Copertina de "Dio e l'ipercubo"

Copertina de “Dio e l’ipercubo”

Come si può conciliare la fiducia della fede con il rigore della matematica? Risponde Francesco Malaspina, professore di Geometria presso il Politecnico di Torino, credente, e dunque autore di un testo sull’intersezione (non vuota) dei due argomenti, “Dio e l’ipercubo”.


MM. Come è nata l’idea di scrivere “Dio e l’ipercubo”, associando Dio e la matematica?

FM. È un’idea che è nata nel corso degli anni mentre approfondivo sia la matematica che la fede cristiana: mentre ero immerso  nello studio o nel servizio ai poveri fantasticavo sui collegamenti tra queste due mie grandi passioni. È stato un po’ come pregare incessantemente seguendo il consiglio di San Paolo a tessalonicesi. La nascita della mia secondogenita Agnese in piena estate e le conseguenti vacanze non in viaggio mi han dato il tempo di fermarmi e concludere la stesura.

Una rappresentazione dell'ipercubo

Una rappresentazione dell’ipercubo

MM. Perché ha scelto di inserire nel titolo il termine “ipercubo”?

FM. Il quadro di Dalí “Corpus Hypercubus” è piuttosto evocativo. L’ipercubo è qualcosa di concreto, che si può descrivere bene matematicamente ma allo stesso tempo anche sfuggente essendo in quattro dimensioni.

Cristus Hypercubus, dipinto di Salvador Dalì

Cristus Hypercubus, dipinto di Salvador Dalí

MM. A chi si rivolge prevalentemente questo testo, al matematico o al cristiano? O, invertendo l’espressione, al non-matematico o al non-cristiano?

FM. A chiunque ami la bellezza. I matematici sono piuttosto concordi nel vedere la loro scienza come arte. Se le varie arti, la musica, la pittura, l’architettura e letteratura in particolare, hanno provato a raccontare qualcosa sul cristianesimo, possono farlo anche alcuni oggetti matematici dotati di un forte valore evocativo. Il tentativo di questo libro è proprio questo. Non si vuole dimostrare la ragionevolezza del cristianesimo e neppure tentare di smontare le tesi dei non credenti (anzi viene proprio detto che esse non incontrano inciampi di tipo matematico). Si vuole semplicemente raccontare e descrivere attraverso metafore e analogie quello che pensa un cristiano.                         

Ecco allora che un non-cristiano può essere interessato a sapere qualcosa del pensiero cristiano attraverso questo approccio singolare e rispettoso. Un non-matematico può essere interessato ad avvicinarsi a questa scienza guardandola come arte attraverso queste analogie.

MM. Può descrivere la struttura del libro?

FM. Si dipana su tre capitoli in ognuno dei quali viene descritta una teoria matematica: nel primo la teoria degli insiemi, nel secondo gli spazi metrici e nel terzo la topologia e le varietà topologiche. Attraverso il dualismo globale-locale vengono parallelamente illustrati alcuni concetti fondamentali del cristianesimo. Trasversalmente in ogni capitolo compare una virtù teologale: nel primo la fede, nel secondo la speranza e nel terzo la carità.

MM. È evidente che “le due grandi passioni” della Sua vita, i Suoi due “amori”, fede e matematica, in Lei si fondono totalmente. Non avviene spesso. Da dove trae origine il desiderio di fondere questi due amori?

FM. Deformazione professionale forse. Nel nostro mestiere siamo abituati a collegare tra loro argomenti diversi. Come le funzioni che legano gli oggetti di due insiemi o i passi di una dimostrazione che collegano vari passaggi di varie teorie fino ad arrivare alla tesi. È bello farlo anche con le proprio passioni.

MM. Come si connette con la fede il concetto matematico di numerabilità?

FM. L’insieme dei numeri naturali ci dà il più “piccolo” infinito che esista. Se prendiamo due sottoinsiemi finiti, anche se uno è molto più grande dell’altro la loro distanza dall’infinito è la stessa. I loro complementari infatti possono essere messi in corrispondenza biunivoca e sono entrambi numerabili. Il nostro struggente bisogno di infinito è disperatamente frustrato: non soltanto non possiamo raggiungerlo ma neppure avvicinarci. Ecco che questo mi dà il pretesto per parlare di Incarnazione, di questo infinito che si posa nel finito colmando questo abisso che non poteva essere attraversato nel senso opposto. Si tratta davvero solo di un pretesto. L’analogia è volutamente soggettiva. Il testo non vuole essere scientifico ma soltanto esaltare la bellezza artistica della matematica.

MM. Può illustrare il concetto matematico di asintoto?

FM. Si tratta di una retta alla quale possiamo avvicinarci infinitamente senza mai toccarla. La si può sfiorare senza poterla veramente afferrare.

