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Pubblichiamo questa intervista a Samuele Maschio, ricercatore in logica matematica presso il Dipartimento di Matematica dell’Università degli studi di Padova, incentrata sul suo libro “Tecniche dimostrative”. Oltre alle attività di ricerca e di insegnamento in ambito universitario, collabora con Mathesis Vicentina all’organizzazione didattica di stage locali per la preparazione degli studenti delle scuole superiori alle Olimpiadi della Matematica.

Il libro è disponibile, per esempio qui e qui.

 


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Come è nata l’idea di questo libro?

Negli ultimi anni sto collaborando con la Mathesis Vicentina, soprattutto negli stage di matematica olimpica. Ho pensato in questi incontri di proporre delle lezioni su come scrivere una dimostrazione. Poi la collaborazione esistente tra la Mathesis  Vicentina e la Mathesis di Udine (che coordina la collana Umath della casa editrice Scienza Express) ha fatto in modo che fosse chiesto al nostro gruppo se qualcuno aveva in mente una proposta per un volume. A questo punto, è stato naturale per me propormi con questo argomento.

 

Nella prefazione evidenzia l’importanza della “dimostrazione” in matematica dicendo che “quando il gioco si fa duro i duri iniziano a giocare”. Può spiegare ai nostri lettori il senso di questa “battuta”?

Beh, si tratta soprattutto di un modo per spronare gli studenti delle scuole superiori che hanno mostrato di avere delle doti matematiche e si sono distinti nei giochi matematici o nelle prime fasi delle olimpiadi della matematica, in cui i quesiti sono in forma di domanda con risposta multipla o quesito a risposta numerica, a fare il passo ulteriore e a cimentarsi con le dimostrazioni. Questo corrisponde, per gli studenti impegnati in tale competizione, a prendere seriamente in considerazione di allenarsi per le fasi più difficili delle olimpiadi della matematica: la fase provinciale, la fase nazionale e, chissà, magari quella internazionale.

Però questa è una battuta soltanto fino ad un certo punto. La tecnica dimostrativa è il tratto distintivo della matematica come scienza, quindi, se si vuole fare il matematico, bisogna imparare a scrivere una dimostrazione.

Com’è strutturato il libro e per quale tipo di pubblico è pensato?

Il libro inizia con un capitolo sulla logica, molto breve e molto lontano dall’essere esaustivo, ma che cerca di fornire gli strumenti necessari per i capitoli successivi. Il secondo capitolo tratta le tecniche dimostrative “generali”, quali la dimostrazione per contronominale e per assurdo, e la dimostrazione per casi. Ho cercato di proporre molti esempi anche tratti dalle gare di matematica. Il terzo capitolo riguarda il principio di induzione, uno strumento davvero fondamentale per la matematica, presentandone diverse varianti. Seguono le soluzioni degli esercizi proposti e tre appendici che contengono alcune riflessioni sulle dimostrazioni in generale, i classici problemi con cavalieri e furfanti e un dodecalogo pensato soprattutto (ma non esclusivamente) per gli studenti che partecipano alle gare di matematica in cui sono richieste dimostrazioni.

Il libro è pensato innanzitutto per gli studenti delle scuole superiori interessati alle gare di matematica, ma anche per i loro docenti o per gli appassionati di matematica in generale. Tuttavia credo che potrebbe essere anche uno strumento utile per gli studenti universitari del primo anno di matematica e fisica.

Il primo capitolo è dedicato alla logica. Nelle prime pagine inserisce due frasi di esempio come “Il cane vola, ma il gatto si esprime correttamente in polacco” e “il cane vola e il gatto si esprime correttamente in polacco”. Può spiegare anche ai nostri lettori perché le ha inserite nel testo e che differenza c’è fra queste due frasi dal punto di vista logico?

Dal punto di vista logico non c’è alcuna differenza: in entrambi i casi sto legando le due proposizioni “Il cane vola” e “Il gatto si esprime correttamente in polacco” con una congiunzione. Pronunciare una di queste due frasi, corrisponde a dichiarare che sia “Il cane vola” sia “Il gatto si esprime correttamente in polacco” sono proposizioni vere. Tuttavia la lingua che usiamo tutti i giorni è ben più ricca della sola logica (come direbbe un terrestre a un vulcaniano in Star Trek, probabilmente); chi usa “e” non fa differenza di giudizio tra le due proposizioni e le mette sullo stesso piano, mentre chi usa “ma” può comunicare per esempio che il fatto che “il gatto si esprime correttamente in polacco”, per lui, è più sconvolgente del fatto che “il cane vola”.

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Gordon Ramsay evocato insieme al matematico Ramsey nell’esercizio di logica di esempio (fonte cordcutters.news.com)

Uno dei paragrafi di questo capitolo ha come titolo “Saper negare”. Può spiegare ai nostri lettori attraverso un esempio ?

