Pubblichiamo questa intervista a Nicola Ciccoli, professore associato di Geometria Università di Perugia e autore del libro “Teorema Egregium di Gauss”  pubblicato nel mese di aprile 2023 nella collana “Rivoluzioni Matematiche. I grandi Teoremi da Pitagora a Nash” in allegato con la rivista le Scienze.

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Qual è il suo campo di ricerca?

Mi occupo di spiegare la relazione che c’è tra meccanica classica e meccanica quantistica in termini di modifica della geometria dello spazio sottostante. Il principio di indeterminazione di Heisenberg può essere visto come la scoperta che a scala microscopica lo spazio non è più descrivibile in termini di punti, ma di aree localizzate che interagiscono tra loro. Questo tipo di geometria senza punti, detta geometria non commutativa, può essere studiata tramite alcune strutture ordinarie, le parentesi di Poisson, ma modificando la relazione di equivalenza tra strutture diverse. Lo studio della interazione tra geometria di Poisson, tipica della meccanica classica, e geometria della meccanica quantistica sta migliorando la nostra comprensione di entrambe. Collaboro anche con alcuni fisici teorici su questi temi, ma mi occupo esclusivamente degli aspetti matematici.

Come è nato il suo interesse nella divulgazione scientifica?

Quando si dice che il proprio lavoro è fare ricerca in matematica da un lato ci si confronta con lo stupore dei tanti convinti che in Matematica non ci sia più niente da ricercare e dall’altra con la difficoltà di raccontare in dettaglio in cosa consiste la ricerca matematica. Negli anni mi sono convinto che questo spazio vada riempito, pur consci della difficoltà della operazione. Parte della alfabetizzazione scientifica del paese comprende far sapere che la Matematica non si esaurisce con i testi scolastici, che è una disciplina attiva, feconda, ricca di interazioni con altri campi del sapere, che contribuisce alla biodiversità culturale dell’umanità. Spetta a noi matematici raccontare il come e il perché e di questa avventura. Sin dagli anni del dottorato mi son reso conto che raccontare matematica ai profani mi divertiva e, credo, mi riusciva abbastanza bene. Per questo l’ho sempre considerato parte del mio lavoro.

Il suo libro “Teorema egregium” di Gauss fa parte di una collana dedicata alla matematica edita dalle Scienze dal titolo “Rivoluzioni Matematiche: i grandi teoremi da Pitagora a Nash”. Come è nata la proposta di parlare proprio di questo teorema?

Carl Friedrich Gauss (fonte wikipedia)

In una collana del genere è naturale cercare di bilanciare le scelte in base al periodo storico, agli argomenti, alla notorietà. Il Teorema di Gauss non è certamente famoso come quello di Pitagora ma si può senza dubbio affermare che si tratti di uno dei più grandi risultati matematici dell’Ottocento e uno dei più grandi teoremi nell’ambito della Geometria di tutta la storia. Le scelte sono state fatte dalla redazione, ma se la collana non avesse incluso questo Teorema non avrei avuto remore a chiedere spiegazioni. E quando si è trattato, all’interno della redazione di Madd:Maths! di proporre un autore per questo libro mi sono reso immediatamente disponibile. D’altra parte insegno ogni anno questo Teorema nel mio Corso di Studi.

In che modo è suddiviso il libro?

Come tutti i libri della serie sono presenti tre prime sezioni di note biografiche, e inquadramento culturale e storico, a cura della Redazione de Le Scienze, che fanno da cornice al Teorema vero e proprio. Dopo di che si passa a descrivere il contesto matematico in cui il teorema è maturato, se ne descrive l’enunciato, chiarendone il significato, e si dettagliano maggiormente la sua dimostrazione, le applicazioni e gli sviluppi successivi.

Per quale tipo di pubblico, secondo lei, è adatto il testo?

La prima parte del testo è di ampia accessibilità. La parte più tecnica è rivolta a un pubblico che abbia una qualche formazione scientifica, che non si spaventi alla comparsa delle prime formule e che sia capace e incuriosito dall’approfondire qualche dettaglio teorico. Immagino che gli studenti delle facoltà scientifiche, così come i docenti di materie scientifiche di ogni livello scolastico, siano i fruitori più naturali del testo.

Il primo capitolo è dedicato ad un breve biografia di Gauss evidenziando alcuni avvenimenti che influenzeranno la vita del grande matematico.  Quale, fra quelli riportati, vorrebbe anticipare ai nostri lettori perché magari li ritiene meno noti?

