Pubblichiamo questa intervista a Carlo Cosmelli, fisico sperimentale e docente di Elettromagnetismo nella facoltà di Ingegneria della Sapienza e di Principi di fisica in quella di Lettere e Filosofia.

L’intervista sarà incentrata sul suo libro “Fisica per Filosofi” recentemente pubblicato e disponibile, per esempio, qui e qui


Come nasce l’idea di scrivere il libro “Fisica per filosofi”?

Tutto nasce dal corso “Principi di Fisica” che tengo da più di dieci anni agli studenti del corso di Laurea in Filosofia della Sapienza. Il problema per questo corso era che non avevo libri da consigliare, solo brani di testi, spesso troppo facili o troppo difficili. Nessuno in ogni caso impostato come volevo che fosse. Quindi alla fine ho deciso che la cosa migliore fosse di scriverne uno io, come intendevo dovesse essere.

Il testo, anche se diretto “in primis agli studenti di filosofia”, in realtà, si rivolge ad un pubblico molto più ampio. Per chi ritiene sia adatto il testo?

Direi per tutte le persone che, avendo un’educazione da scuola secondaria, volessero avere delle basi scientifiche sul percorso fatto dalla fisica da Galilei… fino al bosone di Higgs. Andando un po’ più a fondo delle nozioni generali che spesso si leggono, ma senza addentrarsi in pagine e pagine di formalismi complessi.

Quali sono i principali argomenti trattati nel libro?

Il mio libro è in realtà un testo che copre (quasi) tutta la fisica, quindi si parte dalla Meccanica Classica, per parlare poi di Termodinamica, Elettromagnetismo, Relatività Speciale, Relatività Generale, Meccanica Quantistica, Cosmologia (accennata).


Sin dalle prime pagine  è subito evidente che il libro non è un testo di filosofia della scienza ma un vero e proprio “manuale di fisica” che non  rinuncia in alcun modo al rigore e all’uso, anche se semplificato, del formalismo matematico. Quali sono stati i “principi” che l’hanno guidata e permesso di  mantenere questo non semplice equilibrio fra chiarezza espositiva e rigore formale?

Ho deciso di basare ogni capitolo sull’enunciazione e la spiegazione dei “Principi” della Fisica. Perché il fatto è che i Principi, essendo appunto dei Principi,  si enunciano, non si dimostrano, quindi non esiste una dimostrazione matematica. Ma devono essere capiti. Quindi è necessario chiarire il significato dei termini usati, dei rapporti fra le varie grandezze e quali possono essere le conseguenze. Per questo ho dato ho dato molta importanza alle definizioni dei termini che via via vengono utilizzati. Capire il significato dei termini è metà del lavoro necessario per capire poi un principio.

Sempre nell’introduzione, sottolinea che nello scrivere il testo avrebbe potuto scegliere vari approcci a partire, per esempio da quello storico. Può spiegare, alla fine, qual è stato l’approccio scelto?

Quello storico,  secondo me concettualmente  e didatticamente più semplice. La Fisica nasce con Galilei e Newton, quindi con la meccanica in cui si descrive cosa succede se ho dei corpi materiali che interagiscono. Poi nel XVIII-XIX secolo si scopre che se di particelle ne ho tante, ma veramente tante, libere di muoversi, devo creare una nuova disciplina: la Termodinamica, che fra l’altro esplicita per la prima volta la direzione del tempo. Poi si formalizza una nuova proprietà dei corpi: la carica elettrica, e nasce l’elettromagnetismo. Alla fine del XIX si scopre che l’elettromagnetismo alla Maxwell aveva dei problemi di coerenza interna e con la relatività galileiana. E nasce la Relatività speciale, che ridefinisce lo spazio e il tempo per sistemi di riferimento che si muovono con velocità costante. E dieci anni dopo Einstein generalizza la relatività speciale a sistemi di riferimento qualunque, quindi anche accelerati, nasce lo spazio-tempo curvo ridefinendo  ancora una volta spazio e  tempo. E  nel XX scolo si scopre che nel mondo microscopico alcune delle leggi della Fisica Classica non funzionano; non perché siano approssimate… non funzionano per nulla! E nasce la Meccanica Quantistica. Che oggi applichiamo anche alle stelle, alla Cosmologia. Ecco, questo è il percorso che faccio e che a mio avviso è didatticamente il più lineare anche perché tutti i nuovi termini che vengono introdotti trovano la loro giustificazione in un preciso momento storico legato allo sviluppo di nuove teorie e/o ai risultati di nuovi esperimenti.

