Iniziamo con questa intervista una nuova rubrica che ha come obiettivo quello di far conoscere ai nostri lettori esempi di progetti divulgativi che troviamo al contempo interessanti e rigorosi.

Iniziamo questa intervista a Riccardo Giustozzi laureato in fisica e attualmente studente alla Magistrale in Physics all’Uiniverità degli Studi di Camerino. Da qualche anno è  avvicinato al mondo della divulgazione fondando la pagina social “Storie Scientifiche”. L’obiettivo è quello di raccontare, attraverso anche una ricostruzione storica, aneddoti, fatti e nozioni nell’ambito della fisica e della matematica.

Buona lettura


Quando è nata l’idea di Storie Scientifiche?

Il progetto è nato, dopo una lunga riflessione, una notte di agosto del 2019. In quel periodo l’università non stava andando benissimo e stavo gradualmente perdendo interesse per quello che stavo studiando, mentre cresceva sempre di più per la storia, passione che ho sempre avuto e coltivato. C’è una frase di Barbero che riporta in un intervento sul metodo di insegnamento e il rapporto che c’è tra la popolazione e la disciplina:

“Le persone mi dicono io faccio l’avvocato, io faccio il dentista, io faccio il fisico nucleare, ma la mia vera passione è la storia!”. Allora ho cercato di unire le due cose ed è nata Storie Scientifiche, che devo dire mi ha aiutato anche a rinnamorarmi della fisica.

Che obiettivi ha questo progetto divulgativo e come si realizza in concreto?

L’obiettivo principale è quello di far conoscere la fisica e la matematica attraverso i personaggi che le hanno caratterizzate. Ho scelto appositamente di limitarmi a queste due materie perché sono quelle che studio e che fanno parte del mio bagaglio di conoscenze. Per altre discipline (chimica, biologia, ingegneria, geologia et cetera) ci sono persone molto preparate che fanno divulgazione.

Il lavoro essenzialmente si divide in due macrocategorie: quando ci sono racconti brevi e quando ho la possibilità di scrivere articoli lunghi, dove per lunghi intendo pagine e pagine che non possono essere trascritte in un post sui social. Il racconto breve spesso e volentieri si incentra sugli aneddoti o sul racconto di un particolare tratto caratteriale del personaggio, ma possono essere argomenti più corposi. A mio parere l’aneddoto, che sia vero o che sfoci nel mito, oltre che ad essere divertente, aiuta anche a farsi un’idea della persona che c’è dietro lo scienziato.

Il racconto lungo invece è completamente diverso. Parto da un argomento o da un personaggio, muovendomi nella vasta e intricata mole di documenti che esistono (biografie, articoli scientifici, ricordi di altri scienziati) scelgo una via e la percorro. Mi piace molto poi la possibilità di inserire le note, che io trovo una inesauribile fonte di nuova conoscenza.

Quali sono gli argomenti che hanno avuto più successo?

Penso che gli argomenti più apprezzati siano le biografie. Sono piaciuti molto i racconti su Lev Landau, Enrico Fermi e in generale sulla fisica e matematica italiana.

Come ricerchi i nuovi temi che saranno affrontati?

Vengono fuori dalle letture che faccio. Leggo molto su questi argomenti e capita che leggendo una cosa ne venga fuori un’altra e poi un’altra ancora e così via a cascata. Poi, quando un tema mi sembra particolarmente interessante o divertente, lo condivido.

Richard Feynman (fonte wikipedia)

Richard Feynman (fonte wikipedia)

Nel condividere alcune storie è successo che l’interazione con gli utenti abbia portato ad approfondire o scoprire altri argomenti?

Sì, è capitato. Forse l’esempio più eclatante è quello dello scambio con il fisico brasiliano Ildeu Moreira che mi ha fatto conoscere il ruolo di Fermi e Feynman in Brasile. Ma ci sono molti altri lettori, specialisti e non, che mi segnalano cose che non conosco. Per fortuna non si smette mai di imparare!

Quali sono gli argomenti che vorresti trattare nel futuro?