Immagine di Cerere ripresa dalla sonda Dawn (fonte wikipedia)

Nel 1801 l’astronomo italiano Giuseppe Piazzi aveva scoperto un nuovo “pianeta”, quello che si sarebbe dimostrato poi essere il più grande degli asteroidi, denominato Cerere. Per le sue dimensioni era molto difficile da individuare, e poco dopo le prime rilevazioni la sua orbita lo aveva portato a essere nascosto dal disco solare, facendone perdere la traccia. Usando un metodo oggi famoso, il metodo dei minimi quadrati, da lui ideato a soli 17 anni, Gauss fu in grado di predire la nuova posizione di Cerere con notevole precisione, tanto che fu possibile osservarlo di nuovo all’uscita dal cono d’ombra solare. Questo risultato colpì molto la comunità scientifica dell’epoca e finì, dopo qualche anno, per essere determinante nel dare a Gauss la posizione di direttore dell’Osservatorio Astronomico di Gottinga, la posizione che mantenne per tutta la vita e che gli diede la possibilità economica e la libertà scientifica di proseguire per la sua intera carriera.

Il successivo capitolo è incentrato, invece, sul panorama storico culturale dell’epoca. L’ho trovato molto interessante perché inserisce in un contesto più ampio la vita di Gauss e mostra come la sua vita si intreccia, per esempio, con le vicende di Napoleone e lo sviluppo della filosofia tedesca. Mi ha colpito per esempio l’aiuto economico che Gauss ricevette dal matematico senatore francese Pierre Simone de Laplace. In che cosa è consistito questo aiuto?

Durante le guerre napoleoniche, quando la Vestfalia divenne un regno con a capo Girolamo Bonaparte, fratello di Napoleone, fu instaurato un regime di tassazione particolarmente pesante, per finanziare le spese delle campagne militari. Gauss non era ricco di famiglia, diversamente dalla gran parte dei suoi colleghi, e queste tasse lo avrebbero ridotto sul lastrico. Intervenne Laplace a coprire l’intero debito di Gauss con le casse dello stato. Pur essendo già molto rilevante il peso degli stati nazionali, la comunità scientifica dei primi dell’Ottocento si considerava ancora una famiglia comune, nella quale la reputazione valeva molto più della nazionalità, e all’epoca non furono infrequenti queste forme di aiuto oltre ogni confine, in nome della comune affinità di interessi. Le guerre dell’Ottocento e del Novecento hanno eroso molto questo senso di comunità. Ancora in qualche misura sopravvive, ma certo non possiamo, in parte, non rimpiangerlo.

Quale era l’atteggiamento di Gauss nei confronti nella riflessione filosofica tedesca di quel periodo? In quegli anni in Germania si afferma la riflessione filosofica idealista, che ha in Kant prima e Hegel poi, le sue figure di riferimento assolute. Questa riflessione finisce per riguardare anche la matematica, ragionando in maniera dettagliata sulla idea di spazio e tempo: entità metafisiche per il primo, e comunque entità determinate a priori anche per il secondo. Gauss, in netto contrasto con l’ambiente filosofico tedesco e in questo assai più vicino alla scuola britannica, è un deciso empirista. Non a caso esprime un giudizio molto positivo sul lavoro del realista Herbart, allora isolato ai limiti dell’ostracismo. Sono le osservazioni del reale, secondo lui, a dirci quale tipo di spazio e di tempo abitiamo. Quando le sue scoperte, tra cui appunto il Theorema Egregium, lo portano a credere alla possibilità di molteplici geometrie ha la conferma delle sue convinzioni. A determinare la geometria dello spazio che ci circonda, tra le tante possibili, può essere solo l’osservazione e gli assiomi dello spazio non sono verità metafisiche ma i presupposti convenzionali che guidano le nostre analisi, suscettibili di adattamenti. Ammetto, però, di non essere un fine filosofo. A chi fosse interessato a questi argomenti consiglio la lettura di “Una piramide di problemi” di Claudio Bartocci, citato anche nella bibliografia del mio testo.

Nel terzo capitolo si delinea invece il contesto scientifico coevo a Gauss. Cosa influenzò di più il suo lavoro?

Da un lato va detto che gli anni a cavallo tra Settecento e Ottocento sono anni veramente rivoluzionari, non solo in campo politico e industriale ma anche in campo scientifico. Sono gli anni in cui arriva a compimento il processo di trasformazione della scienza nella forma in cui la conosciamo oggi. Ma sono anni in cui è ancora possibile essere al tempo stesso matematici e astronomi, chimici e biologi, in cui ancora si respira un’aria di unità del sapere. Gauss vive nel pieno di questo fermento. D’altro lato, però, Gauss è sin da molto giovane ben cosciente della sua eccezionalità e non è molto interessato a muoversi nella scia di alcuno. E’ molto indipendente nel suo lavoro e finisce per non avere mai né un vero e proprio mentore, né figure influenti al suo fianco. Interagisce con tutta la comunità scientifica dell’epoca, di lui sono note più di 7.000 lettere, solo una parte di quelle che ha scritto, ma procede orgogliosamente per la sua strada.

