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La scrittrice Chiara Valerio. Foto tratta da: http://www.isoladellestorie.it/autori/chiara-valerio-6/

Che succede quando il pensiero astratto di formule e teoremi si mescola a storie private, a biografie, a scenari familiari o di guerra? Ce lo racconta la scrittrice (e matematico) Chiara Valerio, autrice di Storia umana della matematica. Eccone l’incipit:

Tutto quello di cui Euclide parla, non esiste.

Non esiste una retta senza spessore, e non esistono circonferenze perfette. L’immaginazione che Euclide, dal III secolo prima di Cristo a oggi, richiede a chi legge i suoi Elementi è più grande di quella necessaria a seguire le storie degli dèi e degli eroi.

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Una pagina degli “Elementi” di Euclide e la rappresentazione di una scena dell’Iliade. Immagini da: https://carleton.ca/grs/what-you-will-study/

MM. Come è nata l’idea di scrivere questo libro?

CV. Ho cominciato a scrivere perché è nato mio nipote Francesco.  Ho pensato che lui sarebbe cresciuto e io avrei dimenticato gli studi che mi avevano accompagnato per 13 anni. Cosa gli avrei raccontato dei miei studi universitari? e di tutto quel tempo su formule che non sarei stata e non sono più in grado di riconoscere se non in modo tassonomico? è stato insomma un gesto memoriale.

MM. Nel libro vengono presentati elementi biografici di matematici e fisici illustri, fra cui J. Bolyai e L. Landau. Come ha scelto i protagonisti de Storia umana della matematica?

CV. Sono i matematici le cui teorie ho studiato durante gli studi universitari e post-universitari. Mi sono sempre abbastanza disinteressata alle biografie, ma volevo conoscere meglio le persone con le quali avevo speso tanti anni. A ripensarci ho passato più tempo con Bolyai e Riemann che con i miei amici, in certi anni.

MM. Chi è il misterioso “matematico finto” dell’ultimo capitolo? Lei vede se stessa come uno scienziato che si occupa di letteratura, o come un letterato esperto di scienze esatte?

CV. Io non mi vedo. Non mi sono mai vista molto bene. Non mi sono soprattutto mai fidata di quello che vedevo di me. La matematica mi ha reso una persona più sicura, e di questo la ringrazierò sempre. Io non sono più un matematico se mai lo sono stata. Ma ricordo con nettezza quel piacere di discutere delle ipotesi e delle tesi, quella allegria nello scoprirsi capaci di eseguire una dimostrazione per passaggi logici. La matematica somiglia al lego, chi possiede più mattoncini può costruire architetture più ardite. Come i mattoncini Lego si può smontare, ha una componente ludica ineludibile e che la rende una disciplina per chi è giovane e curioso.

MM. Nel libro il racconto delle biografie di alcuni scienziati ed elementi della Sua, scorrono come un flusso di coscienza, mescolati a frammenti di teorie e citazioni letterarie. E non ci sono illustrazioni. Potrebbe raccontarci il perché di queste due scelte?

CV. Dice che avrebbero dovuto esserci le illustrazioni? Non so, non ci ho mai pensato. L’incastro tra vicende altrui e mie non è una caratteristica di questo libro, ma di tutti i miei libri. Mi approprio delle vite degli altri e le deformo, come fossero la mia. Che siano i life settlement di Almanacco del giorno prima (Einaudi, 2014), o la vita di Evelyn Waugh o Virginia Woolf o di mia nonna in Spiaggia libera tutti (Laterza, 2011) non fa differenza. Certo, prima di questo libro non avevo mai creduto che sarei arrivata ad avere tanta prossimità con la matematica da deformarla sentimentalmente, di piegarla a un racconto – tutto esatto e tutto mentito, per ricordare Manganelli – biografico. Penso che siamo a un punto della storia dell’occidente secolarizzato dove la nostra natura e la nostra cultura sono inevitabilmente mischiate.

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Il matematico Mauro Picone. Foto da Wikipedia

MM. A pagina 93 si legge: “I libri arrivano più lontano delle palle di cannone”, e “[…] Baistrocchi […] penso che debba essere ricordato […] per aver dato quell’ordine a Mauro Picone, e non impugnando un’arma ma un libro”. Lo studio della matematica e della fisica può continuare a “salvarci”?

CV. Non penso che possiamo chiedere alla matematica, alla letteratura o a un altro essere umano di salvarci. Penso che dobbiamo avere se non la responsabilità almeno l’intenzione della nostra salvezza. Studiare ci dà una maggiore possibilità di capire problemi che non sono i nostri, come la letteratura ci dà l’occasione di piangere e ridere per persone che non siamo noi. Così, credo che studiare, capire – in qualsiasi forma si decida di farlo, con qualsiasi organo si decida di farlo – sia una intenzione di salvezza. Soprattutto sia un riconoscimento che esistiamo in relazione gli uni agli altri.