Un’altra delle caratteristiche specifiche di questo testo è la presenza di sezioni filosofiche a margine  di ogni capitolo. Queste schede sono state curate da Paolo Pecere. Come è avvenuta questa collaborazione? Come avete deciso di volta in volta quali aspetti filosofici, fra i tanti, evidenziare per ogni argomento?

La collaborazione è nata perché cercavo un filosofo della scienza che potesse raccontare, via via che io procedevo con i Principi della fisica, cosa stavano pensando in proposito i filosofi contemporanei, quale fosse il loro punto di vista. Considerando che fino al  XIX secolo c’era una parziale sovrapposizione fra fisici e filosofi ed  entrambi potevano utilizzare più o meno lo stesso linguaggio. Con il XX secolo purtroppo questa possibilità è andata via via diminuendo. Tralasciando le questioni ideologiche (vedi l’infelice querelle di Croce e Gentile contro Enriques) resta il fatto che l’estrema complessità del formalismo richiesto oggi per descrivere il nostro mondo ha reso spesso impossibile una discussione fra fisici e studiosi di altre aree. Quindi cercavo un bravo “traduttore di idee” per  comparare idee provenienti da studiosi di aree differenti. E questo l’ho trovato in Paolo Pecere. Per quel che riguarda invece la scelta dei temi da trattare abbiamo lavorato su canali paralleli e indipendenti. Paolo Pecere ha scelto in completa autonomia quali temi approfondire con i suoi inserti storico-filosofici alla fine di ogni capitolo.

In che modo ritiene che queste schede sia utili a completare i contenuti del libro?

Intanto per una questione squisitamente culturale. La nascita dei Principi della Fisica, nelle varie epoche, non è stata mai avulsa dalle idee coeve. Inoltre credo che sia utile cercare di capire come altre persone con una formazione differente avessero affrontato gli stessi problemi e a quali conclusioni fossero arrivati;  giuste o no non è essenziale, è il processo mentale che conta.

Il primo capitolo si apre con la descrizione, a mio avviso particolarmente bella, in cui utilizzando una “metafora teatrale” si descrivono i contenuti del testo parlando di palcoscenico, attori, linguaggi e regole del gioco.  Può anticipare qualcosa di questa parte ai nostri lettori?

Ecco l’idea: la Fisica Moderna, il cosiddetto Modello Standard, descrive l’universo come composto di due classi di “oggetti”: bosoni e fermioni. I fermioni sono le particelle con massa che formano la materia che conosciamo. I bosoni rappresentano le “interazioni” fra queste particelle, e tutto avviene nello lo spazio-tempo. Ma le interazioni non sono le stesse per tutte le particelle. Questo panorama è molto simile a quello che succede a teatro, dove si parte da un palcoscenico (lo spazio-tempo) per poi arrivare ad uno spettacolo con gli attori (le particelle), ognuno con le sue caratteristiche, la lingua che parlano (le interazioni) e che utilizzano per scambiarsi le informazioni, lo svolgimento della trama… Questo paragone è anche legato al fatto che amo il teatro, per un paio di anni ho tenuto un corso di Scienza a Teatro per il Corso di Laurea Arti e Scienze dello Spettacolo della Sapienza.


In tutto il testo è a mio avviso evidente uno sforzo di fornire una conoscenza della fisica più aggiornata possibile. Sin dal primo capitolo si cita per esempio l’interazione di Higgs e,  più o meno in ogni capitolo, si cerca di esplicitare l’ottica “più aggiornata possibile” degli argomenti trattati. Per fare altri esempi non ha rinunciato a parlare di argomenti quali quello dell’entropia e il suo legame con probabilità o, nel capitolo della meccanica quantistica,  delle disuguaglianze di Bell e del teorema di Noether.  Perché questa scelta che, per certi aspetti, non era per nulla scontata?

Perché il fatto è che l’edificio “Fisica” (o Scienza) non è un corpo immutabile o qualcosa cui al massimo vengono aggiunti dei “pezzi”. Molti dei termini e delle grandezze che si utilizzano sono stati ridefiniti più volte nel corso dei secoli. Questo secondo me è importante e vale la pena di dirlo. Inoltre ci sono alcuni aspetti che usualmente vengono tralasciati, o che sono sconosciuti a molte persone (il legame fra Informazione ed Entropia per esempio), ma che oggi vengono utilizzati e sono fondamentali nella nostra società. Inoltre alcuni esperimenti/concetti moderni credo siano una vera palestra per esercitare la nostra mente nella comprensione di una costruzione per nulla ovvia. Credo sia importante afferrare, anche se in maniera semplificata, alcuni dei punti concettuali con cui riusciamo a spiegare il mondo che ci circonda.