La seconda parte del libro è dedicata interamente a parlare del teorema a partire dagli “antefatti”. Quali sono stati i contributi dei matematici precedenti a Gauss che hanno preparato il terreno all’opera di quest’ultimo? Quali erano i problemi ancora aperti?

In generale possiamo dire che c’è un filo rosso che parte dalla introduzione delle coordinate in Geometria, convenzionalmente attribuita a Cartesio, e che permette una nuova descrizione di curve e superfici prima ottenibili solo con complicatissime costruzioni geometriche e passa per il calcolo differenziale e integrale introdotto da Leibniz e Newton, strumento tecnico formidabile per dare corpo allo studio delle proprietà di curve e superfici. Sono gli strumenti che consentono a Eulero sopra ogni altro di accumulare nel corso del Settecento una mole notevole di nuovi teoremi relativi alle superfici curve. Ma il settore di ricerca è ancora nella sua giovinezza quando viene preso in mano da Gauss. Le cose note sono molte meno di quelle ben comprese. Si ha chiara la sensazione che gli strumenti del calcolo analitico debbano ancora produrre la parte più consistente dei propri risultati. E’ in effetti così e Gauss, negli anni successivi, lo dimostrerà.

In che cosa consiste il “Theorema Egregium”? Perché, come lei scrive, citando Marcel Berger, “diversamente da gran parte della storia delle idee, non era affatto nell’aria”?

Ci sono vari modi per associare ad un punto di una superficie nello spazio un numero che misuri di quanto la superficie in quel punto si discosti dall’essere un piano. Fra tutti questi numeri il Teorema Egregium mostra che ce n’è uno, che oggi chiamiamo curvatura Gaussiana, che ha la proprietà di essere invariante per isometrie. Le isometrie sono quelle trasformazioni che non modificano le distanze tra punti misurate sulla superficie stessa. Ad esempio questo teorema ci dice che se prendiamo un foglio di carta e lo pieghiamo, senza strapparlo e senza fare “angoli”, magari arrotolandolo a formare un cono o un cilindro oppure tenendolo per due punti con le dita, possiamo ottenere solo superfici con curvatura gaussiana nulla, Non potremo mai ottenere una sfera (e questa è la ragione per cui impacchettare un pallone o un cioccolatino rotondo, è impossibile da fare senza strappi o pieghe secche) o una ciambella. Non è per nulla ovvio che ci debba essere una funzione di curvatura con questa proprietà. La scoperta, sorprendente, di Gauss era inattesa in parte per questo. Va detto che in quegli anni nessuno aveva sviluppato una sensibilità per le caratteristiche delle superfici anche solo vagamente analoga a quella di Gauss; tra i suoi lavori e quelli dei suoi contemporanei si misura proprio una diversità sostanziale di comprensione delle caratteristiche geometriche delle superfici che ha richiesto qualche decennio per essere colmata.

La campagna di misure geodetiche dello stato di Hannover fatta da Gauss in che modo ha influenzato l’interesse di Gauss per l’argomento?  

Bisognava fare misure di distanze sulla superficie terrestre, influenzate dalla curvatura della sfera terrestre e dalle irregolarità del territorio. Si tenga presente che all’epoca non era chiaro se la Terra fosse schiacciata ai poli oppure, all’opposto, allungata. Spesso per fare queste misure, come un buon geometra sa, si rendeva necessario ricorrere a triangolazioni, triangoli ideali sulla superficie individuati da punti notevoli (campanili, cime di montagne, confluenze di fiumi) sulla Terra. Inoltre era necessario sempre avere un punto di riferimento “terzo”, la direzione verticale, l’azimut, che ovviamente, essendo la superficie terrestre curva, variava da punto a punto. Misurare curve su una superficie, fare triangoli sulla superficie, individuare la direzione perpendicolare alla superficie. Tutte queste operazioni geometriche svolgono un ruolo fondamentale nelle studio delle superfici fatto da Gauss. D’altra parte la sua corrispondenza scientifica dell’epoca dimostra proprio come le riflessioni generate dalle misure geodetiche andassero di pari passo con la riflessione più astratta sulle proprietà delle superfici. Oggi abbiamo prove sufficientemente solide che proprio durante quegli anni Gauss costruisce e consolida le sue intuizioni, a cui poi darà consistenza e rigore matematico negli anni seguenti.