Una veduta di Nazareth

Una veduta di Nazareth

MM. Benché, come Lei osserva, molti scienziati oggi possano dirsi credenti senza dover rinunciare alla razionalità, come si può spiegare che la matematica sia in genere usata per dare scientificità all’affermazione che Dio non esiste? Un po’ brutalmente: come mai i matematici credenti sono così pochi?

FM. Da quando mi sono esposto su questi temi ho scoperto che non sono poi così pochi. Si tende a non parlare di temi religiosi poiché si teme che dividano. Io credo invece che si possa farlo purché con garbo. Ad ogni modo anche i matematici non credenti sono in generale molto rispettosi.

MM. Esiste una forma di “insight” – nel senso di intuizione, salto, eureka, illuminazione – nella fede e nella matematica?

FM. Capita in entrambe. Mi ricordo quando ho avuto l’idea per il mio primo teorema: Stavo attraversando in macchina lo stato del Missouri da St Louis a Kansas City. È stata una gioia grandissima. Per fortuna non guidavo io. Succede anche nella vita spirituale, ma sono degli zuccherini, piccole consolazioni. Si tratta poi di chinarsi con pazienza davanti a un libro come davanti a un povero.

San Francesco e il lebbroso

San Francesco e il lebbroso

MM. “Il viaggio e non solo la meta è il Regno di Dio”. Possiamo matematizzare questa idea come un’attenzione verso le frecce, cioè le trasformazioni, in senso categoriale?

FM. Certamente le categorie sono un concetto matematico con un fortissimo valore evocativo e possono essere usate per descrivere più in profondità il mistero del Regno di Dio. Lei è una lettrice ideale. In questo libro si accenna un possibile itinerario e il lettore può trovare nuovi spunti per proseguirlo.

MM. Umiltà e conoscenza: certe domande spiazzanti degli “ignoranti” potrebbero costituire uno stimolo per il pensiero scientifico?

FM. È francamente spiazzante come l’essere matematicamente ignoranti spesso costituisca un vanto. Ad ogni modo Il matematico non può che essere profondamente umile. Uscito dal liceo avevo certamente la percezione di conoscere parecchia matematica. Ora, dopo ventun anni passati a studiarla intensamente mi pare davvero di saperne molto meno di allora. La sua bellezza e la sua vastità mi hanno riempito di meraviglia e stupore e hanno saputo dissolvere quei confini che credevo di intravedere.

Noi che la investighiamo possiamo solo sperare di scalfire l’immensità della matematica proprio come nessun teologo potrà mai penetrare completamente il Mistero di Cristo. Chiunque si senta “ignorante” e sappia di non sapere, con la sua curiosità, può certamente costituire uno stimolo.

MM.
Amore cristiano come estensione, generalizzazione: potremmo descriverlo in termini non di loops, ma di inclusione di nuovi elementi… Ho in mente l’immagine di un’elica che non si richiude nello stesso punto come un cerchio, ma che si estende ‘in avanti’, includendo sempre nuovi punti.

FM. L’amore è estremamente difficile sia da definire che da descrivere ma è la cosa più preziosa che esista. Come dice lei può venire in mente l’immagine di un’elica che non si richiude nello stesso punto come un cerchio, ma che si estende “in avanti”, includendo sempre nuovi punti. Così come l’amore cristiano che non si richiude su di sé, ma che procede ad inglobare aspetti diversi. Non ci si limita a ricambiare un gesto di carità verso chi ci ha fatto del bene. E’ un amore radicale nel quale si è disposti a svuotarsi di se stessi per donarsi pienamente all’altro. Dio allora è allo stesso tempo sorgente dell’amore (tutto è spinto e proviene da Lui), è la relazione (Deus Caritas est) ed è l’oggetto (Cristo si identifica fortemente con il povero). Nel libro l’oggetto matematico che uso per parlare di tutto questo è quello di varietà topologica.

La matematica non è affatto fredda come spesso la si vuole dipingere e può provare a parlare di amore, almeno localmente.

MM. Importanza del servizio: insegnare matematica può essere visto come servizio, dunque come educazione alla bellezza (e della bellezza si parla nel testo), e come preparazione alla religione? Ci si ricollegherebbe all’etimologia di “teoria” come contemplazione.

FM. Sono anche io convinto che l’insegnamento sia una alta forma di servizio. Quando sono a lezione ovviamente non parlo mai di religione anche perché sono convinto che la matematica che racconto sia intrinsecamente educazione alla bellezza. Il fatto stesso di servire gli studenti cercando di insegnar loro qualcosa di edificante, come qualsiasi altro servizio concreto, può far intravedere l’idea astratta di un Dio che si fa bimbo, che si china a lavare i piedi con un canovaccio ai fianchi e che dà la vita su di una croce per amore.