Il problema della negazione è cruciale; molte persone tendono a identificare la negazione con il “contrario” (una categoria che lo fa più o meno coscientemente è quella dei politici): bianco vs nero, bello vs brutto, intelligente vs stupido. Come si fa a confutare la frase pronunciata da chef Gordon Ramsey: “Tutti i piatti che ho cucinato nella mia vita erano eccellenti”?. Serve mostrare che tutti i piatti cucinati nella sua vita erano disgustosi? Basta mostrare che erano non eccellenti? No…molto di meno. Basta fornire le prove che almeno uno non era eccellente.

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Principio dei cassetti detto anche “Legge del buco della piccionaia” (fonte wikipedia)

Il secondo capitolo, davvero interessante, è centrato sulle tecniche dimostrative. Ovviamente rimandiamo chi segue il nostro blog alla lettura del libro per tutti i dettagli; qui le vorremmo intanto chiedere di fare qualche esempio e, in particolare, di illustrarci come si dimostra il “principio dei cassetti” usando la tecnica di dimostrazione contronomiale.

Il principio dei cassetti afferma che se ho una cassettiera che contiene un numero di camicie strettamente superiore al numero di cassetti, allora esiste almeno un cassetto che contiene almeno due camicie. Questo principio sembra così ovvio che una dimostrazione può apparire superflua, tuttavia esso rappresenta un’ottima occasione per fare un esempio di dimostrazione contronominale. La tecnica dimostrativa “contronominale” consiste nel ribaltare tesi e ipotesi di un teorema che si vuole dimostrare negando entrambe: al posto di dimostrare “Ipotesi implica Tesi” si dimostra “(non Tesi) implica (non Ipotesi)”. In questo caso la (nonTesi) è che ogni cassetto contenga al più una camicia, mentre la (non Ipotesi) è che il numero di camicie sia minore o uguale al numero di cassetti. Se denotiamo con n il numero di cassetti e con x1…xn il numero di camicie in ciascun cassetto, la (nonTesi) ci dice che xi≤ 1 per ogni i=1,…,n. Dunque, per fatti aritmetici elementari, x1+…+xn ≤ n. Ma questa è esattamente la (non Ipotesi) dato che x1+…+xn è il numero totale di camicie.

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Principio di induzione e il suo effetto domino (fonte wikipedia)

Il successivo capitolo parla dei principi di induzione e al suo interno vengono spiegati il principe di induzione standard e il principio di induzione forte. Potrebbe spiegarli ai nostri lettori?

La struttura dei numeri naturali è ricca di proprietà. Ogni numero naturale può essere ottenuto a partire da zero applicando diverse volte un’operazione di “passaggio al successore”. Questa struttura permette di introdurre una tecnica dimostrativa incredibilmente potente.

Se P(n) è infatti una proposizione che dipende da un numero naturale arbitrario n e sappiamo che P(0) è vera e la verità di P(n) viene trasmessa da un numero al successivo, sappiamo che P(n) è vera per ogni numero naturale.

Il principio di induzione forte sfrutta invece un’altra proprietà importante dei numeri naturali che ha a che fare con l’ordine: ogni sottoinsieme non vuoto dell’insieme dei numeri naturali ha un minimo. Ne segue che, se sappiamo che P(n) è vera ogni volta che assumiamo che sia vera per tutti gli i<n, possiamo concludere che P(n) è vera per ogni numero naturale n.

Il libro è corredato di soluzioni ai problemi presentati e di appendici dai titoli particolarmente curiosi. Ci racconta, per esempio, di cosa parla nell’appendice “Cavalieri e Furfanti”?

Esiste una tipologia di problemi di logica che potremmo definire “classica”: si tratta dei problemi con cavalieri e furfanti. La situazione è semplice; siamo in un’isola in cui glicavalieri-furfanti-logica-matematica abitanti si dividono in due categorie: quelli che mentono sempre (i furfanti) e quelli che dicono sempre la verità (i cavalieri). Un problema propone solitamente una situazione in cui un certo numero di abitanti pronuncia delle frasi. Queste frasi riguardano spesso la natura di alcuni di loro. Dalle frasi pronunciate bisogna dedurre quali o quanti tra di essi sono cavalieri o furfanti.

Di solito questi problemi vengono risolti attraverso un’analisi dei casi che però può confondere, data la complessità delle situazioni.

Nell’appendice dedicata a questi problemi propongo di usare una strategia risolutiva alternativa. Essa si basa essenzialmente sul trasformare la situazione descritta in un sistema di equazioni. L’osservazione di partenza è tanto elementare quanto ricca di conseguenze: ogni volta che una persona A dell’isola parla, i valori di verità della frase che dice e della proposizione “A è un cavaliere” devono coincidere.