Perché, come lei evidenzia, non è del tutto corretto, oltre ad essere un errore storico, parlare delle applicazioni derivanti da questo teorema a partire dall’affermazione relativa al  fatto che non sia possibile fare una carta geografica in scala 1:1 dell’intera superficie terrestre che rispetti le distanze?

Perché l’impossibilità di mappare isometricamente la superficie di una sfera su una porzione di piano non richiede l’intera teoria della curvatura e può essere dimostrato con un argomento di geometria sferica alla portata di un liceale. Era probabilmente noto già a Menelao di Alessandria, nel I secolo d.C., e farlo discendere dal Theorema Egregium significa fraintendere la portata di quest’ultimo. Certo: è una affermazione importante, che mostra una applicazione immediata alla realtà, e che può essere spiegata con una certa facilità. Quanto meno è utile far riflettere sul fatto che le mappe geografiche in scala che conosciamo sono in realtà solo approssimativamente in scala e che l’intera storia della Cartografia è strettamente intrecciata allo sviluppo della Geometria Differenziale. I planisferi che hanno avuto maggiore o minor successo nella storia, da Mercatore in poi, sono spesso nati come soluzione a problemi geometrici. Credo, ad esempio, che raccontare nelle nostre classi l’evoluzione storica delle rappresentazioni della superficie terrestre sia un bel modo per mostrare come conoscenze scientifiche e matematiche, aspetti sociali, esigenze pratiche come quelle della navigazione, si intreccino nel tempo. Ma il Theorema Egregium, sul piano geometrico, costituisce onestamente un ulteriore gradino concettuale.

Di cosa parla, invece, il teorema di Gauss-Bonnet e perché, lei scrive, che può essere visto come la prima applicazione del  “Theorema egregium”?

Prima applicazione nelle presentazioni moderne, ma più correttamente un precursore, un indizio della esistenza di una funzione di curvatura invariante per isometrie, perché storicamente Gauss lo scoprì prima e ne fu motivato a cercare la dimostrazione del Theorema Egregium. Il Teorema di Gauss-Bonnet riguarda il modo in cui sono fatti i triangoli che possiamo tracciare su di una superficie. Un triangolo su una superficie è dato semplicemente da tre punti, collegati da tre archi di curva che non si intersecano fuori da questi punti e la cui parte interna è, in un certo senso riconducibile a un triangolo piano. Il Teorema di Gauss-Bonnet, nella sua formulazione più semplice, dice che se i lati del triangolo sono curve geodetiche, cioè curve di lunghezza minima tra due punti, allora la somma degli angoli interni del triangolo differisce da 180° di una quantità proporzionale all’area del triangolo, e questa costante è una sorta di media (l’integrale) della curvatura gaussiana. Quindi su superfici molto curve la somma degli angoli interni di in triangolo può variare molto da una parte all’altra della superficie e può differire in maniera significativa da 180°. Per il piano la curvatura è ovunque nulla e quindi si ritrova il teorema di geometria Euclidea che studiamo a scuola. Questo Teorema ha avuto una prima conseguenza concettualmente importante che è stata quella di mostrare la consistenza logica delle geometrie non euclidee, geometrie che non verificano il postulato delle parallele e che permettono triangoli con un deficit o un eccesso angolare. Le superfici a curvatura gaussiana costante non nulla ci permettono di dare modelli di “piano” non euclideo: la superficie della sfera e quella della ipersfera di Beltrami. Ha però anche una importanza non facile da spiegare ai non specialisti costituendo un modello di cosiddetto Teorema dell’Indice: è un tipo di teorema molto generale in Matematica e che, in contesti diversi, lega il numero di soluzioni di alcune equazioni differenziali a caratteristiche topologiche (misurate da numeri interi) di superfici a n-dimensioni. Essendo questo un argomento strettamente legato ad alcuni dei miei interessi di ricerca non riesco mai a trattenermi dal dirlo!

Di Gauss è noto il detto “pauca sed matura”. Questo atteggiamento molto prudente dello studioso nel pubblicare le sue scoperte in che modo ha influenzato la ricerca del matematico creandogli però anche dei problemi (anche ad altri matematici)?

