meno comodamente seduti sulla sua speculare”.
Gettare una luce sui buchi neri
La matematica sofisticata sottostante alla teoria non ha impedito di usarla per dare alcune risposte.
Un esempio riguarda i buchi neri.
I buchi neri sono entità piccole, caratterizzate da grande massa, con scala delle distanze minuscola e curvatura dello spazio-tempo molto grande.
Nel 1997 Hawking aveva scoperto che i buchi neri presentano una temperatura minuscola ma non nulla. Dunque fino ad evaporazione il buco nero emetterà energia termica. Se però la radiazione è solo termica, non ha contenuto informativo e quindi l’informazione immagazzinata scomparirà all’evaporazione del buco nero. Questo è in contrasto con la meccanica quantistica secondo cui l’informazione di un sistema si conserva sempre. Hawking concluse che nel caso dei buchi neri l’informazione può andare persa.
Strominger fece un bell’esempio a tal proposito: “Se si gettassero due cubetti di ghiaccio in una pentola d’acqua bollente, in linea di principio il giorno dopo posso stabilire che sono stati gettati lì anche se si sono sciolti”. Nel caso del buco nero no, tutta l’informazione andrebbe perduta!
Quale occasione migliore per la teoria delle stringhe?
Ricorrendo alla nozione di entropia del buco nero, ci si domandò del contenuto e dell’immagazzinamento dell’informazione. Si arrivò a calcolare che l’entropia era elevatissima, contro ogni intuizione: essa rifletteva infatti tutte le possibili configurazioni del buco nero e avere un valore alto di entropia contrastava con il fatto che fino a quel momento un buco nero poteva essere descritto con appena tre parametri, che non sembravano più sufficienti.
Una soluzione al problema del calcolo dell’entropia dei buchi neri poteva arrivare dalla teoria delle stringhe.
L’idea era di modellare il buco nero a partire dalle stringhe (o versioni a più dimensioni di queste), che hanno lo stesso tipo di carica, la stessa massa e la stessa tensione del buco nero. L’unico problema era stabilizzare le stringhe: infatti un oggetto con tensione elevata potrebbe restringersi fino a scomparire in assenza di una struttura che fermi questo fenomeno.
A questo punto la supersimmetria si è rivelata fondamentale: le varietà di Calabi-Yau intorno alle quali posso avvolgere le stringhe (o versioni a più dimensioni delle stringhe) hanno delle sottosuperfici stabili che non sono soggette a contrazione. Per avere una configurazione stabile, la stringa deve essere “ben stretta” alla nostra sottosuperficie e in più questa deve avere una sezione di area minima (ricordate per quali sottosuperfici abbiamo incontrato il principio di minimo?).
I sottospazi cercati sono le “curve chiuse” nelle varietà di Calabi-Yau, che sono di diverso tipo e in diverso numero a seconda della varietà scelta.
I due fisici Strominger e Vafa scelsero un buco nero a 5 dimensioni (supersimmetrico) e ne calcolarono l’entropia secondo la formula di Hawking, basandosi solo sull’orizzonte degli eventi.
Calcolarono poi il numero di configurazioni delle stringhe (a più dimensioni) dello stesso buco nero “costruito ad hoc” nel loro esperimento mentale.
I due valori di entropia per lo stesso buco nero erano perfettamente in accordo, corrispondenza perfetta!
Dimensioni nascoste, specchi e matematica sono tutti elementi del paesaggio che abbiamo visto e attraversato ma che è ancora selvaggio e inesplorato e si estende in ogni direzione. Abbiamo delle bussole, abbiamo gli strumenti ma non c’è altro campo magnetico se non quello della fantasia e della bellezza: è su queste due che si orienta la nostra scoperta e da cui dipende la nostra capacità di esplorare.
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