Questa strategia è un esempio della ricchezza culturale che può derivare dagli stage di Matematica; infatti qualche anno fa chiesi al mio collega Francesco Ciraulo se gli andava di fare una lezione di logica per lo stage estivo della Mathesis Vicentina. Nel preparare la lezione, che voleva incentrare su questa tipologia di problemi, si accorse che i metodi risolutivi proposti erano appunto delle analisi per casi talvolta difficili da gestire; pensò quindi a questo diverso approccio che si rivela estremamente semplice in gran parte dei casi.

Veniamo ora a delle domande di carattere più generale.

Come è nata la sua passione per la matematica ed in particolare per la logica?

La mia passione per la matematica è nata con le gare di matematica in III media. Ero bravino in matematica a scuola, ma non mi ero mai veramente appassionato alla matematica, poi ho partecipato ai giochi della Matematica organizzati dalla Bocconi e ho avuto inaspettatamente un ottimo risultato. Questo mi ha ovviamente “caricato” e negli anni successivi ho sempre partecipato alle gare di matematica appassionandomi sempre di più alla materia, grazie anche alla guida di Francesco Rizzotto, presidente della Mathesis Vicentina, che teneva a me e ad altri studenti dei mini precursori degli “Stage olimpici” a casa sua. Poi mi sono iscritto all’Università di Pavia dove ho studiato matematica. La passione per la logica si è manifestata in un primo momento quando ho seguito il corso di “Fondamenti della Matematica”; una lezione in particolare mi aveva mandato in crisi e non ci avevo letteralmente dormito la notte: ero convinto che la matematica fosse una scienza esatta piena di certezze e di rigore e improvvisamente avevo scoperto che le sue fondamenta erano tutt’altro che chiare e ben determinate. Poi nel corso dell’ultimo anno di università, mi sono interessato nuovamente alla logica quando ho letto un articolo in cui si parlava di come la scelta se assumere o no alcuni principi di base della teoria degli insiemi come l’assioma della scelta o l’ipotesi del continuo poteva influenzare la matematica ordinaria, in particolare l’analisi. Ho scritto quindi la mia tesi di laurea in logica sotto la supervisione di Pino Rosolini che è stato poi anche il relatore della mia tesi di dottorato.

In che cosa consiste in particolare la sua attività di ricerca in logica matematica presso il dipartimento di Matematica dell’università degli studi di Padova?

Attualmente mi occupo principalmente di fondamenti della matematica costruttiva. La matematica costruttiva è un tipo di matematica in cui sono considerati leciti solamente i metodi diretti di dimostrazione. Per esempio, se si vuole dimostrare che “Esiste un numero tale che bla bla bla”, bisogna concretamente produrre un numero n che soddisfa bla bla bla; non basta dimostrare che se tutti i numeri non soddisfacessero bla bla bla, allora avremmo una contraddizione. La tradizione della matematica costruttiva va indietro a Brouwer e alla scuola russa della matematica computabile fino ad arrivare a Bishop. Ciò che forse stupirà alcuni dei matematici abituati ad utilizzare tutti gli strumenti della matematica usuale (detta classica) è che sostanzialmente la gran parte della matematica può essere comunque sviluppata, con il vantaggio però di avere una maggiore informazione proveniente dalle dimostrazioni.

La logica a scuola è un argomento che spesso viene visto come ostico e, anche se pervasivo, viene affrontato più in dettaglio nei primi anni della scuola superiore (nonché visto a volte anche dagli studenti che nel corso di studi hanno filosofia nel loro curriculum). Ritiene che lo spazio dedicato alla logica sia adeguato nell’attuale panorama della scuola italiana?

Credo che una maggiore capacità di utilizzare la logica sarebbe da auspicarsi per tutti. Ogni cittadino compie delle scelte che hanno delle conseguenze sulla collettività; la logica è lo strumento minimo per poter sviluppare il senso critico. Troppi esempi di illogicità ci circondano e anzi ci vengono proposti come modello. La scuola pertanto dovrebbe dedicare più spazio alla logica.