Ai nostri lettori, in genere appassionati di scienza e con una formazione scientifica alle spalle, può anticipare altri esempi di argomenti “non scontati” trattati nel testo?

Posso fare due esempi tipici: uno riguarda i calcoli numerici. Fare dei semplici calcoli è,  secondo me, molto importante. Dagli effetti relativistici, o a quale sia per la Terra, una palla da tennis, un chicco di riso o un elettrone l’indeterminazione dovuta al Principio di Indeterminazione di Heisenberg. Il voler “fare i conti” ci porta a scoprire per esempio, nell’ultimo capitolo, che la massa inerziale intrinseca quasi non esiste dato che rappresenta solo l’1% della massa di un qualunque corpo (un fiore, un essere umano, la Terra… ). Un altro argomento è  la descrizione della quantità “Informazione” come parte della Termodinamica, come già detto, o i problemi legati all’esistenza di fenomeni non-locali, pericolosissimi da citare per l’influenza che hanno sui ciarlatani e sulla creazione di bufale varie, quando non di vere e proprie truffe. 


C’è qualche testo di fisica che ha preso come riferimento ideale per scrivere questo libro?

Richard Feynman. Immagine da Wikipedia

Tutti e nessuno. Nel senso che come libri divulgativi non strettamente universitari, ma acuti e profondi, ho sempre avuto come riferimento gli ottimi libri di Feynman, talvolta un po’ complessi ma geniali. Altri libri gli ho ovviamente letti, ma nessuno mi ha mai soddisfatto completamente per gli scopi che mi proponevo. Per questo poi ho deciso di scriverne uno che ritengo sia differente dagli altri.

Fra tutti i capitoli, quale è risultato per lei più complesso scrivere? E perché?

Il primo (la Meccanica di Galilei e Newton) e l’ultimo (Oggi). Perché con la Meccanica nasce la Scienza, quindi le parole, il significato da dare ai (nuovi?) termini. È tutto meno semplice di quanto si pensi, vedi il problema del linguaggio. E l'”Oggi” perché tratta di argomenti su cui ancora si sta lavorando. Non sono un tuttologo, ma volevo accennarne, quindi la riduzione a pochi paragrafi molto semplificati non è stato banale.

Venendo a domande di carattere più generale. Nell’introduzione scrive:

“La fisica non è semplice, è inutile fingere che non sia così”.

Eppure la fisica nonostante la sua complessità affascina tante persone.  Che consiglio darebbe ai nostri lettori più giovani che stanno valutando di iscriversi ad una facoltà scientifica come, per esempio, fisica?

Il  primo consiglio è questo: La fisica non è (solo) quella che spesso ci diverte nei programmi televisivi o che talvolta leggiamo nei libri di divulgazione (ottimi, va detto). La Fisica ha lo scopo di descrivere il mondo in termini matematici. E questa matematica si è fatta sempre più complicata da quella di Galilei fino a quella utilizzata nell’ultimo secolo. Quindi va considerato che un fisico dovrà SEMPRE utilizzare descrizioni della realtà  in termini matematici molto avanzati. Per qualcuno può (può) essere  molto complicato, per altri affascinante. Ma è qualcosa di cui tener conto. In più le persone più giovani dovranno considerare che sarà molto più semplice trovare lavoro all’estero che in Italia. Non è bello, ma è così. Ed è inutile nasconderlo.

Dal 2008 lei tiene il corso di “Principi di fisica” nella facoltà di Lettere e Filosofia. Questo corso ha influenzato la scrittura del libro “Fisica per filosofi” e in che modo?

All’epoca sono partito con l’idea precisa di raccontare i Principi della Fisica, in maniera semplificata, ma formalmente corretti. Questo mi ha portato a costruire delle frasi in lingua italiana che descrivessero il significato delle varie relazioni, dovendo talvolta tralasciare la formalizzazione matematica. È stato un lavoro difficile ma prezioso. L’obbligo di utilizzare la lingua italiana invece di scrivere H|ψ>=E|ψ> mi ha costretto a chiarire a me stesso molti concetti che spesso discutevo solo dal punto di vista formale.

Ritiene che, così come per i filosofi interessanti alla filosofia della scienza è utile un corso di fisica tenuto da un fisico, potrebbe essere utile inserire  nella formazione dei futuri fisici un corso  di filosofia e storia della scienza (magari tenuto da un filosofo)?