MM. Pagina 100: Lei scrive: “I fisici hanno una caratteristica: […] studiano qualsiasi cosa”, ritengo con la fiducia di riuscire a capire. Anche Lei, da matematico, sente questa fiducia nella conoscenza, nell’analisi e nella comprensione?

CV. Certo, la mia forma di etica è la conoscenza, e la mia forma di perdono passa per la comprensione.

MM. Ci sono molti fisici nella Sua vita: padre, cognato, amici. Quali differenze nota fra il Suo modo di pensare (da matematico) e quello di un fisico?

CV. Non posso risponderle esattamente, perché avendo studiato matematica applicata ho sempre avuto a che fare con cose molto in comune con la fisica (la tesi di laurea era in meccanica razionale, la tesi di dottorato in cibernetica). Il mio amico Marco Malvaldi, scrittore e chimico, sostiene che in realtà tutti avremmo voluto fare fisica, ma poi abbiamo fatto altro. Il mio amico Stefano Pisani, scrittore satirico (Lercio.it) e matematico, invece non ha mai voluto vedere altro che l’algebra astratta.

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Norbert Wiener, padre della cibernetica. Foto da http://afflictor.com/2017/02/16/old-print-article-norbert-wiener-believes-russia-or-robots-will-ruin-the-u-s-1950/

MM. Nel Suo libro, Lei cita il pensiero di Norbert Wiener, dal pacifismo, il cui prodromo è rappresentato dall’opposizione alla dissezione, al rapporto fra l’uomo e le macchine, e il rischio di “meccanizzazione dell’uomo”. A Suo parere, come può il pensiero astratto aiutarci ad evitare la “macchinizzazione”?

CV. Capire significa capire le conseguenze. Gli esseri umani sono l’ultima risorsa naturale del pianeta che è ampiamente disponibile e il cui incremento non ha costi (un uomo e una donna si incontrano e possono riprodursi), siamo come il vento, il sole, le correnti, una fonte di energia rinnovabile. Riusciremo a non utilizzare gli esseri umani come componenti di un processo industriale, riusciremo – se non abbiamo già fallito – a non guardare gli esseri umani con occhio capitalistico? Ecco, Norbert Wiener si preoccupava di avvertirci, già nel 1951, del fatto che studiare, capire le conseguenze delle azioni è l’unico modo per non essere pezzi di un processo che di umano non ha più nulla.

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Un altro riferimento al mito di Pigmalione e all’ontologizzazione di una figura ideale e mai esistita, o reale ma perduta? Fotogramma da “Metropolis”. Da https://futura.persona.co/

 MM. A pagina 116 si sintetizza la storia fittizia di Alicia Clary in Eva futura, quindi quello che potremmo definire il topos della costruzione della donna ideale come copia di una donna viva ma irraggiungibile o scomparsa. Questo ci rimanda al mito di Pigmalione, a Coppelius nel balletto Coppelia, e a Rotwang nel film Metropolis. E’ il topos del pensiero astratto che cerca di “ricreare” un’entità assente o scomparsa? Qual è il ruolo del pensiero matematico nell’ontologizzazione di un ideale?

CV. Tutti i linguaggi ontologizzano, la matematica forse di più.

MM. Pagina 159: “[…] Mi rimetto a lavorare con rinnovata foga, per non lasciare nessuno spazio alle malinconie, e guarirle”. Si riferisce alla passione nello studio o nel lavoro, all’astrazione, al piacere della scrittura?

CV. Penso che avere da fare, relazionarsi con un tempo che non sia completamente a propria disposizione, che coinvolga il tempo e il lavoro degli altri, sia una grande forma di leggerezza.

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Dai titoli di testa del film Matrix

MM. A pagina 105 Lei afferma “Come non sia difficile la matematica, ma il linguaggio in cui è scritta”. Come racconterebbe in poche parole la matematica ai non matematici, per farli appassionare?

CV. Non mi piace pensare di parlare o scrivere per appassionare qualcuno. È una tensione didattica che non ho, nonostante io abbia molto amato sia i miei professori che la scuola pubblica in sé. E la ami. Penso però che sia necessario in un quotidiano complesso come il nostro, imparare un linguaggio complesso come la matematica. Sono cresciuta con i cartoni animati sulle televisioni private degli anni ottanta, e dunque la matematica mi ha dato la sensazione di poter capire meglio, il computer del padre di Jeeg Robot d’acciaio, gli incastri di Voltron, il bastone allungabile di Khun, e persino quel viaggio disperato di 999 Express per diventare un cyborg. Insomma, la matematica consente anche di capire quello che nel film Matrix è la realtà sottostante. Dopo aver studiato matematica mi riconosco una specie di super potere :)))

MM. Un ottimo motivo per avvicinarsi con curiosità ed entusiasmo alla matematica! Grazie Chiara.

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