Ci sono dei libri che suggerirebbe ai nostri lettori di acquistare (oltre al suo) per appassionarsi ai temi della logica e delle tecniche dimostrative?matematica-al-bar-rosolini-lucchetti

Per un approccio divulgativo alla logica, consiglierei il libro-dialogo “Matematica al Bar” di Giuseppe Rosolini e Roberto Lucchetti e i libri di Eugenia Cheng. Molto belli sono i testi di Gabriele Lolli; alcuni hanno un taglio più divulgativo, altri sono più tecnici. Anche Piergiorgio Odifreddi ha scritto alcuni saggi divulgativi sulla logica. Personalmente ho trovato spassosissimo nella sua semplicità “Ah, ci sono!” di Martin Gardner, un libro pieno di perle e di illustrazioni molto simpatiche. Un modo divertente di avvicinarsi per la prima volta alla logica può essere la lettura di “La logica a fumetti” di Dan Cryan, Sharron Shatil e Bill Mayblin. Purtroppo non conosco molti testi dedicati esclusivamente alle tecniche dimostrative. Ce ne sono sicuramente; da studente delle superiori che si preparava per le olimpiadi avevo incontrato “Strategie matematiche: costruire, dimostrare” di Walter Maraschini, Marta Menghini e Mauro Palma.

I testi tecnici sulla logica sono invece moltissimi. Non vorrei fare un torto a qualcuno citandone solo alcuni…

Nella scuola superiore può capitare che i docenti (per una ampia serie di motivi che non è il caso di illustrare qui) diano meno peso agli aspetti dimostrativi per concentrarsi più su altri aspetti. Pensa che questo sia inevitabile o per quella che è la sua esperienza si possono provare a seguire altre strade?

Questa è una piaga dell’insegnamento della matematica, specialmente nella scuola superiore. Ma credo che la responsabilità non sia dei docenti e che questa situazione non sia inevitabile. Il punto è che il “ragionamento” deve ritornare ad essere un “valore” per la società.

Se le chiedessimo di dirci quale è la dimostrazione più “bella” che ha incontrato nella sua vita cosa risponderebbe?

Difficile. Posso dirle innanzitutto qual è il teorema più bello secondo me: il teorema di Gödel. E’ spesso frainteso o ignorato, ma se più persone lo conoscessero, credo che più persone la penserebbero come me…

La dimostrazione più bella…allora… Una dimostrazione che mi è piaciuta moltissimo nel mio corso di studi è stata la dimostrazione che esistono frattali autosimili. Essa utilizza il teorema delle contrazioni che dice sostanzialmente che se una funzione da un insieme a se stesso diminuisce le distanze tra i punti essa ammette un punto fisso: la cosa bella è che nel caso in questione gli insiemi sono insiemi di insiemi e il punto fisso è il frattale! Mi piacciono tantissimo inoltre le dimostrazioni dell’esistenza di un insieme di numerii reali non misurabile. I logici hanno stabilito che l’assioma della scelta è necessario per una tale dimostrazione; il bello è che a volte il suo uso è nascosto tra le pieghe della dimostrazione…

Oltre alla sua attività universitaria, lei collabora con la Mathesis Vicentina. In che cosa consiste la sua collaborazione?

Aiuto soprattutto ad organizzare tre stage annuali rivolti agli studenti delle scuole superiori per preparare le olimpiadi della matematica: un “summer math camp” che coinvolge un centinaio di ragazzi provenienti prevalentemente dal Veneto, ma anche dal resto d’Italia, un “winter camp” che coinvolge una quarantina di ragazzi delle province di Vicenza e di Verona e uno “jedi stage” che invece coinvolge una ventina di studenti provenienti dalla provincia di Vicenza.

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Cosa sono gli stage olimpionici di preparazione? Come potrebbe un giovane lettore di questo sito entrare in contatto con questa realtà?

Sono innanzitutto un’occasione unica per i ragazzi per coltivare una passione insieme ad altri che la condividono. Durano da uno a sei/sette giorni e gli studenti, divisi in gruppi in base alla loro esperienza, hanno la possibilità di seguire delle lezioni sui vari argomenti della matematica olimpica (algebra, combinatoria, geometria, teoria dei numeri) con momenti di esercizio e di discussione. Un giovane lettore interessato potrebbe trovare tutte le informazioni sugli stage organizzati dalla Mathesis Vicentina sul sito web mathesisvicenza.it e quelle sugli stage organizzati dalla Mathesis di Udine sul sito mathesis-ud.uniud.it/. Ci sono anche molti altri stage in Italia e un lettore può trovare tutte le informazioni necessarie in rete o nel forum delle olimpiadi della matematica “oliforum” (http://olimpiadi.ing.unipi.it/).

Come ultima domanda, per incuriosire ancora di più i nostri lettori, le chiediamo di proporre ai nostri lettori un problema da risolvere la cui soluzione è contenuta nel suo libro. Vediamo se i nostri lettori accettano la sfida e lo riescono a risolvere!

Potrebbe essere questo:

“Sia n un numero naturale positivo. Quanti sono i sottoinsiemi dell’insieme {1,…,n} che non contengono numeri consecutivi? ”

Per esempio nel caso n=3 essi sono solo 5: Ø, {1},{2},{3},{1,3}. Ovviamente non è richiesto solo il risultato, ma una dimostrazione che esso è giusto.

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