MM. Nelle pagine conclusive si riassume la struttura di ogni capitolo del libro, con partenza da un preciso luogo geografico, discussione di argomenti di carattere generale, e ritorno ad esempi concreti. In altre parti si fa riferimento a diagrammi triangolari, che connettono l’amore cristiano fra persone all’amore divino. Possiamo vedere la struttura “triangolare” di ogni capitolo come una riproduzione dello stesso schema diagrammatico, con locale —> globale —> locale, e un’altra freccia che va direttamente dal primo “locale” al secondo “locale”?

FM. In effetti ho voluto mettere varie simmetrie geometriche nel testo ed esprimere il dualismo globale-locale o particolare-generale anche con scelte semantiche che privilegiano termini di uso corrente e un linguaggio colloquiale per raccontare concetti piuttosto astratti e generali.

MM. Cosa risponderebbe all’osservazione che il libro contiene troppa matematica per i non matematici e argomentazioni filosofiche non pienamente convincenti per i filosofi?

FM. Ammetto che il libro contiene parecchia matematica. Ci sono diversi dettagli che normalmente non si trovano in testi divulgativi. Vogliamo raccontare la bellezza artistica di questa scienza ed essa spesso risiede proprio dei dettagli. Un buon liceale è comunque in grado di seguire integralmente le costruzioni e i cenni di dimostrazione. Il testo è inoltre pensato per essere letto a diversi livelli a seconda della conoscenza matematica. Si possono saltare alcune parti più tecniche riuscendo comunque a cogliere le analogie, proprio come davanti ad un quadro siamo colpiti dalla sua bellezza anche se non siamo esperti.

Per quanto riguarda il non essere convincenti per i filosofi la cosa è voluta. La matematica va maneggiata con cura. E’ bello che non esistano argomenti matematici che ci obblighino a credere in Dio. Crediamo in un Dio che ha a cuore la nostra libertà.

MM. I concetti matematici potrebbero evocare e richiamare qualcosa riguardante non solo il cristianesimo, ma anche altre religioni? Potrebbero essere idee in qualche modo “traducibili” in altre religioni? Più semplicemente: come presenterebbe questo libro a un credente di un’altra religione?

FM. Certamente non mi voglio appropriare degli oggetti matematici per tirare l’acqua al mio mulino e nel libro viene detto esplicitamente che essi potrebbero essere usati per parlare di altre religioni e di tutt’altro argomento.

Il libro, con questo tipo di approccio, è stato spunto per incontri pubblici assai cordiali sia in ambito valdese che con non credenti lontani dal cristianesimo come Piergiorgio Odifreddi. Allo stesso modo in futuro potrebbero esserci confronti con appartenenti ad altre religioni.

MM. Potrebbe dirci qualcosa sul ruolo della “volontà” nella fede e in matematica? Quale ruolo ha la volontà nel percorso della salvezza? Se la salvezza è un dono gratuito, “il desiderio volontaristico” è semplicemente la risposta affermativa alla chiamata divina? Ogni creatura umana è “presa” (si potrebbe intendere come “scelta”, “contattata”, “avvertita”) dalla trascendenza scesa su di sé gratuitamente, e può quindi intraprendere il viaggio di ritorno verso l’infinito? E, in matematica, la “volontà” corrisponde semplicemente alla volontà di approfondire i concetti matematici, oppure rappresenta dell’altro?

FM. Voglio sottolineare come prima avvenga il viaggio gratuito dell’infinito verso di noi e poi l’eventuale adesione alla fede che trasfigura la vita e le azioni.          

E’ una salvezza gratuita che non si merita ma si accoglie. Anche nella matematica, prima di tuffarci chini sugli esercizi, è opportuno intravederne la bellezza e lasciarci guidare da essa. In entrambi i casi è utile avere un amico che sappia dare testimonianza.

MM. “(…) non riusciamo a dare una collocazione chiara a Dio. (…) Dio rimane sfuggente, imperscrutabile, trascendente e non richiudibile in un modello matematico” . “Vogliamo che le costruzioni e i concetti matematici evochino e richiamino qualcosa sul cristianesimo”. Le dimostrazioni matematiche e le argomentazioni religioso-filosofiche presenti nel testo potrebbero avvicinare l’incredulo alla religione e il non-matematico alla matematica?

FM. Questo libro può essere uno spunto di riflessione in entrambi i sensi. Ci vogliono poi incontri personali con persone concrete. Qui si può approfondire https://www.youtube.com/watch?v=UHRbjyUmZiM

MM. Grazie Professore.

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“Dio e l’ipercubo”: https://editrice.effata.it/libro/9788869290718/dio-e-lipercubo/

Francesco Malaspina

Francesco Malaspina

 

Copertina della versione in portoghese de "Dio e l'ipercubo"

Copertina della versione in portoghese de “Dio e l’ipercubo”

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