Non ho argomenti specifici perché mi faccio un po’ trasportare dagli eventi. Sto iniziando a pensare di realizzare una serie di interviste, ma per ora è solo fantasia.

Qual è la tua formazione?

Io sono diplomato all’Istituto Tecnico. Quando scelsi la scuola l’idea di non proseguire gli studi era ben chiara nella mia mente. Poi in quarto è arrivato un professore di matematica, Stefano Leonesi, che era coinvolgente, estremamente preparato e in grado di farmi vedere la materia sotto un punto di vista differente. Non so se sia bello da dire, ma la scelta di fare fisica è stata completamente casuale, anche perché negli istituti tecnici si fa solo nel biennio (il motivo poi per me è ignoto e mi lascia un po’ perplesso).

Dopo molti anni, tra difficoltà iniziali, un terremoto che ha devastato il centro Italia e una pandemia, sono riuscito a laurearmi triennale e ora sto continuando con la magistrale.

Come nasce la tua passione per la divulgazione?

Nasce col tempo. Io ero completamente digiuno, e lo sono tutt’ora, dei modi di fare efficacemente divulgazione. A me piace molto raccontare e ho pensato che il modo migliore di veicolare un messaggio sia quello di creare un quadro storico intorno.

Un esempio è piuttosto recente. A lezione di fisica teorica stavamo studiando l’equazione di Dirac quando il professore ci ha informati che era stata proposta da Dmitri Ivanenko e Lev Landau un’altra teoria, formalmente equivalente, che faceva uso di uno strumento matematico differente (la Lagrangiana al posto dell’Hamiltoniana). Ciononostante, fu preferita la versione di Dirac, forse perché più sobria, elegante e semplice. Un altro famoso caso è la meccanica delle matrici di Heinseberg e la meccanica ondulatoria di Schrödinger, lo stesso formalmente equivalenti ma la seconda molto più semplice e meno macchinosa.

Carlo Bernardini (fonte: https://www.sif.it/ )

Hai degli esempi di divulgatori a cui ti sei ispirato?

Alessandro Barbero, Luisa Bonolis e il compianto Pietro Greco. Ma ci sono tantissimi divulgatori bravi e che seguo con estremo interesse: Luca Nardi, a cui va un grandissimo grazie perché è stato il primo a darmi uno spazio per scrivere sul sito di Cronache dal Silenzio, La Scienza Coatta, Dario Bressanini, Chi ha Paura del Buio?, Chimicazza, Quantum Girl, Luca Perri, Amedeo Balbi e molti altri ancora. C’è poi una bellissima frase di Carlo Bernardini:

“La divulgazione è comunque uno strumento contro gli sprechi culturali: chi non la apprezza a dovere o non la ritiene un’arte nobile (e difficile) va guardato con sospetto.”

Se dovessi suggerire ai nostri lettori alcuni libri di divulgazione, quali suggeriresti?

Ce ne sono tanti e sarebbe una lista molto lunga. Due dei miei preferiti, e che consiglio spesso e volentieri, sono il libro di Fabio Toscano “Il fisico che visse due volte I giorni straordinari di Lev Landau, genio sovietico” e quello di David N. Schwartz “Enrico Fermi. L’ultimo uomo che sapeva tutto”.

Cosa pensi dell’attuale panorama divulgativo? 

Penso che la divulgazione e i divulgatori abbiano un ruolo fondamentale nelle dinamiche che intercorrono tra conoscenza e grande pubblico, e che non si possa ignorare quella componente sociale (a volte piccola a volte grande) di responsabilità che c’è. Fortunatamente ci sono persone veramente molto preparate.

La scelta da te fatta di “non apparire” in prima persona, ma di dare visibilità alle storie è stata casuale o dietro c’è una scelta di fondo?

Sottolineando il fatto che sono le storie il centro del progetto, la scelta è dettata principalmente dal fatto che, per me, è molto più divertente e riflessivo scrivere piuttosto che usare altre vie comunicative ma che, comunque, non escludo a priori.

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