Dipende. Il problema è che la Fisica (la Scienza) è molto vasta, in un corso universitario ci sono tantissimi esami che si potrebbero fare. Ma lo studente deve scegliere e spesso non ha il tempo di fare un esame solo perché bello o interessante. Un corso di Storia della Scienza potrebbe essere utile per quegli studenti interessati ad approfondire gli sviluppi storici della disciplina. Mentre un corso di Filosofia della Scienza si potrebbe fare, ma dovrebbe essere tenuto da persone con la doppia Laurea in Fisica e in Filosofia e con conoscenze approfondite dello stato dell’arte della Fisica oggi. Non è facile.


Nel 2014 ha pubblicato sulla piattaforma Coursera un corso di “Relatività e Meccanica quantistica” che è stato frequentato da tantissimi  studenti di tutto il mondo. Può raccontarci qualcosa di questa esperienza? Questa grande partecipazione è stata per lei un ulteriore impulso a scrivere questo libro?

Devo dire che è stata  un’esperienza indimenticabile. Ho avuto circa 13’000 studenti di tutto il mondo, e solo il 60% erano italiani (il corso  l’ho fatto in lingua italiana). Non supponevo che fosse così coinvolgente. Ho trascorso tre mesi passando la notte a rispondere a domande, questioni varie, correzioni sulla chat del Corso. Le domande e l’apprezzamento di migliaia di persone (ho avuto più del 95% di giudizi positivi) mi ha spinto a dire che ero sulla strada giusta, didatticamente.


Cosa pensa in generale dei MOOC (Massive Open Online Course) e del tentativo di proporre corsi ad ampie platee di persone?  In che modo, secondo lei, sarà possibile trovare un equilibrio fra questa offerta e il ruolo indispensabile dei corsi universitari?

È qualcosa che si può fare tenendo però conto dell’esperienza e delle tecniche sviluppate in più di 10 anni di MOOC in tutto il mondo; non può essere fatto, come  purtroppo è successo, utilizzando solo le registrazioni delle lezioni. Oggi ci sono tecniche di insegnamento online che vanno studiate ed applicate.  Deve essere chiaro, inoltre,  che lo stesso corso non può essere fatto in presenza E in rete, registrando la lezione. Servono tecniche di insegnamento  differenti. Mischiarle (come ho dovuto fare negli ultimi due anni) si può fare in situazioni di emergenza,  ma andrebbe evitato. La mia impressione è che questi Corsi, a livello universitario, potrebbero essere utili per fornire a tutti delle lezioni contenenti le basi necessarie per seguire alcuni corsi. Parlo di quelle basi che dovrebbero essere patrimonio di qualunque studente che abbia il diploma di Maturità, ma di cui spesso gli studenti sono carenti. Penso inoltre che vada  fatta una distinzione fra l’area scientifica e l’area umanistica. A Fisica non ha senso non frequentare, mentre a Lettere è spesso normale ed accettato. E’ un tipo di didattica differente. Quindi i MOOC potrebbero essere utili ma andrebbero disegnati in modo diverso a seconda delle Facoltà, dei Corsi di Laurea e dei singoli esami.

Per concludere questa intervista le vorremmo rivolgere una domanda sulla situazione attuale: nell’ultimo periodo, infatti, anche a seguito della pandemia, sembra esserci una maggiore consapevolezza della necessità di una corretta  divulgazione e la comunicazione scientifica. Qual è la sua opinione in merito?   Si sta facendo abbastanza?

Quello della divulgazione e comunicazione scientifica è un problema enorme. Sicuramente la comunicazione da parte dello Stato deve essere puntuale e precisa, evitando di dare tanti pareri che “sembrano” diversi, oppure frasi al vento date da incompetenti.  Ma il grosso problema, dal punto di vista della comunicazione scientifica, è che in parallelo esistono (e devono esistere sia ben chiaro)  la rete (Internet, Facebook…) e  certa stampa che purtroppo spesso sommergono le persone con una marea di affermazioni spesso false o ambigue. Talvolta per ignoranza, talvolta per malafede e/o per calcoli politici. E la persona “normale” che naviga in rete spesso non sa distinguere fra  bufale e affermazioni scientifiche. Credo che la soluzione sia solo quella di iniziare dalle scuole, primarie e secondarie, insegnando come si riconosce una notizia falsa, come controllarla, quale valore dare ai “numeri” per creare una generazione di cittadini consapevoli… Vasto programma!

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