János Bolyai (fonte wikipedia)

Certamente Gauss non sarebbe stato molto adatto ai nostri tempi; tempi in cui la comunicazione deve sempre essere veloce, ossessionata dalla priorità, alla ricerca delle mode e delle novità (sì, anche in ambito scientifico). Gauss riteneva che i suoi risultati andassero pubblicati solo quando erano veramente completi. E’ difficile dire se questo abbia rallentato la diffusione delle sue idee (che essendo, comunque, assai avanzate rispetto ai suoi colleghi avrebbero richiesto comunque tempo per affermarsi) oppure no. Certo è che nel caso delle Geometrie non Euclidee la paura di esporsi a reazioni polemiche e ostracismi lo portò ad autocensurarsi, e anche a suscitare reazioni stizzite in colleghi che non trovarono in lui l’appoggio che potevano aspettarsi. In tempi di social possiamo dire che Gauss evitasse accuratamente ogni discussione che potesse generare un flame polemico, scegliendo piuttosto il silenzio. Forse se avesse appoggiato con più decisione le ricerche di Bolyai e Lobachevskij le geometrie non euclidee si sarebbero affermate più velocemente, ma forse, invece, la società culturale dell’epoca non era pronta per tali novità e il suo ritroso defilarsi era ragionevole. Abbiamo innumerevoli prove di un carattere molto rigido e caratterizzato da un perfezionismo dalle caratteristiche quasi patologiche. Negli ultimi anni di vita l’asprezza dei suoi giudizi (e la tendenza a dare per scontati risultati che non aveva mai pubblicato ma di cui si attribuiva la paternità) gli procurarono un sostanziale isolamento. Ma vista la straordinarietà dei suoi risultati scientifici (il Teorema di cui parliamo è solo uno di tanti) inutile immaginare scenari alternativi. Uno dei più grandi matematici della Storia che ha scelto di pubblicare solo le cose di cui si sentiva assolutamente sicuro.

Quali sono state le difficoltà che ha incontrato nello scrivere questo libro? 

La principale difficoltà è stata scrivere la parte della dimostrazione. E’ noto che questa dimostrazione consiste in gran parte di calcoli non particolarmente illuminanti e dai quali il risultato emerge quasi come una sorpresa. Questi calcoli, però, richiedono un bagaglio tecnico notevole che non può essere richiesto ad un pubblico, seppure preparato. Trovare l’equilibrio tra completezza e chiarezza, tra ragionevole dettaglio e una certa dose di quel che gli americani chiamano “handwaving” non è stato semplice. In maniera simile, sul versante delle applicazioni, avrei potuto limitarmi ad applicazioni più semplici che si trovano spesso nei testi divulgativi in riferimento a questo Teorema. Mi son detto, però, che se volevo essere in qualche misura un valore aggiunto in questo libro dovevo cercare di indicare anche alcune applicazioni meno scontate, alcune idee leggermente più complesse, capaci di rendere conto dell’enorme influenza che il teorema ha avuto anche nella storia della Geometria del XX Secolo. Quando studiavo per laurearmi, al terzo anno, il professore di Istituzioni di Geometria Superiore ci portò in aula una copia del lavoro di Gauss, con il commento di Dombrowski, in occasione del 160° anniversario della pubblicazione. Lo celebrò come si celebra il compleanno di un amico stretto. Volevo cercare di rendere quello stesso entusiasmo che anima me e i miei colleghi quando riflettiamo sulle pesantissime conseguenze di quella pubblicazione.

Come è riuscito a mediare fra l’esigenza divulgativa e l’esigenza, a mio parere evidente nel testo, di dimostrare il teorema in modo formale senza lesinare nella presenza di formule?

Quando la redazione di Le Scienze mi ha chiarito che le formule non solo erano permesse ma addirittura incoraggiate ho tirato un bel sospiro di sollievo perché dimostrare il teorema senza formule sarebbe stato possibile solo al prezzo di truffare, in una certa misura, il lettore e spacciare per argomento rigoroso qualcosa che non lo era, un tipo di divulgazione che di solito cerco di evitare. Secondo me è importante che nel fare divulgazione non si usino quelli che uno scrittore che amo, David Foster Wallace, definiva i “trucchi da quattro soldi”, per non incrinare il rapporto di fiducia con il proprio interlocutore. Al tempo stesso mi era chiaro che tre pagine di formule, la dimostrazione standard, sarebbero equivalse a salutare il 90% dei possibili lettori per sempre. Ho cercato di mettermi nei panni di un curioso che avesse reminiscenze scolastiche del calcolo differenziale e che fosse disposto a fare 2-3 atti di fiducia, cercando al tempo stesso di rendere il significato geometrico e la necessità di quei calcoli. Solo chi legge può dire se la mediazione sia riuscita, se il mio aver descritto il calcolo nel caso in cui è leggermente più semplice, ha funzionato. Onestà intellettuale e tentativo di empatizzare con chi legge mi hanno guidato; ci ho provato.

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